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“Ri…tratti di donna, Una per Tutte, Tutte per Una”

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Le origini, le protagoniste e il messaggio del percorso fotografico-riflessivo di Fabiana Stanisci: “Diciamo “basta”, insieme!”. Si attende per marzo il “piano B”

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«Ieri sera, dopo una bellissima giornata, mi sono imbattuta casualmente in un post su facebook. Un post che ho letto ma… che non avrei mai voluto leggere. Un post di una donna che in pochi secondi, ha cambiato il mio umore. Nel massimo rispetto di tutti, mi permetto di dire due parole. Una donna che attraversa un periodo complicato, un periodo difficile, non ha bisogno di essere giudicata incapace di affrontare la situazione stessa. Una donna violentata psicologicamente o fisicamente ha bisogno di una mano tesa e non di un dito puntato. Una donna che subisce violenza, se non denuncia, non è senza palle, ma forse ha paura; ha paura per sé e per le persone che ha al suo fianco. Una donna violentata non è debole. Dopo il post di ieri, sono ancora più convinta che una panchina posizionata in villa a Turi sia un’iniziativa forte e che fa sentire meno sole le Donne. Una panchina che fa ricordare a tutti quanto sia importante rimanere uniti e complici per eliminare questa piaga sociale. Il post di ieri è stato un pugno allo stomaco per me».

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Queste le parole postate sui social da Fabiana Stanisci il 26 novembre, a distanza di qualche ora dalla piccola manifestazione tenutasi in villa nel pomeriggio di mercoledì 25, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. In questa occasione veniva svelata la simbolica panchina rossa realizzata dall’artista Daniela Angelillo, un’installazione che strizza l’occhio ai ready made di duchampiana memoria.

Tornando a Fabiana Stanisci, apprezzatissima fotografa turese, le abbiamo chiesto cosa vorrebbe aggiungere in merito al post cui faceva riferimento sui social. «Come ho scritto – ci risponde – ho letto un post che non avrei mai voluto leggere. E che mi ha molto rammaricato! Credo fortemente che per vincere o sconfiggere qualsiasi cosa si debba avere una certa complicità, unione e solidarietà! In quel post era quello che veniva a mancare! Essere uniti e complici è fondamentale per vincere una guerra! Il mio progetto “Ri…Tratti di donna, Una per Tutte, Tutte per Una” è stato portato a termine proprio per sensibilizzare questo atteggiamento, per unire tante donne in un coro unanime: per sentirci meno sole e darci una mano!».

UNA PER TUTTE, TUTTE PER UNA

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Com’è nato questo progetto?

«A fine settembre, con una storia su Instagram, ho annunciato l’intenzione di mettere su un progetto. Ho chiesto aiuto a tutte le donne che, tra amiche, conoscenti e/o semplicemente follower, volessero lasciarsi fotografare da me. Il progetto che avevo in mente era quello di dedicarmi alla fotografia di ritratto: dopo aver studiato, letto articoli e riviste, volevo “scendere in campo” e mettere in pratica tutta la teoria appresa. Il 25 novembre, con un video pubblicato su Facebook, ho ufficializzato il progetto “Ri…Tratti di donna, Una per Tutte, Tutte per Una”. L’obiettivo era allestire una mostra fotografica di ritratti di Donne di ogni età, colore, religione, orientamento politico, sociale e culturale, con lo scopo di sentirCi unite, complici e solidali tra di noi! Proprio per sentirCi una per tutte e tutte per una! E allora quale giorno migliore per presentare il mio progetto se non il 25 novembre?».

L’INCORAGGIAMENTO DELL’AMMINISTRAZIONE ED IL PIANO B

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L’idea di Fabiana Stanisci è risultata subito vincente, ancor prima che si realizzasse effettivamente: «Il primo feedback è stato assolutamente positivo, riscontrabile dai tantissimi messaggi di donne che, dopo aver visualizzato la mia storia su Instagram, mi hanno contattata mettendosi a disposizione per la realizzazione del progetto. La voce è circolata velocemente, tanto che il giorno dopo l’Assessore Imma Bianco mi ha invitata in Comune per darmi la possibilità di esporre il mio progetto: è nata lì la nostra collaborazione. L’Assessore ha appoggiato la mia visione e mi ha incoraggiata a presentare una domanda diretta al Sindaco per autorizzare la mostra in occasione del 25 novembre. Il 1° novembre arriva l’autorizzazione firmata dal Sindaco ma, il 3 novembre, la Puglia diventa zona arancione: chiusi musei e mostre fino al 3 dicembre! Beh, me lo aspettavo ed infatti avevo già in serbo un piano B».

Ovvero?

«La mostra si fa! O meglio si farà nel 2021 a marzo, precisamente l’8 marzo, in occasione di un’altra data importante per la donna. Ripresenterò domanda al Sindaco e porterò a termine il lavoro».

NON UNA MOSTRA, MA UN PERCORSO DI RIFLESSIONE

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«Dopo aver dovuto quindi rimandare il mio progetto, ho pensato di dare ugualmente il mio piccolo contributo per il 25 novembre. Perciò ho riorganizzato le idee e ho sottoposto all’attenzione dell’Assessore Bianco un racconto fotografico. Un racconto che credevo potesse fare da cornice a quello che lei aveva già organizzato, ovvero l’installazione della panchina rossa. È nata così l’idea del percorso fotografico/riflessivo su via XX Settembre che, dal Comune, arrivava sino alla villa, raggiungendo proprio la panchina rossa. Parlare in termini di mostra, quindi, mi sembra riduttivo, anzi erroneo: non è stata una semplice mostra! Le foto – prosegue – sono rimaste lì fino a sabato pomeriggio a causa del maltempo che sarebbe arrivato in serata. Ognuno degli scatti era accompagnato dal mio personale commento e da quello che ho voluto rappresentare».

