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Da Turi a Roma per fermare la politica di Renzi

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Nella giornata del 25 ottobre scorso, in tutti i telegiornali nazionali e locali, sono rimbalzate le immagini della grande manifestazione “rossa” che si è tenuta a Roma. Tutti a fianco della Cgil, “per costruire l’opposizione politica e sociale alle politiche del governo Renzi e dell’Unione Europea” – è stato appunto raccontato.

Da Turi in tanti si sono armati di striscioni e bandiere e a suon di propositi e speranze, hanno marciato lungo le vie della nostra capitale. Ne abbiamo parlato con una partecipante, nostra concittadina: la giovane Mary Moschetti, coordinatrice dei Giovani Comunisti.

Turi a Roma: cosa ha caratterizzato maggiormente questa manifestazione?

“È stato un momento importante. A Roma c’era quell’Italia di lavoratori, studenti, cittadini che non si fa incantare da un venditore di chiacchiere come Renzi. C’era la protesta verso l’abolizione dei diritti fondamentali, ma pure la proposta di un’economia più solidale, dove i diritti non vengono aboliti, ma difesi, dove semmai si eliminano i privilegi. Nella favola di Renzi, invece, si raccontano cose vere solo per la televisione. Dice di aver abolito le province e non é vero, si getta acqua gelata addosso per farsi bello agli occhi dell’opinione pubblica e poi taglia 100 milioni di euro all’assistenza dei non autosufficienti. A Roma c’era l’Italia che la tv nasconde sistematicamente. Quella che non rappresenta gli interessi forti,ma i bisogni di tutti, specie dei più deboli”.

Quali i sentimenti e le voci che hanno mosso voi e i partecipanti?

“La decisione di scendere per le strade, in così tanti, è legata alla voglia-necessità di cambiare il sistema vigente: siamo sempre più precari e conduciamo costantemente la nostra vita sul filo di un rasoio; questa situazione annienta le nostre speranze, generando uno stato d’immobilità che ci aliena e che ci costringe ad accettare qualsiasi tipo di compromesso pur di sopravvivere e di non pesare sulle spalle dei nostri genitori. I maligni che non hanno gradito la manifestazione l’hanno descritta come composta dai soli pensionati. Niente di più falso: c’erano lavoratori, precari, disoccupati e tanti studenti. Ciò che preoccupa è, difatti, non il solo Jobs Act, ma anche la nuova riforma scolastica Giannini, che prevede, tra le altre cose, per gli istituti superiori professionali un aumento delle ore di stage fino a duecento, senza alcun tipo di retribuzione, rimborso spese e tutela. Questa è una delle soluzioni fornite dal Ministro per far ripartire le aziende; per me, al contrario, tale misura ha una sola definizione: schiavitù legalizzata”.

 Cosa portate a casa, dopo questo importante incontro nazionale?

“Portiamo a casa la responsabilità di creare un unico soggetto politicamente competitivo e assolutamente credibile, che si posizioni chiaramente a sinistra, ben lontano da governi di larghe intese e da soggettività ibride. Poiché le attuali politiche poste in essere dall’esecutivo di Renzi non sono assolutamente diverse da quelle di Berlusconi e Monti ed il demerito di tale cambio di verso è da addebitarsi esclusivamente al PD, è necessario lavorare affinché tutti i vari partiti ed entità presenti in piazza si riuniscano sotto un’unica realtà. Per dirla in breve, riteniamo necessaria la ricostituzione di un PCI degno di questo nome”.

Quali le speranze per la “giovane” nazione!?

“Le speranze sono tutte racchiuse nella necessità di preservare e ripristinare (a seconda dei casi) diritti ottenuti grazie alla pressante lotta di chi ci ha preceduti e di valorizzare la cultura e lo spirito critico, sempre più sconosciuti o repressi all’interno delle scuole (visti i sistematici tagli che la pubblica istruzione subisce). In via più generale, auspichiamo che l’ormai estinta “coerenza in politica” torni al più presto e continueremo a lottare affinché la gente voti con consapevolezza, rendendosi conto di avere un’arma importante tra le mani, che non può essere né svenduta né utilizzata in modo superficiale (come spesso accade)”.

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