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FRANCO VARINI INCONTRA I RAGAZZI DELL’I.T.C.

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“Se il mondo potesse essere convinto che Auschwitz non è esistito, costruire un secondo Auschwitz sarebbe più facile e nulla assicura che divorerebbe solo ebrei ”. Questa frase di Primo Levi ha funto da colonna portante per l’organizzazione del “Giorno della memoria” tenutasi presso l’ITES “S. Pertini” di Turi.

È ormai una tradizione per l’Istituto Scolastico ospitare di anno in anno coloro i quali hanno vissuto in prima persona i tragici risvolti della storia; quest’anno è stata richiesta la presenza di un italiano, Franco Varini, il quale ha raccontato ai giovani studenti la sua esperienza come ex partigiano della V Brigata Bonvicini di Bologna, deportato nei lager di Flossemburg e Dachau.

La manifestazione ha avuto luogo nella sala teatro dell’istituto intorno alle ore 10:30. Vi hanno preso parte l’ass. provinciale Onofrio Resta, l’ass. provinciale Lavoro e alla formazione Professionale Rina Maria, l’arciprete della Chiesa Madre Don Giovanni Amodio, le ass. militari, le ass. dei combattenti e le ass. umanitarie.

Il dirigente Erminio De Leonardis, Preside dell’istituto, ha dato il suo saluto di benvenuto ringraziando vivamente tutti i professori che si sono impegnati per la realizzazione dell’evento, tra cui il prof. Osvaldo Buonaccino d’Addiego, Aurelia Palmisano, Maria Compagnone, Beatrice Bolognini, elogiando anche l’operato di tutti i collaboratori tecnici che “instancabili e insuperabili lavorano per la realizzazione di questi eventi”.

Il Preside inoltre, dopo aver fatto un breve excursus sull’importanza e sul ruolo della parola “libertà” nel corso della storia, ha evidenziato come, la ripetizione di manifestazioni di questo genere nel corso degli anni assolve la funzione di far acquisire ai ragazzi maggiore consapevolezza di quello che siamo, poiché “la conoscenza rende l’uomo libero”.

Ha continuato il prof. Osvaldo Buonaccino, il quale ha focalizzato l’attenzione sulla storia e su come sia stato difficile, per chi ha vissuto il genocidio, raccontare la propria esperienza senza il timore di non essere creduti. In quanto curatore principale della manifestazione, e docente di storia dell’istituto, ha  affermato di impegnarsi in eventi del genere poiché spera che “esperienze di questo spessore incidano un po’ di saggezza nei ragazzi”.

Al  termine dei vari interventi  è stato presentato “L’alfabeto degli orrori”: ad ogni lettera del nostro alfabeto sono corrisposti video, frasi, lettere, racconti con contenuto “provocatorio” presentati alternativamente da professori e studenti.

Nei campi, i prigionieri si trovavano  in condizioni di vita proibitive, costretti a vivere in baracche, sottoposti a una sofferenza e ad un dolore che innumerevoli volte li ha indotti a chiedersi  “Dov’è Dio?” così come è stato ricordato dalla testimonianza di Elie Wiesel.

Gli ebrei hanno dovuto sopportare il freddo, la fame e il fumo. Hanno portato la stessa divisa, il famoso pigiama a righe, durante tutto l’anno in qualsiasi condizione atmosferica. Le loro condizioni fisiche erano precarie a causa della scarsa e povera alimentazione. Nel migliore dei casi l’apporto calorico non superava le 1.300 kcal: la fame diventava un incubo e un’ossessione. Il fumo, la densa nuvola di fumo che porta via con sé gli uomini, l’aria che diventa pesante, quasi irrespirabile. Sensazioni ben lungi dalla nostra realtà. Nello sterminio ha assolto un ruolo fondamentale il dottor Mengele, comunemente chiamato il  “dottore della morte” che ad Auschwitz aveva stabilito un vero e proprio centro di studi eseguendo ogni sorta di sperimentazione portando alla morte di più di 3000 persone, per lo più donne e bambini. L’arma per eliminare il numero maggiore di persone nel minor tempo possibile fu il veleno: Zyklon B, acido cianidrico, pesticida utilizzato come agente tossico nelle camere a gas dei campi di concentramento ove “gli urli diventavano rantoli di morte”.

Al termine della presentazione dell’alfabeto, ha preso la parola l’assessore provinciale al Lavoro e formazione Professionale, dott.ssa Rina Maria, che ha sottolineato il ruolo che eventi del genere hanno nella formazione dei giovani “sono un valido aiuto per inserirsi nella società nel miglior modo possibile. È importante trasmettere ai ragazzi l’importanza di alcuni valori che oggi, purtroppo, sono dimenticati”.

L’assessore provinciale ha poi ceduto la parola a Franco Varini il quale ha raccontato di essere stato prigioniero sia nei Lager nazisti in Italia, a Fossoli e a Bolzano, che
nei Lager nazisti d’oltralpe, in Germania, a Flossenbürg, ad Augsburg, e a Kottern (sottocampi di Dachau).

“Non ero un eroe. Ero solo un ragazzo di 17 anni e mezzo con una paura folle di morire” dice Varini raccontando la sua storia senza omettere nulla, evidenziando tutti gli aspetti della sua prigionia. Un uomo segnato dal dolore, ma dal quale ha saputo trarne insegnamento. Con la sua testimonianza vuole permettere a tutti di venire a conoscenza di fatti che per molto tempo sono stati nascosti. “È importante conoscere per non dimenticare, per non commettere gli stessi errori del passato”.

La manifestazione si è conclusa intorno alle ore 13:00 con i saluti di Varini e del preside De Leonardis.

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