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Cancro orale: lo studio di Antonio D’Addabbo, turese da 110 e lode

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In Italia non c’era posto per lui; si è spostato prima in Albania ed infine a Parma, passando per il Brasile: oggi è laureato in Odontoiatria con una tesi che guarda al futuro

Un anno fa, inauguravamo sulle colonne de “La voce del paese” la rubrica dedicata alle tesi di laurea, alle ricerche e ai papers scientifici inerenti alla nostra città e/o realizzati da dottori e ricercatori turesi di qualsiasi facoltà ed ambito. Nell’arco di tutto questo tempo, ci siamo occupati di pedagogia, storia, comunicazione, sport, fisica, medicina, ingegneria, turismo, telecomunicazioni, sociologia urbana, fashion design, informatica, scienze naturali ed architettura grazie alle tesi di Angela Minoia, Alessandra Alfonso, Arianna Rizzi, Daniele Lerede, Silvia De Tomaso, Giuseppe Sabino, Davide De Tomaso, Christian Roccotelli, Giulia Palmisano, Luisa D’Alessandro, Valentina Arrè, Giuseppe Spinelli, Piergiorgia De Marco, Davide Sabino, Andrea Alessandrelli, Assunta Coppi ed Emma Sabatelli; tutti questi articoli sono sempre disponibili gratuitamente sul sito www.turiweb.it.

ANTONIO D’ADDABBO, UN TURESE DA 110 E LODE

Quest’oggi vogliamo occuparci del neodottore Antonio D’Addabbo, turese classe ’94, il quale martedì 27 ottobre ha coronato i suoi studi in Odontoiatria e Protesi Dentaria presso l’Università degli Studi di Parma con un eloquente 110 e lode ed una tesi così intitolata: “Analisi descrittiva degli aspetti generali del carcinoma squamocellulare del cavo orale (OSCC) e revisione narrativa delle principali metodiche diagnostiche minimamente invasive con valutazione di sensibilità e specificità”. Al di là dei tecnicismi presenti nel titolo, non immediatamente comprensibili dai non addetti ai lavori e – perciò – di seguito approfonditi, possiamo subito circoscrivere il tema, la materia d’indagine presa in esame ed approfondita dal giovane dottore turese: il cancro orale.

CANCRO ORALE A CELLULE SQUAMOSE: UNA SFIDA DIAGNOSTICA

“Gli ultimi vent’anni del nuovo millennio – spiega – hanno dato lustro ad importantissime scoperte nel mondo scientifico, ed in particolare, nel campo medico, sempre più coinvolto dagli avanzamenti tecnologici dell’ingegneria biomedica, dell’ingegneria genetica e dei materiali. Il lavoro che ho deciso di svolgere, consiste in un’analisi descrittiva degli aspetti generali dell’OSSC, ovvero il Carcinoma Squamocellulare del Cavo Orale (epidemiologia, fattori di rischio, tecnica diagnostica Gold Standard) fondamentali per comprendere gli obiettivi della revisione narrativa della letteratura scientifica recente (quinquennio 2015-2020), riguardo le tecniche di diagnosi precoce e minimamente invasive. Questa neoplasia rappresenta una vera sfida, considerando che da diversi decenni, nonostante la fiorente attività scientifica appena citata, gli aspetti prognostici legati a questo male non sono migliorati”.

I CASI IN ITALIA ED I FATTORI DI RISCHIO

“Nel mondo, ogni anno, si contano circa 300.000 diagnosi di cancro orale; in Italia, circa 5.064 uomini e 1.332 donne ricevono ogni anno diagnosi di cancro orale. I tassi di sopravvivenza a 5 anni si attestano mediamente al 50% da circa 50 anni. Responsabile di questa elevata mortalità (1 paziente su 2 con diagnosi di certezza muore a 5 anni) è la diagnosi tardiva, pur considerando lo sviluppo della neoplasia all’interno di un sito di facile accesso ed ispezione”.

