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Scuola e Covid: “Massima attenzione ma niente allarmismi”

Lilli Susca

Lilli Susca: “L’Amministrazione e l’ASL devono pianificare azioni di prevenzione, non lasciando nulla all’improvvisazione”

La sicurezza della frequenza della scuola continua ad essere al centro dell’attenzione della nostra comunità. Da un lato genitori ed insegnanti chiedono maggiori tutele e la chiusura della scuola per un periodo sufficiente a “raffreddare” i contagi; dall’altro lato, il sindaco Tina Resta ritiene che non ci siano sufficienti elementi per un provvedimento di sospensione delle lezioni in presenza, giacché il Dipartimento di Prevenzione dell’Asl non ha espresso alcuna valutazione di rischio.

Abbiamo chiesto il parere del consigliere Lilli Susca che, in quanto docente, ha un punto di osservazione privilegiato sulle dinamiche scolastiche.

Ritiene che a Turi sia necessario chiudere le scuole?

«Capisco la paura, comprendo la rabbia di chi sta lottando contro il virus proprio in questo momento e da diversi giorni ormai, ma, francamente, non mi pare che ad oggi la situazione nelle scuole di Turi sia tale da necessitare un intervento di chiusura. I dati che emergono fanno pensare che i pochi casi di positività siano rimasti isolati e che non abbiano provocato la diffusione del virus che si temeva. L’attenzione dev’essere sempre massima, ma sarebbe giusto evitare allarmismi. Le scuole sono, potenzialmente, un ambiente ad alto rischio contagio, in quanto il numero elevato di persone all’interno dello stesso ambiente e per un lungo lasso di tempo, consentirebbe un’agevole circolazione del virus. Uso il condizionale perché ritengo che ciò in realtà non avvenga perché, proprio a scuola, c’è una particolare attenzione all’uso di dispositivi anti Covid, come la mascherina e il distanziamento. Discorso a parte andrebbe fatto per la scuola dell’infanzia, laddove ritengo sia molto complicato far rispettare le regole di prevenzione. Ma pensiamo alla ricaduta sociale di una chiusura dei plessi della scuola dell’infanzia. Ci vuole buonsenso e un’ottima organizzazione che permetta di intervenire tempestivamente».

Leggendo i vari commenti apparsi sui social, sembra che le sorti della scuola dipendano dall’Amministrazione comunale. È davvero così?

«Il sindaco è il responsabile massimo della salute dei cittadini, pertanto ha il dovere di mettere in campo tutte le strategie che competono al suo ruolo per salvaguardare, in questo momento così delicato, ciascuno di noi. Quindi, qualora avesse evidenza di una massiccia circolazione del virus negli ambienti delle scuole di Turi, sarebbe autorizzata ad ordinarne la chiusura. Quando parlo di evidenze intendo dati numerici comprovati dalla ASL. A tal proposito mi chiedo, e insieme a me tutto il gruppo di “Patto per Turi” in una lettera al sindaco a nome del capogruppo Angelo Palmisano, se esista un protocollo di azione e comunicazione che coinvolga le parti, cioè sindaco, Dirigenza delle scuole del territorio e ASL. In altre parole, come avviene lo scambio di informazioni fra scuole, sindaco e ASL? Come vengono definite le azioni da mettere in campo per salvaguardare la nostra salute attraverso il controllo dei contagi nelle scuole? La sensazione è che tutto sia lasciato all’improvvisazione e che non ci sia da parte dell’Amministrazione e della ASL la volontà di pianificare azioni di prevenzione, per esempio attraverso una regolare sanificazione degli ambienti e/o l’acquisto di tamponi antigenici da mettere a disposizione della popolazione scolastica. Per rispondere alla sua domanda, l’Amministrazione comunale ha margini di manovra, nei limiti delle disposizioni ministeriali e regionali. Non può decidere su tutto, ma può fare molto».

A proposito di limiti e autonomia, il Governatore Emiliano ha lasciato ai genitori la scelta sulla frequenza in presenza o a distanza. È un modo per non assumersi responsabilità?

«Il principio che sottende questa scelta da parte del Governatore è condivisibile, in quanto permette agli studenti che hanno casi di positività o di particolare fragilità in famiglia, di seguire da casa. Il problema è che molti studenti hanno scelto di restare a casa senza una valida motivazione. Quindi, a mio modesto parere, avrebbe fatto meglio il presidente ad imporre che venisse esplicitata e comprovata la motivazione della richiesta di didattica a distanza. Inoltre, devo dire che non ritengo giusto lasciare alle scuole la libertà di decidere se optare sul 50% di frequenza all’interno delle classi o dei plessi scolastici. Emiliano ha lasciato che fossero gli organi collegiali a decidere se dividere le classi a metà, o se dividere la scuola a metà. Questa scelta, che ai non addetti ai lavori può sembrare poco importante, in realtà ha delle notevoli ricadute sulla didattica. Quindi, se a noi docenti viene chiesto di assumere una decisione in tal senso è giusto che prendiamo in considerazione gli aspetti didattici, perché questo è il nostro ruolo. Non siamo epidemiologi o virologi noi, né abbiamo a disposizione pool di esperti da consultare. Pertanto, su una decisione del genere è la politica che deve esprimersi; è l’amministrazione competente, in questo caso la Regione, a dover prendere decisioni, non un collegio docenti. Non è con un “preferibilmente” in una ordinanza regionale che si tutela la salute dei cittadini. Se Emiliano riteneva che avere in classe 28 alunni fosse rischioso, avrebbe dovuto imporre il 50% all’interno delle classi e non demandare la scelta a chi non ne ha le competenze».

Ci sono ulteriori misure che potrebbero essere adottate per tutelare studenti e insegnanti?

«Sì, le misure del buonsenso. Soprattutto fuori dalle mura scolastiche e da quelle domestiche».

Fabio D’Aprile

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