QUALCOSA SU CUI RIFLETTERE

Quali sono, invece, i feedback delle donne apparse nei ritratti e nella versione video del percorso riflessivo da te realizzato?

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«Le donne ritratte, tra cui amiche e conoscenti, quasi tutte di Turi, sono felici di essere state in qualche modo portatrici di un messaggio importante e di aver sostenuto insieme una lotta sempre più necessaria a contrastare questa piaga sociale. Ho detto “insieme”, perché a sorpresa nel racconto è sbucato un ritratto che non è presente nel video che ho pubblicato. È un mio ritratto; sì, ci ho messo “la faccia” anch’io! È stato un ritratto fortemente voluto da mia madre: un ritratto di me, ma… strappato in due. Le altre foto raccontano quello che per me è la violenza! Raccontano come la violenza ti cambia, come la violenza ti trasforma e, paradossalmente, come ti imprigiona anche psicologicamente. Io non posso nemmeno immaginare quello che si prova, ma i numeri relativi alle donne uccise, violentate e maltrattate mi hanno spinto a provare a tendere una mano, ad aiutare nel mio piccolo qualcuno! Mi piace pensare che qualche donna si sia “ritrovata” nel mio racconto e che abbia trovato la forza per denunciare. Forse non salverò nessuno, ma spero di aver lasciato qualcosa su cui riflettere».

COME UNA TRISTE MARIONETTA…

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È senza dubbio la prigionia, l’assenza di libertà il fulcro del tuo racconto: cosa vorresti aggiungere a tal proposito?

«Credo essenzialmente che sia questa sensazione di impotenza, di ingabbiamento ad impedire alle donne di denunciare! È il sentirsi in gabbia, quasi come fossero paralizzate!».

A tal proposito, vi proponiamo di seguito il testo scritto e recitato che ha contestualizzato le foto toccanti di Fabiana Stanisci: “Posizione fetale. Braccia e gambe che avvolgono viso e cuore. Braccia e gambe che nascondono lacrime e dolore. Una donna che subisce violenza si sente sola, si sente inadeguata, si sente piccola”. E poi: “In gabbia. Reti metalliche e cancelli che imprigionano sogni e aspirazione. Reti che celano sorrisi e libertà. Una donna che subisce violenza non è più libera”. E ancora: “Buio. Occhi bassi e buio attorno. Giochi di luce appena sotto l’occhio, come una lacrima che scende sul viso, come il taglio di un coltello. Una donna che subisce violenza piange, piange tanto e non vede più la luce”. Successivamente: “Zitta. La violenza verbale, quella più insidiosa quella che ti divora dall’interno, quella che non si vede ma che ti logora pian piano. Quella che ti entra in testa e non ti molla più. Una donna che subisce violenza, si convince che è lei quella sbagliata”.

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E dopo: “Non mi riconosco più. Allo specchio non sai più chi sei, hai una percezione di te distorta. Sembri avere due bocche e quattro occhi. Sei fuori fuoco, e non ti riconosci più nel tuo stesso riflesso. Una donna che subisce violenza, di qualsiasi forma, non è più la stessa! La violenza ti cambia, la violenza ti segna per sempre”. Ma soprattutto, purtroppo: “Tu devi fare quello che dico io. Un volto di donna dietro a fili tesi; fili come quelli delle marionette, come quelli che muove il burattinaio. Una donna che subisce violenza non può essere quello che vuole, non può amare chi vuole, non può vestirsi come desidera, non può mangiare quanto vuole, non può esprimersi, non può muoversi e pensare. Non può sognare e tantomeno sperare”. Ed infine: “Basta, fermati! Una mano che nasconde uno sguardo profondo, uno sguardo deciso, uno sguardo coraggioso. Una donna che subisce violenza ha bisogno di coraggio, ha bisogno di ascolto, ha bisogno di una mano tesa, ha bisogno di un abbraccio. Una donna che subisce violenza ha bisogno di trovare la forza di denunciare e di dire ‘Basta!’”.

Le donne, in ordine di apparizione, presenti nei “Ri…Tratti” di Fabiana Stanisci sono: Roberta Totaro, Francesca Pierri, Elvi Cannito, Emanuela Cistulli, Angela Di Lauro, Mariarosaria Giannini, Eleonora Colapietro, Vale Verri e Lisa Cannito.

DICIAMO “BASTA”, INSIEME

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Ricollegandosi al post che mai avrebbe voluto leggere, l’abile fotografa lancia un messaggio, forte e chiaro: «Concludo col dire che questo grande problema non riguarda solo le donne o le donne violentate: è un problema di tutti! È un problema di una società che non deve voltare le spalle o nascondere! Una società che non deve puntare il dito contro, ma tendere una mano. E soprattutto una società che non deve pensare che una donna che subisce violenza sia una donna senza palle! Si chiamano vittime non perché sono deboli ma perché hanno subito qualcosa che non si meritavano! Ovviamente non bastano due foto o una panchina in un giorno “x” dell’anno per risolvere il problema; forse, però, si dà loro una speranza, un pochino di forza in più, necessarie a non farle sentire sole ed abbandonate! La violenza ha mille forme e a subirne le conseguenze può essere chiunque, quindi diciamo “basta” insieme!».

LEONARDO FLORIO

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