Quali sono i principali fattori di rischio che influiscono nell’insorgenza di questo cancro?

“Senza dubbio il fumo di sigaretta: chi fuma meno di 20 sigarette al giorno aumenta dalle 5 alle 9 volte la probabilità di sviluppare un OSCC; di 10 volte se si supera la soglia delle 20 sigarette; di 18 oltre le 80 sigarette. Significativa anche l’influenza dell’alcool, a maggior ragione considerando i 3 milioni di bevitori a rischio e tenendo presente che il primo bicchiere di superalcolico viene bevuto in Italia a 11-12 anni (età più bassa rispetto alla media UE è di 14-15 anni). La loro associazione, nei pazienti inclusi negli studi, spesso non consente una valutazione indipendente del rischio correlato, ma sottolinea il grave effetto sinergico nell’aumento del rischio”.

IL GOLD STANDARD DIAGNOSTICO ATTUALE

“Attualmente il Gold Standard diagnostico consiste nell’ispezione e palpazione della lesione, valutazione linfonodale, biopsia incisionale/escissionale. Nonostante l’introduzione del laser in chirurgia, si tratta comunque di una procedura invasiva (non idonea alla diagnosi precoce ed allo screening) e spesso il prelievo bioptico incisionale non è rappresentativo della lesione in toto; inoltre, all’interno di questo protocollo diagnostico, subentra spesso l’interpretazione anatomopatologo-dipendente che spesso induce discordanza inter- operatore. Per ovviare a queste criticità e convalidare tecniche di screening e diagnosi precoce, ho analizzato i parametri statistici di sensibilità e specificità di diverse tecniche; dove per sensibilità si intende la probabilità che un soggetto malato risulti positivo al test (vero positivo), e per specificità la probabilità che un soggetto sano, risulti negativo al test (vero negativo)”.

PROSPETTIVE FUTURE

“La citologia esfoliativa, la valutazione delle cellule mediante spazzolamento della lesione e lo studio dei biomarkers salivari (proteine, miRNA, interleuchine ecc.) rappresentano il futuro prossimo della diagnosi precoce e non invasiva. Queste tecniche saranno in grado di anticipare di molto tempo alterazioni cromosomiche e metabolomiche tipiche di una mucosa predisposta all’insorgenza del cancro ma che, inizialmente, non presenta segni clinicamente evidenti; attualmente, però, non trovano applicazione immediata nella pratica clinica dei centri di riferimento per la patologia orale. Ben più diffusi invece sono strumenti che sfruttano i “coloranti vitali” come il Blu di Toluidina, la “chemiluminescenza” e l’autofluorescenza tissutale. I valori di Sensibilità e Specificità di questi strumenti, proposti come ausilio diagnostico, sono tuttavia ampiamente sotto il 90% e di conseguenza, si indica un loro utilizzo più come ausilio nelle manovre cliniche piuttosto che come ausilio nella diagnosi”.

IL CONTROLLO COSTANTE, UN’ARMA IN PIU’ PER LA SALUTE

Quali sono le conclusioni della tesi?

“Innanzitutto che nessuna delle tecniche analizzate può sostituire l’attuale Gold Standard diagnostico, di cui gli operatori hanno più esperienza e supporto dalla letteratura scientifica. Tra le tecniche disponibili, l’autofluorescenza tissutale ad esempio, nelle mani del clinico esperto, è in grado di evidenziare i reali margini di estensione della neoplasia, oltre il perimetro clinicamente visibile e condurre una biopsia incisionale, escissionale o mapping, autofluorescenza-guidata, in modo da aumentare la predicibilità dell’indagine istopatologica. Nessuna di quest’ultime rileva lesioni che non siano già rilevabili clinicamente, impedendone un utilizzo come test di screening della popolazione generale”.

Com’è possibile ridurre il numero di casi OSCC?

