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Politica

Giuseppe D’Addabbo alla guida dei Giovani Democratici

Giuseppe D'Addabbo

Il nuovo Segretario: “Vogliamo rimboccarci le maniche ed essere partecipi della vita politica, prima come ‘manovali’ e poi come ‘architetti’ del nostro domani”

Sabato 15 maggio si è celebrato il Congresso del Circolo cittadino dei Giovani Democratici (GD), che ha sancito l’elezione a Segretario del ventiduenne Giuseppe D’Addabbo. Iscritto alla Facoltà di Scienze Politiche, D’Addabbo divide il suo tempo tra lo studio, il lavoro come amministratore di condominio e tante passioni: accanto alla politica, coltiva l’interesse per storia e letteratura, musica e cinema d’epoca, nonché per l’immancabile calcio.

Il neoeletto Segretario raccoglie idealmente il testimone da Valery De Grisantis, alla guida dei GD per due anni (2015 e 2016), e si trova dinanzi all’arduo compito di far rinascere la “primavera” del Partito Democratico, azzeratasi nel 2019 quando nessuno dei Giovani Democratici rinnovò la propria tessera.

Per conoscere le idee e i programmi di Giuseppe D’Addabbo gli abbiamo rivolto alcune domande, cui ha accettato di rispondere non prima di averci presentato la squadra dei dieci compagni di viaggio: «Oltre a Stefano Palmisano e Margherita Mirizzi, i miei due vicesegretari, ringrazio i ragazzi che hanno voluto seguirmi in questa avventura aderendo al Circolo dei Giovani Democratici: Mattia Arrè, Ivano Cervellera, Micaela Gassi, Antonio Mileto, Alessandro Palmisano, Braian Sabatelli, Bianca Tardi e Annabella Volza».

Come è iniziata la sua esperienza politica?

«Ho capito di essere comunista perché me lo hanno detto così tante volte che alla fine ho deciso di studiare e approfondire la storia e l’ideologia del Comunismo. Mi sono avvicinato agli ambienti di quella che viene definita “estrema sinistra” e per un anno sono stato tesserato al Fronte della Gioventù Comunista che, prima della rottura del patto d’azione, rappresentava la “giovanile” del PC (Partito Comunista). Con il lockdown, ho sperimentato cosa significhi “cedere” la propria libertà, anche solo in minima parte, e ho deciso di abbandonare questa esperienza, che tendeva a idolatrare troppo le posizioni staliniste e che, tra l’altro, mi permetteva di fare ben poco per Turi e a Turi, dovendo spostarmi ogni volta a Bari».

Abbandonato il Comunismo, quale ideologia abbraccia?

«Mi definisco un riformista progressista, che fonda la propria ideologia sui due valori fulcro della sinistra: l’uguaglianza e la giustizia sociale».

In che modo è avvenuto l’incontro con il Partito Democratico?

«Mia madre, Marilena Lerede, milita nel Partito Democratico da un paio d’anni e mi ha sempre spronato ad avvicinarmi; invito che ho declinato fino alle ultime elezioni regionali quando, per pura coincidenza, ho ascoltato un comizio di Emiliano e De Santis e mi sono ritrovato nelle loro idee “moderate”. Successivamente, mi sono confrontato anche con il Segretario Lilli Susca e, alla fine, ho deciso di sposare il progetto del PD sia per le persone che lo animano, sia perché, nell’attuale panorama politico, è il partito con cui ideologicamente mi trovo più in linea».

Perché si è candidato alla Segreteria dei Giovani Democratici?

«Dato che a Turi non c’era più il Circolo dei Giovani Democratici, ho voluto provare a ricostruirlo. Ho coinvolto due amici storici – Stefano Palmisano, con cui ho condiviso anche l’esperienza politica comunista, e Margherita Mirizzi – e abbiamo iniziato a guardarci intorno, riuscendo a coinvolgere una decina di nostri coetanei. Così si è concretizzata la possibilità di riportare i GD a Turi, oltre che “de iure” anche “de facto”, ovvero con l’apporto concreto dell’entusiasmo e dei progetti dei ragazzi e delle ragazze che si sono voluti mettere in gioco insieme a noi. Nella strada che mi ha portato a rifondare il Circolo è stato importante l’aiuto dell’amico Massimo Mancini, Segretario dei GD di Putignano, che mi ha messo in contatto con Carlo Moretti, Segretario provinciale dei GD, il quale mi ha supportato nell’iter burocratico da seguire per arrivare preparato al Congresso».

Quale programma avete in mente?

«Vogliamo partire dal formarci e formare alla politica, estendendo il desiderio di partecipare attivamente al maggior numero di giovani, così da poter sognare in grande. A lungo termine abbiamo tanti progetti ma, prima di esternarli, è opportuno misurare le nostre forze. Sicuramente, un obiettivo su cui lavorare è fare in modo che i miei coetanei possano rimanere a Turi e realizzarsi sia personalmente che lavorativamente, evitando la fuga verso il Nord che penalizza da troppo tempo il Meridione. Al tempo stesso, vorremmo anche creare le premesse per valorizzare ciò che di bello offre il nostro paese, motivando i ragazzi turesi e quelli dei Comuni limitrofi a scegliere Turi come luogo per trascorrere le proprie serate. In tal senso, ci proponiamo di rinforzare la proposta delle attività culturali che già esistono, spingendo i giovani ad uscire dai locali e prendere parte alla vita cittadina».

Se dovesse spiegare la politica a un suo coetaneo, quale definizione sceglierebbe?

«Tutto quello che facciamo è politica e in qualsiasi aspetto della nostra vita ci sono ripercussioni delle scelte politiche. Ecco perché occorre schierarsi, non avendo timore di prendere una posizione o di essere tacciati di “politicizzare” una questione. So bene che, nel sentito comune, oggi la politica è associata a comportamenti indegni, come i voti di scambio o le tessere fittizie, e si tende a prenderne le distanze, con il risultato che sempre meno persone se ne occupano. Quello che ho intenzione di dimostrare, anche con l’aiuto dei Giovani Democratici, è che non tutta la politica è “marcia” ma si può fare tanto di buono. Come ha scritto Victor Hugo, “il tempo è l’architetto e il popolo è il muratore”; ebbene, noi vogliamo essere i muratori del nostro presente e del nostro futuro, respingendo al mittente l’offesa più grande che si fa alla mia generazione, ovvero quella di essere “spettatori inerti”, di non avere idee e prospettive».

Per concludere, in che modo la politica può riacquistare credibilità tra i più giovani?

«La questione è che a Turi, come a livello nazionale, si fa poco per i giovani; d’altro canto, se i ragazzi non iniziano a ritrovare la determinazione di far sentire la propria voce, rischiano di restare una maggioranza silenziosa. Amo il mio paese ma, a volte, sembra che il mio paese non ami me e i miei coetanei: questa credo sia la frase che sintetizza la situazione che viviamo. Il nostro scopo, dunque, deve essere quello di cambiare questa percezione: ritornare ad avere voce in capitolo, rimboccarci le maniche e, per riprendere la citazione di Hugo, essere partecipi prima come “muratori” e poi come “architetti” del nostro domani».

Fabio D’Aprile

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