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Un primo bilancio della corsa all’oro rosso

ciliegie palmisano

Ai prezzi in caduta libera, si aggiungono nuove complicazioni per la vendita delle ciliegie

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La raccolta delle ciliegie prosegue a ritmo serrato: le ‘Bigarreaux’ sono quasi pronte a cedere il passo alla ‘Giorgia’, la varietà che prepara il palato per la regina ‘Ferrovia’, attesa la prima settimana di giugno. È il momento giusto per tirare un primo bilancio sull’andamento di questa corsa all’oro rosso, compito in cui ci aiuta l’imprenditore agricolo Tonio Palmisano, le cui previsioni hanno trovato conferma.

L’annata cerasicola 2021, infatti, si caratterizza per una sovrapproduzione che sta dando filo da torcere ai produttori su più fronti: dalla maggiore necessità di manodopera, che paradossalmente scarseggia, agli ostacoli nelle operazioni di vendita, complicate da nuovi vincoli imposti dalla grande distribuzione.

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Una serie di “sfortunate coincidenze” che concorre a rendere più complesso del solito l’obiettivo di portare a casa un guadagno adeguato agli sforzi e alle cure che ogni agricoltore ha riservato ai propri ciliegeti.

«La maggior parte dei produttori – commenta Palmisano – rischia di avere un ricavo pari a quello dell’anno scorso ma con un’incidenza del costo della manodopera altissima. Alla fine dell’anno, conti alla mano, saremo fortunati se riusciremo a bilanciare le spese e a mettere da parte il minino indispensabile per investire nella prossima annata».

La quantità penalizza la qualità

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«La grande quantità di ciliegie – spiega Palmisano – ha determinato una qualità al di sotto degli standard raggiunti lo scorso anno. Oltre ad avere un calibro inferiore, il frutto si presenta un po’ più “acquoso”: le basse temperature che ci sono state prima dell’inizio della raccolta, difatti, hanno portato la pianta a immagazzinare l’acqua più lentamente e a diffonderla al frutto in ritardo».

Il secondo aspetto negativo dell’eccessiva produzione è la contrazione dei prezzi di vendita: «Basta fare un rapido parallelo tra le due annate per capire l’andamento al ribasso del mercato. Nel 2020, la ‘Bigarreau’ partì da 10 euro e non scese mai sotto i 3,50 euro al chilo. Quest’anno abbiamo iniziato a venderla a 6 euro al chilo e, nell’arco di una settimana, si è scesi a 1,50 euro. Siamo già arrivati alla “soglia limite”: si raccoglie per inerzia, senza fare i conti sul guadagno reale per il produttore; se il prezzo scenderà ulteriormente, non sarà più conveniente proseguire la raccolta. Anche perché, la GDO (grande distribuzione organizzata) ha deciso di non acquistare ciliegie con calibro inferiore a 22 millimetri, il che comporta lo scarto di una parte rilevante dei frutti raccolti».

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Non va meglio per la varietà ‘Giorgia’, che ci si appresta a raccogliere: «Le prime partite sono state vendute a 3,50 euro, a fronte dei 7 euro al chilo del 2020. La speranza è che l’annata decolli con la ‘Ferrovia’: la regina delle ciliegie si presenta bene e non resta che augurarsi che ci dia una mano ad invertire la tendenza, sacrificando la quantità per avere un prodotto di alta qualità».

Le ricadute dell’emergenza Covid

Accanto alle incerte dinamiche dei prezzi, il “nemico” dei cerasicoltori si conferma, per il secondo anno, l’emergenza Covid: «Molti produttori – rivela Palmisano – hanno deciso di “vendere in blocco” il raccolto: ci si è accontentati di un guadagno chiaramente inferiore per timore che un eventuale contagio bloccasse le operazioni di raccolta, bruciando il lavoro di un anno».

ciliegie 2021 (5)«I cerasicoltori che hanno invece scelto di “giocare la partita”, tra mille paure, stanno seguendo rigorosamente i protocolli sanitari, che non hanno subito grosse variazioni rispetto al primo anno di pandemia: per ciascun albero non lavorano più di quattro persone, mantenendo la distanza di sicurezza e indossando i dispositivi di protezione. Il lavoro è senza dubbio meno agevole e ne risente anche l’aspetto della relazione umana: ad esempio, abbiamo dovuto rinunciare all’usanza della “pausa caffè” che rappresentava un momento di relax e condivisione tra gli operai».

Fosetil-Alluminio e i “falsi positivi”

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«L’agricoltura – riflette Tonio Palmisano – si conferma un settore sempre più abbandonato a se stesso, in balia di regole e cavilli astratti che difficilmente risultano applicabili e che stanno rendendo difficile la sopravvivenza delle aziende agricole».

Una riprova della strettoia in cui si trovano ad operare gli agricoltori è il recente divieto di utilizzare il principio attivo Fosetil Alluminio: «Le catene commerciali hanno stabilito che le ciliegie in cui verrà registrata la presenza di questo prodotto non potranno essere acquistate. Il problema è che spesso le analisi multiresiduali eseguite sul frutto restituiscono dei “falsi positivi”, ossia evidenziano tracce del Fosetil-Alluminio solo perché il cerasicoltore ha eseguito trattamenti e concimazioni a base di fosforo e derivati che, oltre ad essere legittimi, sono indispensabili per far crescere in maniera sana la pianta».

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«Di fronte a questa ulteriore complicazione – esorta – è indispensabile che le associazioni di categoria scendano in campo per sostenere gli agricoltori che, non solo sono schiacciati dalla burocrazia e vessati dai controlli, ma ora si vedono penalizzati anche nella possibilità di vendere il proprio prodotto».

Lavoratori stagionali

Concludiamo con una considerazione sui lavoratori stagionali extracomunitari, tema destinato a catalizzare la pubblica attenzione nelle prossime settimane: «È una questione di difficile risoluzione che necessita un serio confronto tra la politica, le associazioni di categoria e i produttori, affinché si possa trovare il giusto punto di equilibrio, senza incidere sulla sicurezza dei cittadini e sull’ordine pubblico.

Personalmente, impiego esclusivamente manodopera locale, cui si aggiunge qualche operaio che proviene dai Comuni limitrofi e alcuni dipendenti rumeni e albanesi, con cui si è instaurato un ottimo rapporto perché hanno dato prova di essere onesti e di aver voglia di lavorare».

Fabio D’Aprile

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