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Cultura

Il calendario 2020 dei Dìscjadìsce… in attesa di “Turi, ti parlo”

La prima pagina del Calendario 2020

Dialetto, saggezza contadina e frutti stagionali fino ad arrivare alla struggente poesia “Tenèmme”. Intanto Del Re lavora a “Turi, ti parlo” di cui anticipa qui il messaggio

«E chiàcchjere chiàcchjere, siamo giunti al terzo anno consecutivo con un nuovo calendario dei Dìscjadìsce. Molte erano le perplessità che ci accompagnarono la prima volta! Ma l’idea di fermare su carta le nostre commedie e portarle nelle case, prese il sopravvento. Fu così che costruimmo il nostro primo calendario 2018, a mo’ di pellicola cinematografica, recuperando foto e dialoghi scritti dei nostri lavori, rigorosamente nel nostro bel dialetto. Sulla scia dei complimenti di tante persone, abbiamo pensato di ripeterlo l’anno successivo, questa volta con un calendario a tema: “I Dìscjadìsce jìnde o paìse vècchje”, per apprezzare e far apprezzare ai tanti, le meravigliose bellezze del nostro centro storico. E della serie “mangènne vène l’appetìte”, abbiamo voluto riproporci e per il 2020 ecco un calendario ricco di frutti della nostra terra: “I Dìscjadìsce tra chiàcchiere e frùtte! Sperième ca pùre cùsse ve pjèsce!».

Queste le parole con cui Pasquale Del Re, presidente dell’associazione culturale “I Dìscjadìsce”, introduce il terzo calendario realizzato assieme alla sua fedele compagnia di attori amatoriali, che tante volte hanno fatto ridere e riflettere i cittadini turesi. Anche quest’anno i giorni della settimana sono indicati in dialetto sul calendario, come anche i vari mesi, accompagnati da una frase, sempre in vernacolo: e se è vero ad esempio che “nan ‘nge stònne vjicchje sènza delùre, giùvene sènza amòre e Màgge sènza fiùre”, allo stesso modo non si può negare che “sòtte o Sòle ad Agùste, prìme scùrce e pòje t’arrùste”.

E non è finita qui. Ogni pagina del calendario, infatti, porta con sé, come da tradizione dei Dìscjadìsce, l’allegria di una scenetta, a volte tratta da una commedia di Del Re, altre volte invece relativa al frutto principale del mese: corbezzoli, nespole, ciliegie, prugne, percoche, fichi d’India, mandorle, giuggiole, uva, olive e cotogne (anzi “cotogni”) a concludere la carrellata di frutti e prodotti che ci offre la nostra terra, sistematicamente raccontati di mese in mese sul calendario, accompagnati da qualche ricetta o da aneddoti ugualmente preziosi. Andare ad analizzare ogni dettaglio di questo calendario non è affatto semplice e forse rovinerebbe al lettore la sorpresa di ritrovarsi tra le mani quella che potremmo definire un’opera barocca, particolareggiata, in grado di racchiudere dialetto, saggezza contadina e tanta ironia che nell’incedere del tempo non guasta mai. Tempo che sa creare struggente malinconia, quando porta via con sé realtà, costumi, luoghi e volti che Del Re, con la delicatezza delle sue corde poetiche, ha voluto ricordare in “Tenèmme” (e nan tenìme chjùje): Stefano Colapinto, Patrizio Massaro, Patrizio Florio, Ninetta Giorgiolè, Colino Gazzilli, Franco Russo, Lilina Loisi, Lorenzo De Pascale, Vincenzo Venere, Giovanni Maiuro ed il rag. Tampoia a cui Del Re e i Dìscjadìsce rivolgono una dedica speciale conclusiva.

A proposito di questi nomi, ecco un pensiero personale del dott. Del Re che, per vicinanza temporale, si pone in continuità con quanto espresso la settimana scorsa da Paolo Borracci su queste colonne: «Il mio più grande desiderio è sapere che un giorno a queste persone sia dedicata una via. Loro hanno calpestato le nostre strade, loro sono turesi, persone umilissime. Sicuramente ci sono tante altre persone che non ho riportato nella mia lista e di questo mi dispiaccio. Penso anche a quel bambino che tanti anni fa scomparve nella “grave” a Largo Pozzi: a lui sarebbe da dedicare la nostra dolina. Tutto questo era nel mio progetto politico e l’avrei fatto qualora fossi stato eletto».

Provando un attimo a diradare l’atmosfera malinconica, chiediamo a Del Re quali sono i prossimi appuntamenti in cui saranno coinvolti i suoi attori: «Una decina di noi saranno al presepe vivente del 28-29 Dicembre. Intanto sto lavorando ad uno spettacolo “Turi, ti parlo”: ho intenzione di portarlo in piazza e dedicarlo ai turesi; per questo progetto ho recuperato un po’ di fatti storici, canzoni, poesie di autori turesi. In alcuni momenti sembra essere un vero e proprio musical. Non mancano inoltre alcune informazioni e storie tratte dai quaderni di Don Vito Ingellis». Senza anticipare nulla, chiediamo quale sia il messaggio di questo spettacolo. «Scrivendo “Turi, ti parlo” – risponde prontamente Del Re – ho avuto il desiderio di parlare ai turesi, di dare un senso alla storia del nostro paese, che non è di poco conto. Ho provato a valorizzare la nostra identità».

Impazienti, non ci resta dunque che attendere la prima di questo nuovo spettacolo di Del Re che si preannuncia eclettico nelle forme e ricco di spunti interessanti: intanto, per ingannare il tempo, possiamo sempre sfogliare il calendario 2020 dei Dìscjadìsce che di recente hanno festeggiato il settimo anno di attività nel nostro territorio.

LEONARDO FLORIO

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