Archivio Turiweb

La Voce del Paese – un network di idee

Cronaca

Don Firmino ucciso a Bambari

Festa di Sant'Oronzo 2013


Ennesima vittima della guerra civile nella Repubblica Centrafricana.
I turesi lo avevano sostenuto nel progetto “Una scuola per Bambari”


Venerdì 29 giugno don Firmino Gbagoua è stato ucciso a Bambari, città della Repubblica Centrafricana vicina alla capitale Bangui, ennesima vittima degli scontri che dal 2013 insanguinano il territorio.

A confermare la triste notizia Uwolowulakana Ikavi, portavoce della missione “Minusca” promossa dalle Nazioni Unite a partire dal 2014 nel tentativo di stabilizzare il territorio e difendere i civili.

Non sono ancora note le dinamiche precise della tragedia, le poche notizie diffuse raccontano che il sacerdote si trovava nei pressi della cattedrale Saint Joseph quando è stato raggiunto all’addome da alcuni colpi di arma da fuoco. Inutile la corsa in ospedale, don Firmino è morto nella nottata a causa della gravità delle ferite.

“Alcuni membri dell’etnia Peul – aggiunge una fonte locale – hanno sparato al vicario generale dell’arcivescovo di Bambari che è morto all’ospedale durante la notte”.

 

Una scuola per Bambari

A Turi don Firmino era conosciuto per la sua collaborazione con “Umanità Solidale Glocal”. L’associazione, guidata da Antonio Coletta e Maria Pia Lenato, a partire dal 2008 iniziò una raccolta fondi per la costruzione di una scuola a Bambari. Una risposta concreta alle richieste di solidarietà che dal cuore dell’Africa giungevano a Turi attraverso le testimonianze di due sacerdoti della Repubblica Centrafricana: don Fèlicien e lo stesso don Firmino e don Félicien, che dopo la partenza di don Lino Fanelli, guidò per qualche mese la parrocchia di San Giovanni.

L’obiettivo fu raggiunto nel 2012, quando grazie alle donazioni dei turesi, furono recuperate due aule di una struttura sequestrata alla Diocesi di Bambari, restituita in cattive condizione. A seguire, sempre grazie alla solidarietà di Turi, si riuscì anche a realizzare una terza aula. L’obiettivo era e resta quello di garantire l’accesso all’istruzione e soprattutto la possibilità di imparare una professione in modo da non cadere nelle mani di chi, sfruttando ignoranza e povertà, vuole convincerli che l’unica via per sopravvivere sia impugnare un’arma.

 

Don Firmino

Il sorriso di don Firmino

Tanti i pensieri di commiato che si sono susseguiti sui social; in tutti ricorre indelebile il ricordo del sorriso e della disponibilità di don Firmino.

“Ci sono persone – scrive Arianna Rizzi, uno dei capi educatori degli Scout – che ricorderai per sempre: per un sorriso, una parola, per il coraggio di voler proteggere e lottare per un mondo fatto di amore, calore umano, pace… Stando al passo degli ultimi, dei più deboli. Ciao Don, guidaci nella preghiera e continua a proteggere don Fèlicien e quelle famiglie, ormai poche, che provano a scappare dal terrore e dall’avidità dell’uomo. Fraternamente”.

Giovanni Settanni, prendendo in prestito le preziose foto del prof. Giovanni Palmisano, ricorda che nell’ottobre 2010, don Firmino partecipò insieme a don Fèlicien al torneo di beneficienza organizzato dall’Inter club di Turi “Giacinto Facchetti” per l’acquisto di un defibrillatore, poi donato alle associazioni sportive di Turi.

In molti, infine, rammentano le manifestazioni “Popoli in Festa” e quelle dedicate alla “Giornata del Migrante”. Tutte iniziative in cui don Firmino e don Fèlicien, sempre a fianco dell’associazione “Umanità Solidale Glocal”, hanno continuato ad essere primo testimone della necessità di lavorare per costruire “l’amicizia tra le diverse, presupposto della pace e della fraternità”.

 

Bambari, terra di confine

“Purtroppo le violenze nella zona di Bambari sono riprese da metà maggio con più di 100 morti. Un altro parroco è stato ucciso per difendere quanti si erano rifugiati in chiesa. Don Félicien è scampato per miracolo ad un assalto. La sua parrocchia depredata di tutto e trasformata in presidio militare Seleka”. Questa la testimonianza che Maria Pia Lenato consegna su Facebook a commento della notizia che ha raggelato la comunità turese.

Bambari è una delle città che meglio rappresenta la definizione di “terra di confine”, con un fiume a fare da fangosa trincea della barbarie. Qui, a circa 400 kilometri dalla capitale Bangui, dove papa Francesco inaugurò il Giubileo della Misericordia, c’è un miscela confusa di combattenti. “Gli anti-Balaka – spiegano i referenti del Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati – sono posizionati sulla riva sinistra del fiume, gli ex-Seleka su quella destra. I due gruppi generano poi bande criminali che sfruttano il caos per arricchirsi con i saccheggi”.

Proviamo a fare una sintesi, sicuramente incompleta, delle ultime vicende del Centrafica. Nel dicembre 2012 gruppi di ribelli si uniscono in un’alleanza, chiamata “Seleka”, che punta a rovesciare il regime del presidente Francois Bozize. Ed è proprio Bambari una delle prime città ad essere conquistata dai ribelli che, in soli tre mesi, riescono nel marzo 2014 a destituire Bozize, favorendo con un colpo di stato l’ascesa al potere di Djotodia.

Da quel momento l’ondata di violenza prosegue senza soluzione di continuità. La formazione “Seleka” si scioglie, almeno ufficialmente, e si trasforma in un miscuglio eterogeneo di forze, spesso in lotta tra loro, cui si oppone la milizia “anti-Balaka”.

Secondo il report delle Nazioni Unite, quella che viene definita la “seconda guerra civile” della Repubblica Centrafricana ha dato origine ad una crisi umanitaria che ha coinvolto oltre 5 milioni di civili.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *