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Politica

Rifondazione contro la chiusura dei tribunali

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E’ noto che l’utilizzo di espressioni in lingua inglese, soprattutto nell’ambito della politica italiana, cela molto spesso mistificazioni; e così, da qualche anno a questa parte, una delle formule più usate – quasi inflazionate – a giustificazione dei vari provvedimenti adottati risulta la sacrale “spending review”, che letteralmente significherebbe “revisione della spesa pubblica”, ma che, nella sostanza, va tradotta come “taglio di diritti dei cittadini”.

E pensare che l’intitolazione dei vari provvedimenti indica che tale riduzione dovrebbe avvenire “a servizi invariati”; la realtà pratica dimostra soluzioni totalmente differenti, con risparmi generati da tagli lineari che colpiscono i servizi pubblici essenziali, come scuole ed ospedali, gravando in particolare sui cittadini che non possono permettersi le analoghe prestazioni privatamente (senza contare che i privati continuano inspiegabilmente a ricevere finanziamenti pubblici).

E così, la scure della “revisione della spesa pubblica”, dallo scorso 13 settembre, ha colpito pesantemente anche la complessa macchina della giustizia, già abbondantemente gravata da fondate accuse di gravi inefficienze e ritardi. Circa mille sedi giudiziarie (tra tribunali, sedi distaccate ed uffici del giudice di pace) sono state serrate, con il dichiarato scopo di garantire economicità ed efficienza, oltre che “una maggiore tutela dei diritti” (secondo le parole pronunciate dal Ministro della giustizia Cancellieri).

Rifondazione Comunista, tuttavia, sottolinea che, per l’ennesima volta, le parole non corrispondono ai fatti: in queste prime settimane, perlomeno in alcune delle sedi periferiche rimaste aperte, non si è garantito, di fatto, il regolare funzionamento degli uffici, con la gravissima conseguenza di prorogare sine die il momento in cui chi esige giustizia riuscirà ad averla.

Basta recarsi presso la sede del tribunale di Rutigliano (in cui, come noto a tutti, sono stati accorpati per i prossimi cinque anni gli uffici dei tribunali di Putignano e Monopoli). La scena che si avrà così modo di ammirare è simile ad un campo da guerra: scatoloni in ogni dove ed operai, cavi e trapani che si mischiano, in un caos infinito, ad avvocati e personale di cancelleria, che si aggirano increduli alla ricerca di atti e documenti che sanno perfettamente che non riusciranno a trovare.

Si badi bene che non si tratta della normale confusione generata dal trasloco, ma della solita incapacità da parte della politica di operare scelte adeguate; come mai si è optato per la sede di Rutigliano, nonostante continui ad essere oggetto di importanti lavori di ammodernamento ed ingrandimento, quando Putignano sarebbe stata assolutamente pronta ad ospitare un numero maggiore di cause senza bisogno di alcun rifacimento?  Perché spendere altri soldi pubblici, in barba alla c.d. “spending review”, su di una sede che tra cinque anni dovrebbe essere chiusa? Chi ha valutato più utile la permanenza del tribunale di Rutigliano sapeva che le aule deputate ai processi sono talmente piccole da impedire ad avvocati, parti e testi di avere lo spazio utile (oltre che la necessaria sicurezza) per svolgere udienza (mentre la sede soppressa di Putignano può vantare aule sufficientemente spaziose ed in numero idoneo)? Chi ha scelto Rutigliano sapeva che, con i lavori in corso, sarebbe stato difficoltoso riuscire a celebrare i processi, per l’impossibilità del giudice di turno anche solo di sentire quanto venga pronunciato dalle parti (circostanza fondamentale nel processo penale, che è un processo orale)? Per non parlare del personale di cancelleria, che è totalmente insufficiente: si preferisce destinarlo al tribunale di Bari, quando dovrebbe invece restare nelle sedi periferiche, per renderle capaci di smistare l’enorme carico di lavoro da cui sono ora gravate; ma chi decide ignora anche questo, come se non fosse mai entrato in un’aula giudiziaria e non conoscesse le basi del lavoro in tribunale.

Tutte queste problematiche si trasferiscono in capo ai cittadini, sotto forma di rinvii delle cause e di processi che risultano, al momento, sostanzialmente bloccati; si pensi ad udienze civili che avrebbero dovuto essere celebrate a fine settembre a Putignano e che sono state rinviate, a causa del trasferimento a Rutigliano, a gennaio 2014.

Del resto, le inefficienze rutiglianesi si trasferiscono a pioggia anche sul superstite ufficio del giudice di pace di Putignano (rimasto in piedi grazie all’accordo maturato tra i comuni del circondario, tra cui anche Turi); in quest’ambito si sono vissute scene ignote anche ai più esperti tra avvocati, magistrati e personale giudiziario, con udienze non celebrate (e rinviate) per assenza del cancelliere, a sua volta non autorizzato a muoversi da Rutigliano.

In tutto ciò, gli unici che gioiscono sono i delinquenti per l’avvicinarsi della prescrizione (Berlusconi docet), mentre i tanti che attendono da anni giustizia non possono far altro che armarsi di pazienza.

Non ci resta che soffermarci sull’irragionevolezza di quanto sta accadendo; delle due l’una: o chi ci governa è totalmente incompetente o la decisione di chiudere (o, al contrario, di lasciare aperta) una sede non viene adottata in base alla maggiore o minore efficienza del tribunale, bensì considerando il peso dello sponsor politico di cui può vantarsi ciascun comune interessato (terreno sul quale Rutigliano, per evidenti ragioni, batte nettamente Putignano).

Rifondazione Comunista continua a sottolineare l’assurdità delle scelte compiute. Se è vero che bisogna tagliare gli sprechi, perché continuare a farlo falcidiando i diritti di tutti, quando si potrebbero eliminare le spese realmente inutili, come quelle militari (dagli F35 all’Afghanistan), il TAV in val di Susa e le altre grandi opere superflue? Perché non recuperare altre somme inserendo una patrimoniale sulle grandi ricchezze, aumentando le tasse sulle rendite finanziarie (al contempo, diminuendole su lavoratori e redditi bassi) e mettendo un tetto a pensioni e stipendi?

L’alternativa c’è, ma PD e PDL continuano a non volerla vedere e a barattare i nostri diritti (ed i nostri soldi) con la salvaguardia dei pochi soliti noti (a cominciare dal pregiudicato dimorato ad Arcore).

Rifondazione Comunista – Turi

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