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Rosètta “Pappagàlle” non c’è più

rosetta pappagall (1)

A giugno avrebbe compiuto 92 anni. La ricordiamo ripercorrendo la storia del suo soprannome, nato in una giornata di mietitura di 150 anni fa

Negli scorsi giorni Rosa Logrillo è venuta a mancare all’affetto dei suoi cari. A giugno di quest’anno avrebbe compiuto 92 anni; per diverse generazioni di turesi, susseguitesi nell’arco di nove decenni, Rosa Logrillo era Rosètte “Pappagàlle”. Due anni fa abbiamo provato a scoprire la genesi di questo ed altri soprannomi che, in passato, soppiantavano del tutto l’utilizzo del cognome; a Turi si era infatti soliti indicare la propria appartenenza famigliare attraverso degli appellativi, talvolta oscuri, spassosi, certamente curiosi. Un’abitudine, questa, ormai in via d’estinzione, anche alla luce del profondo cambiamento che ha negli ultimi 20 anni interessato la composizione demografica del nostro paese.

IN UNA GIORNATA DI MIETITURA DI 150 ANNI FA

rosetta pappagall (2)

Rosa Logrillo, come riportato sui social dai suoi famigliari, era orgogliosa di essere una “Pappagàlle”; per questa ragione, vogliamo provare a ricordarla, riproponendovi le origini del suo soprannome, ricostruite grazie al contributo di Pasquina Cascarano e Irene Mastronardi, applauditissime attrici de “I Dìscjadìsce” e parenti di Rosètta.

La lunga e controversa storia dei “Pappagàlle” ha inizio con Vincenzo Cassotta, trisavolo diretto della Mastronardi. “Oh, Vengìenze: iòsce t’à mìse pròprie accòme a nù pappagàlle” – questa fu con ogni probabilità la frase proferita da un proprietario terriero che, durante una normale giornata di mietitura della seconda metà dell’800, cercava in qualche modo di contenere la spiccata loquacità di un suo operaio, ossia lo stesso Vincenzo Cassotta. L’origine del soprannome è racchiusa dunque in queste parole, ma la storia dei “Pappagàlle” non è affatto affar semplice da riassumere.

LA CHIÀZZE DI FÈMENE: UN’IPOTESI

Ad esempio, uno dei primi risvolti che emerge dal prezioso racconto di Pasquina e Irene riguarda l’attuale Piazza Antico Ospedale, a lungo conosciuta come la “Chiàzze dì fèmene”: “Era chiamata così – spiegano le due intervistate – poiché in passato era il luogo dove le donne “permettèvene” coi proprietari il proprio lavoro nei campi. In realtà, secondo alcuni, era chiamata così poiché vivevano tutte le 5 sorelle “Pappagàlle”, figlie di Vincenzo Cassotta: “Pasca grànne”, Domenica, Laura, “Pasca menònne” e Giovannina”.

L’INFAMIA DELLA GUERRA, LA FORZA DELL’AMORE

Rosètte Pappagàlle, a Giugno novantenne con Giuseppe Marotta

“Pasca grànne – proseguono Irene e Pasquina – sposò Vito D’Alfino, il quale fu poi chiamato al fronte durante la Prima Guerra Mondiale: sapendo che stesse per diventare padre, chiese una licenza speciale per poter rientrare a Turi, riconoscere suo figlio Giuseppe e stare un po’ con la famiglia. Il permesso gli venne accordato, ma Vito decise di rimanere due giorni in più, non rientrando per tempo al distaccamento: per questo motivo i Carabinieri lo prelevarono e lo rispedirono al fronte, da dove però non fece più ritorno. E così, Pasca grànne dopo qualche tempo si unì in convivenza con Pietro Logrillo dal quale ebbe 4 figli: Gabriele (nonno di Irene), Vincenzo, Lorenzo e Rosa (suocera di Pasquina) Logrillo. Il matrimonio tra i due avvenne nel ’55 in punto di morte di Pietro.”.

“PAPPAGÀLLE”… PER SEMPRE

La più piccola dei 4 figli, dunque, fu proprio Rosètta: “Ha vissuto gran parte della sua vita fra Via Forno D’Addante e Piazza Antico Ospedale, con non poche difficoltà, superando il periodo della guerra e l’esplosione di una bombola del gas.” – spiegano le nostre intervistate. Fu quest’esplosione a sfigurare il suo volto, senza che tuttavia riuscisse a cancellare il suo sguardo o a scalfire il suo carattere. I segni di quelle bruciature l’hanno accompagnata anche nell’aldilà, assieme al suo soprannome, restituito adesso all’eternità.

LEONARDO FLORIO

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