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Moro e la politica

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Sabato 21 settembre, dopo il corteo e la deposizione della corona in Piazza Aldo Moro, alla presenza delle autorità convenute, si è tenuta in piazza Gonnelli la conferenza dal titolo “La visione politica di Aldo Moro”. L’evento è stato organizzato dal Centro Studi Aldo Moro, nella persona del presidente onorario Simeone Maggiolini e del presidente prof. Francesco Filomena. L’onorevole Pino Pisicchio, deputato della Repubblica, omaggiato dal presidente onorario del folder di Aldo Moro, ha fatto da moderatore, evidenziando che la Costituzione trova il suo più attento costruttore nel grande statista che con la sua vita ha illustrato la nobiltà della politica che oggi, purtroppo, abbiamo perso. Il dott. Vito Nicola De Grisantis ritiene che Aldo Moro abbia agito da uomo che ha interpretato i bisogni della gente e che nella nostra contemporaneità ci sia una grande assenza, riscontrabile nella mancata attuazione di questo pensiero. L’uomo politico deve conoscere e interpretare la società. I bisogni cambiano, per cui bisogna avere un rapporto diretto con la gente ed, oggi, questo non c’è. La politica deve essere autonoma, deve essere capace di sintesi ampia. Deve avere una visione inclusiva, la stessa che ci ha insegnato Moro. Nessuno deve essere escluso: tutti sono meritevoli di rispetto. L’attenzione verso queste istanze è la sintesi inclusiva.
“Moro aveva fiducia nella società. Mettere insieme posizioni diverse è difficile e quindi, ciò richiedeva negoziazione, mediazione, studio, riflessione, sacrificio, conoscenza e i tempi si allungano quando bisogna cercare mediazione.”
Quest’uomo aveva una chiara visione dei suoi tempi, gli anni ’50-’60-’70. La nuova classe dirigente non ascolta i bisogni della gente. Oggi, c’è un conflitto acceso, indisponibilità pregiudiziale. “Oggi, i bisogni dei cittadini sono uno degli ultimi pensieri. I giovani di Moro, portavano cambiamento. Oggi, non vengono considerati. Se Moro vivesse sarebbe stato isolato. Quanti lo avrebbero ascoltato? Nessuno. La nostra società ha bisogno di una politica così, che interpreti, inclusiva.” La figlia di Moro, la dott.ssa Agnese Moro ha condiviso con gli astanti tre sentimenti. Il primo sentimento è stato il rimpianto per aver perso tanti anni di vita con il padre, essendo egli stato ucciso a 61 anni; il secondo è stato la profonda gratitudine
verso Maggiolini, emblema dell’amicizia che vive anche dopo la morte ed, infine, il terzo, l’incertezza che ci sarà sempre il ricordo e la memoria di Moro, data l’assenza in Italia di una politica della memoria. La politica come cura del mondo mette in rilievo, l’aver cura delle persone.
La politica deve essere uno strumento forte, capace di curare le malattie che sono la corruzione e la violenza.
Poi, ha aggiunto che la corruzione come deperimento della coscienza, demotiva le persone che vogliono far bene. “Siamo in un paese violento. Siamo abituati alle pene severe, alla prigione. Sarebbe bello prevenire con la politica. Da cittadina italiana penso che avrebbe ancora potuto guidare l’Italia e non ci sarebbe la tristezza di oggi. Mio padre viveva la politica come sforzo per curare il mondo. Aveva tre grandi virtù che fanno la politica ‘bella’: l’umiltà che comporta tanto lavoro, l’intelligenza che ti aiuta a valorizzare gli altri e la dedizione che lo portava a mettere prima della famiglia, il destino del paese.”
La senatrice Angela d’Onghia ha aggiunto che Moro non si dimenticherà mai perché i ragazzi sanno. “Mia figlia ne è un esempio. è vero. La politica dovrebbe curare. Se Moro fosse vissuto almeno altri 20 anni non ci sarebbe l’aridità degli italiani che abbiamo oggi. Moro aveva avviato l’educazione civica. Bisogna zappare tutti nella stessa direzione sull’esempio di quest’uomo.” Seguita dall’intervento conclusivo del sindaco Onofrio Resta che ha ricordato che c’è la causa di beatificazione di Aldo Moro. “Moro era spesso a Turi. E’ finita la stagione dei diritti ma deve iniziare quella dei doveri. Aveva una grande intuizione. Sapeva prevenire gli eventi. Moro era leader non perché comprava i voti o aveva delle tv ma perché era naturalmente un leader. Era un uomo del fare. Intuiva quello che oggi è l’Italia. Abituiamoci ad avere il senso del dovere. Bisogna ricominciare. Ci vuole una mediazione alta basata sulla tolleranza e sul rispetto dell’interlocutore.”
Al dibattito era presente anche il consigliere Antonio Tateo, delegato alla cultura.
In conclusione, sono state consegnate quattro pergamene a quattro persone illustri di Turi: il dott. Vito Valentini, la dott.ssa Vita Grazia Susca, il dott. Vitantonio Dell’aera, lo scultore Stefano Rossi e la dott.ssa Annalisa Rossi.

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