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Franco D’Addabbo alla conquista del bamboo

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Sei appena salpato per una nuova impresa agricola che vede la coltivazione del bamboo, molto inusuale per il meridione. A cosa serve il bamboo e che economia esiste o ne può nascere?

“Salpare, come dici tu, per una nuova impresa non significa fare un salto nel buio. A questo progetto, ideato e voluto fortemente dalla società Alma Bamboo, ci stiamo lavorando dalla fine del 2014. Attraverso approfondite indagini abbiamo scoperto le straordinarie proprietà di questa pianta che ci hanno portato letteralmente ad innamoracene.

Certo rappresenta una novità assoluta per l’agricoltura non solo del meridione, ma dell’intera nazione, perché a tutt’oggi solo poche centinaia di ettari sono coltivati a bamboo su tutto il territorio nazionale.
Il bamboo gigante (phyllostachys edulis), comunemente chiamato “moso”, ha centinaia di possibilità di impegno che vanno dal purquet alla oggettistica, dai mobili agli interni d’auto, dai telai di bicicletta ai tessuti, dalla cosmesi alla dietetica, ecc. Insomma il bamboo rappresenta una straordinaria opportunità di crescita economica, non solo per la sua coltivazione, ma anche e soprattutto per la filiera di trasformazione che ne consegue. Senza parlare del mercato del germoglio fresco, una prelibatezza gastronomica, che oggi è praticamente irreperibile: la si trova congelato o in salamoia a non meno di 10 €/kg”.

Pensi che possa essere un’ottima materia prima e che possa evitare il disboscamento, oppure non può arrivare al quantitativo di produzione del legno da albero?

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“Questo progetto nasce con un’idea ben precisa: coniugare l’aspetto etico (salvaguardia del territorio) con la possibilità di ottimi ritorni in termini economici. Quando parlo di aspetto etico mi riferisco proprio a questo: pensa che un ettaro di bambuseto adulto produce cinque volte la quantità di legname presente in un ettaro di foresta. Questa caratteristica fa del bamboo un’ottima soluzione per sopperire al disboscamento selvaggio a cui assistiamo giornalmente. Non solo. É capace di bonificare terreni inquinati da metalli pesanti (cadmio, zinco, piombo, rame) come ha dimostrato uno studio fatto da Tecnopolis unitamente alla facoltà di agraria dell’Università di Bari.

E ancora. Ha la eccezionale capacità di assorbire 17 tonnellate/ettari di CO2 dall’atmosfera all’anno, trasformandola in biomassa. Queste proprietà lo rendono assolutamente unico e fanno della sua coltivazione un elemento irrinunciabile di ecosostenibilità”.

L’inaugurazione del bambooseto che c’è stata sabato 13 Maggio ha visto la partecipazione dei tuoi soci, amici e istituzioni. Ce ne parli?

“C’è stata una presenza molto nutrita, perché la novità del bambuseto ha sollevato una forte curiosità. Il taglio del nastro inaugurale è stato fatto per mano del Sen. Michele Boccardi alla presenza delle autorità locali, soci provenienti da tutt’Italia e una moltitudine di persone incuriosite dall’evento. La presenza di Tele Norba ha poi dato un grande eco mediatico all’evento stesso”.

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I tuoi soci sono tutti meridionali o avete partner settentrionali e internazionali?

“Le aziende agricole Alma Bamboo hanno soci in tutt’Italia, ma la presenza del meridione all’interno delle società stesse non supera il 20%. Forse perché siamo un po’ più prudenti rispetto alle novità, ma sono convinto che in futuro questa prudenza sarà accantonata, perché il nostro obiettivo a breve è quello di potenziare fino a 50 ettari il polo di Brindisi, perché possa diventare, aldilà del cospicuo ritorno economico per tutti i soci, un centro di attrazione nazionale per tutte le attività collaterali che potranno sorgere”.

Quanti lavoratori sono impegnati in tutto il processo di lavorazione del bamboo e in che stagioni, insomma qual è il processo di lavorazione del bamboo, quanto lavoro richiede?

“Intanto, per poter trasformare il polo di Brindisi in un bambuseto compiuto, sono serviti quattro mesi di lavoro ininterrotto con la presenza di mezzi e manodopera. Il bambuseto sarà costantemente presenziato, e questo significa lavoro per qualche unità, perché nei primi due anni è fondamentale che venga rispettato il piano di coltivazione.

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Dal terzo anno si avrà bisogno di decine di unità lavorative, perché prevediamo due momenti distinti di raccolta: il germoglio fresco (marzo – aprile) per il consumo alimentare, il culmo (la canna) per settembre-ottobre, con le fasi intermedie della raccolta del fogliame per cosmesi e farmaceutica.

Pertanto direi che i processi di lavorazione sono così consistenti che riusciremo a garantire lavoro a decine di unità”.

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