Lezione di anatomia in dialetto turese
Dopo diverse puntate dedicate alla gastronomia tradizionale, Lina Savino ci accompagna alla scoperta del corpo umano
Mentre il qui presente numero de “La Voce del Paese” entra in fase di stampa, Lina Savino si prepara a compiere i suoi primi 83 anni. Da noi è stata spesso interpellata nel corso degli ultimi due per far sì che i nostri concittadini conoscessero, attraverso le sue spiegazioni, tutti i procedimenti necessari alla realizzazione, rigorosamente home-made, di alcuni prodotti.
NELLE PUNTATE PRECEDENTI…
Nel primo appuntamento di questa particolare rubrica, in un vortice di espressioni linguistiche e vocaboli avulsi – per non dire alieni – rispetto al dialetto parlato quest’oggi, scandivamo assieme a Lina Savino, passo dopo passo, il procedimento necessario alla preparazione della salsa e dei “pomodori a pezzetti”. Successivamente, abbiamo avuto modo di soffermarci sul formaggio e la ricotta fatti in casa, sulla ricetta dei “chiacùne”, dell’“àneme di mùrte” e della “recòtte ascequànde” (da accompagnarsi ovviamente alla “fecazzèdde di mùrte”). Non è certamente mancata la dolcezza: “pèttole tònne”, “‘ngarteddète cu’ cuètte”, “percìjedde” di Sant’Antonio”, “li òve benedétte”, “i veschettèddere ‘ngeleppète” e tante altre prelibatezze.
LEZIONE DI ANATOMIA
Con la promessa di poter presto coinvolgere la sig.ra Savino in un’intervista sui rimedi terapeutici-taumaturgici – talvolta sconfinanti nel paranormale – impiegati fino a qualche decennio fa dalla gente comune, riteniamo adesso opportuno focalizzarci sull’oggetto interessato da tali “rimedi medici”: il nostro corpo. Pur passando dalla gastronomia all’anatomia, la costante è sempre la stessa: sottrarre all’oblio alcuni termini dialettali, portatori di sonorità singolari ed immagini allegoriche non poche volte ilari. Difficile ad esempio non lasciarsi scappare un sorriso dinanzi al cerume che diviene “petresìne” (prezzemolo) o alle clavicole che, con la loro conformazione, creano due “porta-saponìtte”. Vi segnaliamo di seguito i termini la cui traduzione originaria in dialetto si è col tempo eccessivamente italianizzata; o magari è caduta in disuso.
TESTA – COLLO
Capelli – Capìdde; la chernèjre (criniera)
Baffi – Mestàzze
Ciglia – I cègghjere
Naso – Nàsche
Zigomi – Zìghene
Gengive – Sangìne
Molare (dente) – Ganghèle
Bocca – Vòcche; mùsse: mùsse a rengèdde, a fònge
Ugola – Pennìnghele
Mandibola – Mannìbbele
Mento – Gangarìjedde / Mento con fossetta – Fengiùdde
Pancia anteriore del mento ( vedi Pappagorgia) – Vavàzze; rascèle
Gargarozzo – Cacarùzze
Gola – ‘Ngànne /I canarìle; canarùte: persona particolarmente golosa
Inizio della gola, all’interno – I chegnùzze
TRONCO E ARTI
Colonna vertebrale – Spenèle
Scapole – Palèdde
Torace – Costète
Osso sacro/Coccige – La còtele
Gomito – Gùmte
Polso – Pùlze
Ginocchio – Scenùcchije
Caviglia – La gramèdde
Mignolo – Dìscete menìjedde
‘U SCIÙMME ED ALTRE PARTICOLARITÀ
Nota a parte per le interiora, genericamente chiamate “‘ndrème”, per i piedi e le relative patologie (dalla cepòdde ai piedi “arrafagnète”), per l’inguine (‘ngenàgghije), per le orecchie ad ansa (rècchije pànne) e per ciò che in passato a Turi si definiva “sciùmme”, ovvero un atteggiamento posturale di chiusura, con il capo chino e la schiena inarcuata in una gobba; d’altronde le gobbe, in una società segnata dalle gravi ristrettezze di un secolo fa, comparivano spesso e prima nella popolazione: specie se la quotidianità era scandita dalle gocce di sudore versato nei campi.
LEONARDO FLORIO