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Cultura

Una corona per commemorare i nostri cari

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La cerimonia, in tono minore, si è svolta presso il Cimitero alla presenza di una rappresentanza delle Istituzioni civili e religiose

L’1 ed il 2 novembre, come ogni anno, sono state le giornate dedicate alla celebrazione di Ognissanti e alla commemorazione dei defunti. A proposito di quest’ultima ricorrenza, l’Amministrazione comunale ha voluto omaggiare anche quest’anno i cari estinti con la deposizione di una corona presso il Cimitero. Una cerimonia sottotono, che ha risentito delle restrizioni imposte dai protocolli anti Covid, ma non per questo meno intensa.

Presenti il sindaco Tina Resta con gli assessori Bianco, Coppi e Dell’Aera; il Comandante della Polizia Locale, dott. Raffaele Campanella, l’arciprete don Giovanni e una rappresentanza delle sezioni locali delle Associazioni Nazionale dei Bersaglieri, dell’Aeronautica e della Guardia di Finanza.

Don Giovanni: “La sfida della santità”

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Anche la chiesa ha ricordato le due importanti ricorrenze, celebrando in Chiesa Madre le Sante Messe in occasione della festa di Ognissanti e del ricordo dei fedeli defunti. Tante le riflessioni dell’Arciprete don Giovanni Amodio durante le rispettive omelie. In quella del primo novembre, egli ha parlato alla comunità del concetto di santità, definendola come una tra le tante “meraviglie” di cui Dio ci ha fatto dono. Don Giovanni, pur sottolineando i numerosi significati della santità, ha voluto evidenziarne uno in particolare: la santità, secondo il progetto di Dio, è sinonimo di “sfida”. Se si vuole diventare santi è necessario, ogni giorno, sfidarsi. Non sfidare gli altri per vedere cosa sono in grado di fare, ma sfidare se stessi, mettendosi alla prova. La santità, per noi cristiani, è darsi da fare nella vita, impegnandosi nelle relazioni e seguendo l’insegnamento di Cristo. Si diventa santi dedicando la propria vita agli altri nella piena consapevolezza che lo si può diventare a qualsiasi età, come è accaduto al caro Carlo Acutis. L’Arciprete ha messo in evidenza la difficoltà nel parlare, oggi, di santità, ai giovani in quanto lontani da Dio e dalla Chiesa. Il primo novembre è, dunque, la festa della nostra vocazione, in quanto tutti siamo destinati alla santità, ad una santità che si costruisce ogni giorno con piccoli e semplici gesti ma carichi di carità.

“La fiaccola della fede”

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Nella celebrazione eucaristica del 2 novembre, invece, la chiesa commemora i fedeli defunti. Sorge spontanea una riflessione sulla fede che illumina il cammino della nostra vita, vita che viene dunque illuminata dalla fiaccola della fede. Don Giovanni Amodio ha ribadito, nella sua omelia, il valore di questa e della luce che ci dona. La fiaccola della fede illumina i nostri passi perché ciascuno possa raggiungere la meta ma, una volta passati ad “altra vita”, la fiaccola non ha più motivo di esistere perché si è giunti nell’eternità. La luce terrena della fiaccola della fede mi permette di giungere alla luce eterna, alla luce senza fine. Questo è il significato più autentico della morte per noi cristiani ed è quanto è emerso dalle parole di don Giovanni. La riflessione dell’arciprete si è conclusa chiedendo a Dio di mantenere sempre accesa quella fiaccola nella nostra permanenza terrena perché illumini ogni istante di questa e ci permetta di raggiungere la meta adempiendo al progetto che Dio Padre ha su ciascuno di noi.

Qualche riflessione…

Se per la commemorazione dei defunti, riteniamo che non possa esserci migliore poesia de “‘A livella” di Totò, per la celebrazione di Ognissanti sarebbe meglio lasciare la parola al nostro papa Francesco, il quale, nell’Angelus di un anno fa, così si esprimeva: “[…] siamo tutti chiamati alla santità. I Santi e le Sante di ogni tempo, che oggi celebriamo tutti insieme, non sono semplicemente dei simboli, degli esseri umani lontani, irraggiungibili. Al contrario, sono persone che hanno vissuto con i piedi per terra; hanno sperimentato la fatica quotidiana dell’esistenza con i suoi successi e i suoi fallimenti, trovando nel Signore la forza di rialzarsi sempre e proseguire il cammino. Da ciò si comprende che la santità è un traguardo che non si può conseguire soltanto con le proprie forze, ma è il frutto della grazia di Dio e della nostra libera risposta a essa. Quindi la santità è dono e chiamata, […] è una vocazione comune di tutti noi cristiani, dei discepoli di Cristo; è la strada di pienezza che ogni cristiano è chiamato a percorrere nella fede, procedendo verso la meta finale: la comunione definitiva con Dio nella vita eterna. La santità diventa così risposta al dono di Dio, perché si manifesta come assunzione di responsabilità. In questa prospettiva, è importante assumere un quotidiano impegno di santificazione nelle condizioni, nei doveri e nelle circostanze della nostra vita, cercando di vivere ogni cosa con amore, con carità”.

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Questa incredibile “normalizzazione” della santità venne da Francesco introdotta già due anni prima, nel 2017, sempre in occasione dell’Angelus del 1° novembre: “Così sono i santi: respirano come tutti l’aria inquinata dal male che c’è nel mondo, ma nel cammino non perdono mai di vista il tracciato di Gesù, quello indicato nelle Beatitudini, che sono come la mappa della vita cristiana. Oggi è la festa di quelli che hanno raggiunto la meta indicata da questa mappa. Non solo i santi del calendario, ma tanti fratelli e sorelle “della porta accanto”, che magari abbiamo incontrato e conosciuto. Oggi è una festa di famiglia, di tante persone semplici e nascoste che in realtà aiutano Dio a mandare avanti il mondo”.

In un senso più laico, per ricollegarci al 2 novembre e alla commemorazione dei defunti, non sono mancati nel corso dei secoli i filosofi che hanno individuato nell’evento della morte il compimento del senso della vita; che poi vi sia o meno una nuova esistenza – si spera più paradisiaca di quella terrena – è una questione di fede: in entrambi i casi, però, è la morte, intesa come consapevolezza della finitudine del proprio tempo, a spingere la vita, sia verso scenari distruttivi che verso progettualità costruttive, spesso anche altruistiche, in odore di santità.

Se la vita terrena fosse eterna, il concetto stesso di “essere umano” così come oggi lo intendiamo avrebbe sembianze totalmente differenti e non è detto che in questa ipotetica situazione il male finisca per prevalere sul bene; forse il delirio di onnipotenza di taluni scaturisce proprio dalla consapevolezza della morte che, come una livella, è uguale per tutti.

LEONARDO FLORIO

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