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Politica

FUORI I CONDANNATI DAL COMUNE

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Riceviamo e Pubblichiamo.


Stando ad una stima parziale ed in continuo aggiornamento, circa un centinaio tra indagati, condannati e prescritti siedono al parlamento nazionale (su di un totale di 945 seggi, indubbiamente un’ottima media!). Tale situazione viene vissuta come un qualcosa di ordinario, basti pensare che molti di questi “signori” occupano comodamente le poltrone dei palazzi del potere da svariate legislature, ci rappresentano e votano leggi che ricadono  sulla nostra sfera privata, il tutto peraltro dietro nostra lauta retribuzione. Lo svilimento morale delle istituzioni si accresce, inoltre, al raffronto con ciò che accade all’estero: se in Svezia due ministri si dimettono rispettivamente per aver retribuito in nero la babysitter e per non aver pagato il canone tv, in Italia ladri, evasori, mafiosi, corruttori e corrotti godono dell’importantissima prerogativa di prendere per noi decisioni.

Ebbene, per non essere da meno rispetto alla porcheria nazionale, anche il nostro Consiglio comunale, dallo scorso 14 ottobre, annovera tra i suoi componenti un condannato in sede penale nell’ambito della vicenda denominata “Farmatruffa”; ciononostante, tale consigliere continua imperterrito a svolgere la sua funzione, nel silenzio sconcertante dell’intero Consiglio comunale, opposizione compresa, così come alcuna rimostranza è stata sollevata dai cittadini.

Com’è possibile che la vicenda non scuota gli animi dei cittadini turesi? A che livello di imbarbarimento civile devono giungere le nostre istituzioni affinché si arrivi finalmente a chiedere un minimo di pulizia? Dal punto di vista strettamente giuridico, il consigliere comunale in questione non è tenuto a rassegnare le dimissioni, ma alcune domande sorgono spontanee: è politicamente opportuno che un condannato in primo grado sieda in Consiglio Comunale? È, un tale soggetto, in grado di fornire garanzie circa la correttezza e la limpidezza nello svolgimento della sua funzione, stante la condanna pendente? Come conservare una fiducia incondizionata nei confronti di una persona incaricata di prendere decisioni intorno al bene pubblico, gravemente sospettata di aver commesso un reato e per lo stesso già condannata in primo grado? Infine, e soprattutto, rappresenta degnamente la nostra comunità?

Per queste considerazioni, il circolo “Gramsci” (espressione di SEL e Federazione della Sinistra) ritiene necessario porre un freno a candidature sospette o chiaramente viziate da condanne, così come ritiene istituzionalmente corretto rassegnare le dimissioni una volta che la sentenza di condanna sia stata emessa.

Così da poter smentire ciò che un noto giornalista ebbe a dire: “In Italia, se vuoi fare politica, devi essere ricattabile, perché nell’ambiente politico devono sapere qual’è il tuo prezzo e quanto è lungo il tuo guinzaglio. Se non sei ricattabile, non sei controllabile. E, quindi, non ti ci vogliono”.

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