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Cultura

Uniti nel nome di Sant’Oronzo

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Firmato il protocollo d’intesa per costituire l’Associazione delle Città Oronziane

La banda e i fuochi d’artificio hanno scandito festosi l’arrivo delle delegazioni dei dieci Comuni “uniti nel nome di Sant’Oronzo”, giunti a Botrugno per rafforzare questo legame, raccogliendo la sfida a divulgare la storia e il messaggio oronziano.

La scelta della data in cui riconfermare il sodalizio non è stata lasciata al caso: il 20 febbraio è il giorno in cui Botrugno festeggia la solennità del Patrocinio di Sant’Oronzo, venerato per lo scampato pericolo del terremoto che avvolse tutta la Terra d’Otranto il 20 febbraio 1743.

Una data simbolica, quella del 20 febbraio, in cui si è voluto mettere il primo punto fermo di un cammino, coltivato fin dal 2005, che ambisce ad arrivare lontano: i sindaci di undici Comuni hanno sottoscritto il protocollo d’intesa per la costituzione dell’Associazione delle Città Oronziane, una realtà trasversale che, partendo dalla comune devozione a Sant’Oronzo, si propone di avviare un percorso di promozione e marketing culturale, capace di esaltare i luoghi e le tradizioni legate al culto del primo Vescovo di Lecce. La rete, al momento, unisce il Comune di Turi, quello di Ostuni e dieci Comuni del Salento, tuttavia non è da escludersi che il numero delle adesioni possa crescere, ampliando il raggio d’azione dell’Associazione.

Don Angelo: “Un barlume di speranza”

Il primo momento intenso della giornata si è registrato quando il sindaco Tina Resta e l’arciprete don Giovanni hanno consegnato nelle mani

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di don Angelo Pede, guida spirituale della parrocchia dello Spirito Santo, il reliquiario di Sant’Oronzo, donato alla nostra comunità dall’Arcivescovo di Zara, Mons. Želimir Pulji?, in occasione del Giubileo Oronziano celebrato nel 2019 per onorare il 1950esimo Anniversario del martirio del Vescovo Oronzo.

«Botrugno, che ha nel cuore Sant’Oronzo, è stato in attesa di questo grande evento. Oggi è arrivato un barlume di speranza che speriamo di cogliere fino in fondo» – esordisce don Angelo Pede, grato per poter condividere con i propri fedeli un “frammento” dell’immensità del nostro Patrono.

«Il messaggio di Sant’Oronzo – prosegue – è chiaro: la capacità di vivere l’incontro del Signore e trovare la forza in lui, riuscendo a fare grandi cose anche quando le situazioni sembrano avverse». «È una testimonianza grande, soprattutto in questo periodo drammatico e di disagio profondo».

«Crediamo nelle Città Oronziane – aggiunge – e l’augurio che vi faccio è che le Vie Oronziane ci portino in Terra Santa, il luogo dove Gesù ha vissuto la sua passione, morte e resurrezione, perché l’obiettivo è sempre la relazione con il Signore Gesù».

Più tardi il parroco salentino interverrà nuovamente soffermandosi su tre parole chiave: dialogo, concretezza e credibilità. Il dialogo inteso come elemento portante «dell’esperienza dello stare in comunione, spalancando le porte all’altro, il che non significa perdersi ma relazionarci e arricchirci». E per sperimentare il dialogo serve concretezza, «al dire deve seguire il fare», questa è «la strada maestra per essere profetici e maturare nuovi orizzonti». In ultimo, è indispensabile essere credibili: «Sant’Oronzo ci insegna che l’elemento più importante del nostro vissuto umano e cristiano è la credibilità, la volontà di testimoniare anche a rischio di perdere la propria vita».

Silvano Macculi: Le tappe del Cammino Oronziano

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La parola passa al sindaco di Botrugno, il dott. Silvano Macculi, che ripercorre le tappe del «cammino di amicizia tra i Comuni che hanno Sant’Oronzo come patrono». Un cammino iniziato nel 2008 con il gemellaggio con il Comune di Turi e maturato nel corso degli anni, fino ad arrivare al 2020 quando si è deciso di «procedere ad una convenzione tra i vari Enti comunali per metter su un progetto delle Vie Oronziane come affluenti della Via Francigena. Grazie alla consulenza del prof. Renato Di Gregorio e di Giuseppe Semeraro, si è iniziato a studiare un itinerario religioso, un percorso di devozione, di promozione e di marketing territoriale. Oggi, a distanza di un anno, arriva la firma del protocollo d’intesa, cui seguirà la sottoscrizione della convenzione».

Il primo cittadino leccese conclude evidenziando che «la comunione nel nome di Sant’Oronzo ha basi solide, che neanche la pandemia è riuscita a demolire», e auspicando che «questo incontro sia benaugurante e segni una svolta, portando un po’ di luce nei giorni bui dell’emergenza sanitaria».

Tina Resta: “Un simbolo che racchiude la nostra umanità”

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È la volta del sindaco Tina Resta, che ringrazia per la sentita accoglienza: «Non nego che, quando abbiamo condotto la reliquia da Turi all’ingresso della vostra chiesa, mi sono molto emozionata, esattamente come quando è arrivata da noi dalla Croazia». «È vero, è un piccolo simbolo ma per noi rappresenta tanto: la fede, la devozione, il credere, la preghiera, la nostra umanità. Ecco perché sono qui, felice di avervi incontrato e di firmare con convinzione questo protocollo». «Spero di organizzare incontri di ricerca anche itineranti, perché in ognuna delle vostre città, come nella mia, attraverso il confronto ci possano essere nuove rinascite. Ed è questo che auguro a tutti noi e alle nostre cittadinanze».

