Poliziotto suicida a Turi, indaga la Procura
Al vaglio dei magistrati le presunte vessazioni subite da parte di alcuni colleghi
La Procura della Repubblica di Bari ha aperto un’inchiesta per fare chiarezza sul suicidio del poliziotto penitenziario, 56enne di Bitritto da tempo in servizio presso la Casa Circondariale di Turi, toltosi la vita con la sua pistola d’ordinanza.
A darne notizia è il Sindacato Autonomo della Polizia Penitenziaria (SAPPE): «Il pubblico ministero inquirente, Daniela Chimienti, ha formalmente delegato i Carabinieri ad acquisire documenti e dichiarazioni di familiari e amici nel tentativo di ricostruire l’accaduto ed individuare eventuali responsabilità. Nel fascicolo di inchiesta, al momento, non è stata formulata alcuna ipotesi di reato in attesa dell’esito degli accertamenti investigativi. Solo allora il magistrato deciderà se archiviare l’indagine o, al contrario, procedere per istigazione al suicidio».
Al vaglio della Procura – informa il SAPPE – ci sono le lettere e i referti medici custoditi da un conoscente del 56enne, che attesterebbero la sua condizione di disagio. Inoltre, gli inquirenti stanno raccogliendo le testimonianze delle persone informate sui fatti, verificando l’attendibilità delle asserzioni di alcuni amici e familiari, cui il poliziotto avrebbe raccontato di essere “da anni vittima di bullismo a sfondo sessuale” e di sentirsi “perseguitato da alcuni colleghi che lo insultavano”.
Una tesi, quest’ultima, che troverebbe riscontro nelle parole dell’avvocato Antonio Lascala, presidente dell’Associazione Gens Nova di cui il poliziotto era membro. L’avvocato, intimo amico del 56enne, ha riferito di aver raccolto le confidenze dell’uomo sulle vessazioni che avrebbe subito da parte di alcuni colleghi “perché aveva sempre vissuto con i genitori” e perché “non aveva una fidanzata”.
Altro nodo da sciogliere è il motivo per cui l’agente, pur non essendo in servizio, era in possesso dell’arma di ordinanza.