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“Difendiamo l’antico Muraglione”

Lo stato attuale del 'Muraglione' (3)

L’appello di Stefano de Carolis a tutelare l’imponente muro a secco, che potrebbe risalire al primo insediamento peuceta a Turi

All’indomani della decisione dell’UNESCO di promuovere i muretti a secco come patrimonio dell’umanità, Stefano de Carolis ritorna sull’argomento. E lo fa sia da giornalista e appassionato di storia locale che in qualità di esperto della materia, in quanto già in servizio presso il Comando dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale.

Lo stato attuale del 'Muraglione' (2)

«Quello della tutela degli antichi muri a secco – commenta de Carolis – è un mio vecchio “cruccio”. Nel paese di Turi tra i numerosi muretti a secco esistenti per le strade di campagna, uno molto speciale da tutelare e valorizzare ne rimane “superstite”».

Il riferimento è all’antico “Muraglione”, un imponente muro a secco ubicato a ridosso dell’ex mulino Zaccheo, nei pressi della ferrovia, che, molto probabilmente, farebbe parte dell’antica cinta muraria risalente all’insediamento peuceta che si stabilì a Turi, a partire dal VI-IV secolo a.C.

Lo stato attuale del 'Muraglione' (1)

Fino agli anni ’90, il “Muraglione”, noto anche come “Parietone”, si estendeva da contrada La Quacquera sino a via Castellana. Poi la sciagurata e forsennata speculazione edilizia ha portato a cancellare buona parte delle tracce di quel manufatto: le preziose pietre, “che dovevano parlare”, sono state macinate e sotterrate per “far spazio” alle nuove costruzioni. Oggi ne resta appena un centinaio di metri, per giunta sommerso dalla vegetazione che lo rende irriconoscibile anche agli stessi addetti ai lavori.

Sulla vicenda Stefano de Carolis aveva già scritto nel 2009 una lettera-denuncia, indirizzata all’allora sindaco Vincenzo Gigantelli e al Responsabile dell’Ufficio Urbanistica, per attivare leproceduredi salvaguardia e tutela della porzione di muro scampato al “massacro” del cemento. Proprio partendo da quella denuncia, con l’aiuto di de Carolis ricostruiamo i fatti, con uno sguardo alle prospettive future.

 

In passato ha segnalato a Sindaco e Ufficio Tecnico l’esistenza del cosiddetto “Muraglione”. Perché era ed è importante tutelarlo?

«Si tratta di un antico e grande muro a secco fatto di blocchi calcarei, ubicato nei pressi del vecchio opificio denominato ex mulino Zaccheo, e presenta una larghezza di circa 6-7 metri. Proprio la grande dimensione del manufatto spinge a ritenere, con molta probabilità, che si tratti di una antica opera di fortificazione. Il muro, che purtroppo è stato quasi tutto distrutto dalla costruzione disordinata delle nuove abitazioni, potrebbe essersi innestato sui resti, sepolti, dell’antico muro di difesa che cingeva 1’acropoli della Turi “peuceta”.

Un’ipotesi molto plausibile che prende forza alla luce degli studi delle antiche mura di cinta di altri centri dell’antica Peucezia (si pensi agli esempi di Egnazia, Azezio, Monte Sannace). Inoltre, questa lettura è supportata anche dagli studi condotti in passato, dalle vecchie foto aeree e dai rinvenimenti – nell’area dentro e fuori il “Muraglione” (vedasi il ritrovamento archeologico fatto negli anni ’60 dal proprietario dell’ex molino) – di importanti tombe con corredi funerari risalenti alla popolazione peuceta stanziatasi nel territorio di Turi, nonché dalla presenza in superficie di numerosi “cocci”, e frammenti ceramici e d’argilla».

 

Come si potrebbe agire per valorizzare questo sito archeologico?

«Come emerge dal PUG (Piano Urbanistico Generale), il “Muraglione” sorge a ridosso della “zona 1” della “Carta Archeologica”, quella definita dalla Soprintendenza di “rilevante interesse archeologico”.

Il primo passaggio, dunque, è impegnarsi affinché vengano attivate fattivamente tutte quelle norme e leggi vigenti in materia di tutela e salvaguardia dei Beni Archeologici. A seguire, lavorando in sinergia con la Soprintendenza per i Beni Culturali e Paesaggistici della Puglia, si potrebbe sollecitare un sopralluogo da parte dei funzionari preposti, affinché venga recuperato e salvaguardato quel poco che rimane delle tracce dell’antico centro peuceta della nostra antichissima Turi. La tutela e salvaguardia è necessaria per rendere il sito fruibile a studiosi e non,e soprattutto per consegnarlo alle nostre future generazioni».