Don Giovanni: “Manteniamo vive le radici cristiane”

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Sulle stesse note l’intervento dell’arciprete don Giovanni Amodio, che esprime «grande riconoscenza agli amministratori per queste forme di comunione». «Tutti dobbiamo collaborare affinché le nostre radici cristiane siano conservate e consegnate alle future generazioni; abbiamo la responsabilità di mantenere vivo il patrimonio cristiano che appartiene alla nostra cultura e alla nostra identità di popolo italiano ed europeo». «È bellissima questa intesa – chiosa – sono meravigliosi gli intenti e gli obiettivi, però, alla fine, quello che conta è che la radice cristiana, portata nelle nostre comunità da Sant’Oronzo, venga custodita e trasmessa».

“Oronzo, primo evangelizzatore della Puglia”

Conclusi gli interventi di apertura della cerimonia, i sindaci hanno partecipato alla celebrazione eucaristica presieduta da don Giovanni Amodio. Nella sua omelia, ispirata al significato della Quaresima, l’arciprete ha rimarcato l’importanza di non «sprecare il tempo e le occasioni», impegnandosi per invertire «lo stile di vita di decenni in cui abbiamo sciupato troppo, in cui abbiamo avvelenato la terra e le nostre relazioni, oltraggiando il creato e compromettendo ciò che potremo consegnare alle future generazioni».

Un cambio di rotta, all’insegna “delle relazioni autentiche e del rispetto dell’umano, che può essere sollecitato proprio ascoltando la lezione di Sant’Oronzo: «Oronzo è il primo evangelizzatore della Puglia; è stato convertito e battezzato da Giusto e consacrato Vescovo da San Paolo che lo ha inviato nella Japigia per diffondere la parola di Cristo. Ci ha educato al cristianesimo e alla fede, e noi dobbiamo continuare questa missione per garantire un futuro luminoso alle generazioni che ci seguiranno».

La scoperta della reliquia

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A margine dell’ispirato sermone, don Giovanni ha catturato l’attenzione dei presenti con un’appassionata ricostruzione delle “peripezie” che hanno portato al ritrovamento della reliquia del nostro Patrono.

«Eravamo andati a Zara, nella Cattedrale di Sant’Anastasia, per prendere una cassettina dove c’erano i resti del cranio di un Oronzo Martire. Una volta arrivati, due professori universitari ci dicono che in quella cassettina non c’erano i resti del nostro Patrono ma di un diacono morto 300 anni più tardi in Gallia e ci indirizzano verso Nin, nella prima cattedrale della Diocesi della Dalmazia. Lì mi sono imbattuto in un reliquiario del nono secolo, di manifattura leccese, partito dalla nostra terra per essere messo in salvo dalle incursioni dei Turchi, che hanno distrutto Lecce per quattro volte.

Apriamo questa cassettina per eseguire la ricognizione canonica e troviamo una tibia appartenente al nostro Patrono, insieme a un medaglione che ci restituisce l’icona più antica di Sant’Oronzo.

Durante le operazioni di ricognizione, dai margini della tibia si sono sgretolati dei piccoli frammenti: quando nel 2019 abbiamo restituito la reliquia, l’Arcivescovo di Zara ci ha donato una teca in cui sono stati raccolti questi preziosi frammenti che, in un secondo momento, abbiamo incastonato in un reliquiario disegnato dall’artista Daniela Angelillo».

Descritto con minuzia il pregevole manufatto, don Giovanni termina con un appello agli amministratori: «Dobbiamo valorizzare maggiormente lo studio delle carte e dei documenti; c’è tanto negazionismo su questo Santo e sono in molti a credere che non sia mai esistito. Finora le prime testimonianze del culto di Sant’Oronzo risalivano al 1600, legandosi alle ondate di peste; con il reliquiario abbiamo spostato le nostre conoscenze a 500-600 anni indietro. Adesso dobbiamo studiare ancora, dobbiamo arrivare al 68 d.C. quando la storia ci dice che Sant’Oronzo è stato martirizzato. E questa ricerca si sposa bene con il percorso storico, artistico, turistico che le Città Oronziane intendono fare».

L’accoglienza come integrazione culturale

«Tutto quello che ha raccontato Don Giovanni, dal 2019 a stasera, l’ho vissuto in prima persona» – tira le somme il sindaco Tina Resta, ricordando un episodio memorabile della visita in Croazia: durante la celebrazione della messa in onore di Sant’Oronzo, celebrata dall’arcivescovo di Zara nella Chiesa di Sant’Ansemo a Nin, il coro ha cantato in italiano l’inno di Sant’Oronzo, imparato pochi giorni prima. Una prova di affetto e fraternità che racconta il senso profondo dell’accoglienza, vissuta come una tensione continua all’integrazione di popoli con culture differenti, alla ricerca di tratti comuni che consentano di superare le barriere territoriali. Non si tratta di proporre l’omologazione a un credo dominante, bensì di “unirsi nelle differenze”, sperimentando una semantica nuova in cui le tradizioni peculiari di ciascuna comunità si esaltano in un racconto universale.

Fabio D’Aprile

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