“Naturalmente attraverso le campagne di sensibilizzazione ai diversi fattori di rischio ed una costante visita di controllo ogni 6 mesi per il soggetto sano senza fattori di rischio ed ogni 3 mesi per il soggetto a rischio. L’attenzione del medico odontoiatra deve pertanto essere rivolta tanto alla cura degli elementi dentali, per antonomasia a lui attribuita, quanto alla cura delle mucose e di tutti gli altri organi che costituiscono il distretto testa-collo. Egli è coinvolto nella prima linea di difesa contro questa patologia ed è a questa figura, insieme all’otorinolaringoiatra, che il paziente deve rivolgersi in caso di perplessità”.

IL TEST FALLITO, L’ALBANIA, IL BRASILE E PARMA

Ancor più affascinanti, se vogliamo, le esperienze all’estero maturate dal nostro intervistato durante il suo percorso di studi: “Oserei definire “multiculturale” il mio percorso, dal momento che ho avuto il privilegio di potermi confrontare con colleghi albanesi, brasiliani ed ovviamente italiani. Al di là delle riflessioni sviluppabili sui concetti di meritorcrazia e diritto allo studio associati al test d’ingresso della facoltà di Medicina, personalmente, dopo averlo tentato e fallito, ho dovuto cercare un piano B. La mia attenzione è ricaduta sull’Università Cattolica Nostra Signora del Buon Consiglio di Tirana, in Albania, se non altro perché il test d’ingresso era molto simile a quello italiano per il quale, come dicevo, mi ero inizialmente preparato. Superato quest’ostacolo, ho avuto la possibilità di seguire un piano di studi di altissimo livello, equipollente a quello italiano, organizzato e portato avanti da un’equipe di professori ordinari ed associati provenienti dall’università pubblica di Roma “Tor Vergata”. I due anni trascorsi nella frizzante capitale albanese mi hanno insegnato che il pregiudizio è una piaga silenziosa che si può combattere solo con l’onestà intellettuale. Il secondo anno partecipo ad un bando di trasferimento italiano che consente la mobilità per i diversi studenti fuorisede. Vinco un posto, al terzo anno, presso l’Università degli studi di Parma, un ateneo antichissimo, incastonato in una bellissima città universitaria. Ho avuto l’onore di avere insegnanti estremamente competenti e di rilievo internazionale. I primi 4 mesi dell’ultimo anno di corso, insieme ad altri 3 colleghi, vinco una borsa di studio per il programma “Overworld Brasile”. Un percorso ben strutturato che consente, in virtù delle condizioni socio-economiche del Paese sudamericano, l’incontro tra la necessità dello studente di mettere in pratica le conoscenze apprese sui libri e quella del malato di accedere ad un livello base di cure odontoiatriche”.

LA SEDUTA DI LAUREA IN MODALITÀ ANTI-COVID

“Come si suol dire, “dopo tutto questo giro”, mi sono ritrovato ad essere proclamato dottore standomene a casa, circondato dall’affetto della mia famiglia. Sarebbe stato bellissimo invitare tutti gli amici a Parma e partecipare alla classica cerimonia in pompa magna. Ma non è stato possibile. Nessuna festa privata, nessuna cena con gli amici. Seppur festeggiare sembrerebbe quasi un diritto, soprattutto nel caso di un lungo percorso di studi, evidentemente non lo è, rispetto al diritto alla salute che invece dobbiamo rispettare e difendere mediante i nostri piccoli quotidiani sacrifici”.

PROGETTI PER IL FUTURO

“Non essendo figlio d’arte, come spesso accade in questo mestiere, non mancheranno di certo le difficoltà nell’introdurmi nel mercato del lavoro, aggravate dall’emergenza sanitaria in corso. Sono tuttavia molto fiducioso del mio bagaglio culturale che spero di poter presto dimostrare ai miei futuri pazienti”. E pensate – come lo stesso dott. D’Addabbo affermava poc’anzi – che per l’Università italiana il nostro turese da 110 e lode non era idoneo ad iscriversi alla Facoltà di Medicina. A lui vanno le nostre congratulazioni, soprattutto, per questa grande rivincita.

LEONARDO FLORIO

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