 

Recentemente i muretti a secco sono stati dichiarati patrimonio dell’umanità da parte dell’UNESCO. Potrebbe essere un ulteriore chance?

«Certamente sì! Finalmente, era ora! la notizia del riconoscimento è di notevole importanza.

L’UNESCO ha inserito i muretti a secco nella lista degli elementi immateriali, dichiarandoli patrimonio dell’umanità, in quanto rappresentano una relazione armoniosa fra l’uomo e la natura. I nostri lontani avi per rendere coltivabile un suolo reso ostile dall’abbondanza di pietre affioranti, hanno necessariamente spietrato i terreni e con esse costruito gli innumerevoli muretti a secco. Tali opere architettoniche sono il segno indelebile della loro attività millenaria.

Oggi, studiare questi importanti manufatti può contribuire a definire meglio gli aspetti del nostro territorio e della nostra cultura. L’UNESCO, grande organizzazione, istituita nel 1945, ha come scopo quello di promuovere la pace tra le nazioni, con l’istruzione, la scienza, la cultura, e la comunicazione. Inoltre ha come scopo quello di mantenere e salvaguardare tutti quei siti che rappresentano una particolare importanza da un punto di vista culturale e naturale, e non solo. I nostri muretti a secco, che vediamo correre lungo gli antichi tratturi, sono il frutto della fatica e del lavoro dei nostri nonni, e con gli ulivi secolari sono il cliché della Puglia».

 

Il Muraglione non è l’unica testimonianza che affiora dal passato. Negli anni ci sono stati vari ritrovamenti nell’antico insediamento peuceta.

«L’area archeologica del comune di Turi ha riservato nel passato, sin da tempi antichi, importanti scoperte archeologiche, non solo di sepolcreti ricchi di corredi funerari, ma anche resti di strutture architettoniche, muri, cisterne e abitazioni (via Castellana) riferibili ad un vasto e antico abitato di insediamento “peuceta”, che insisteva sotto l’attuale zona urbana di Turi e che aveva nella zona di via La Quacquera la parte centrale (l’acropoli). Nonostante la ricca documentazione attestante l’importanza archeologica del nostro territorio, da sempre l’annosa questione, è stata completamente ignorata dalle autorità locali, con conseguenze irreparabili sulla salvaguardia e la tutela del nostro patrimonio archeologico».

 

Cosa occorre fare per preservare i siti e i reperti archeologici di Turi?

«Quello che servirebbe, a mio modesto avviso, è una maggiore sensibilità da parte degli amministratori locali, e una attenta vigilanza della Polizia Locale e dei tecnici preposti durante le attività “di scavo edile” o “movimento terra” nelle zone di interesse archeologico, già indicate nel PUTT (Piano Urbanistico Territoriale Tematico).

Ad oggi, inoltre, non esiste nessuna pubblicazione di studio e catalogazione di tutte quelle scoperte archeologiche fatte a Turi, curata dai funzionari della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia. Mi preme ricordare che l’unica e sola pubblicazione sull’archeologia a Turi è quella che porta il titolo: “TURI – Dalle origini all’età Ellenistica”, edito da Schena edizioni. Un importante quanto illuminante lavoro di ricerca e studio pubblicato qualche decennio fa dall’archeologo turese Donato Labate.

È necessario impegnarsi concretamente nella pubblicazione di un lavoro di ricerca, a cura della Soprintendenza di Puglia, che passi in rassegna tutti i ritrovamenti archeologici e la storia dei corredi funerari scoperti nel nostro territorio, che oggi, ahimè, sono accatastati e abbandonati nei depositi della Soprintendenza. L’ulteriore lavoro di ricerca e catalogazione diverrebbe per il paese uno strumento di notevole importanza scientifica sia per gli studiosi-archeologi che per quelle persone ignare della materia. Per ultimo, sarebbe opportuno pensare ad un serio progetto di musealizzazione di questi nostri tesori abbandonati, che potrebbero divenire una “chances” per il nostro futuro e sviluppo».

Il 'Muraglione' in una ripresa aerea degli anni '60
Il ‘Muraglione’ in una ripresa aerea degli anni ’60

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