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“Il sindaco Resta ha fallito e deve dimettersi”

Giannalisa Zaccheo

Giannalisa Zaccheo: “Non si vada in cerca di ‘stampelle’ in Consiglio comunale per rimanere in carica”

Prima di giudicare la portata della crisi dell’Amministrazione, il consigliere Giannalisa Zaccheo attende che emergano le reali motivazioni della perdita dei “presupposti fiduciari” tra il sindaco e la propria maggioranza. L’ipotesi avanzata dal capogruppo del gruppo misto è che il carattere “spigoloso”, addebitato al primo cittadino dagli indipendenti, potrebbe essere “un teatrino per spostare l’attenzione sul più grave atto d’accusa che emerge tra le righe della lettera della discordia”: aver fatto molte cose all’insaputa della maggioranza e aver preso “scelte non condivise” che avrebbero pregiudicato il funzionamento degli Uffici comunali.

Al netto di questo legittimo dubbio – che ci auguriamo venga sciolto dagli autori della lettera – un dato emerge con chiarezza per la Zaccheo: “Tina Resta ha fallito e deve dimettersi, salvo poi eventualmente ricandidarsi per rimettersi al giudizio politico dei suoi elettori”. Ha fallito o perché si è candidata “con le persone sbagliate” o perché ha sbagliato l’approccio al “ruolo di leader” che le è stato consegnato dai cittadini.

Un’interessante parentesi in questa intervista – che, seppur lunga, riteniamo valga la pena leggere fino in fondo – si apre sulla vociferata affinità tra il consigliere Zaccheo e Onofrio Resta, tanto da far supporre un possibile avvicinamento del professore al gruppo misto.

Come valuta la scelta del sindaco di revocare le deleghe ad assessori e consiglieri?

«Difficile dare una valutazione senza conoscere i reali motivi che hanno indotto il sindaco a tale clamoroso gesto. Nei decreti sindacali si legge che sono venuti meno i “presupposti fiduciari”. Pertanto, è chiaro che il sindaco non nutre più fiducia nei confronti di nessuno dei componenti la Giunta e dei consiglieri delegati. Diversamente, avrebbe dovuto revocare solo alcuni degli assessori e sostituirli con altri. In un primo momento ho pensato che fossero le solite beghe sulle poltrone, tuttavia, da un’attenta valutazione dei fatti, mi sono ricreduta. Dal momento che la fiducia è venuta meno “a tappeto”, possiamo dedurre solo un dato certo: Tina Resta ha fallito. Ha fallito nel candidarsi con le persone sbagliate, oppure ha fallito nel suo ruolo di leader. Certamente ha sbagliato nel metodo.

Dalla famigerata lettera dei quattro “civici” emerge un atto di accusa mosso nei confronti del sindaco per il suo carattere forte e autoritario. Alla fine, come lo stesso Onofrio Resta ha ribadito in altre interviste, gli autori della lettera non volevano sfiduciare il sindaco, volevano sollecitarlo ad assumere un atteggiamento più inclusivo nei loro confronti. Il fatto stesso che Tina Resta nelle sue ultime dichiarazioni non pronunci una sola parola di autocritica e ponga la questione solo sul piano personale “o con me, o contro di me”, fa propendere nel credere a quanto denunciato dai quattro consiglieri. Evidentemente in Giunta ha funzionato così: o si fa come dico io, o sei fuori… Ecco perché gli assessori venivano convocati alle riunioni di maggioranza un’ora prima della seduta. Dovevano limitarsi a firmare gli atti già approntati (decisi da chi?), senza un’adeguata condivisione. Tanto viene affermato dai firmatari e confermato con grande forza di carattere, nonostante la giovane età, dall’ex assessore Teresa De Carolis.

Sta di fatto che una domanda ad un attento osservatore nasce spontanea: siamo sicuri che la crisi scatenata dalla famigerata lettera sia addebitabile solo al carattere duro del sindaco? E se fosse tutto un teatrino per spostare l’attenzione sul più grave atto d’accusa che emerge tra le righe della lettera della discordia? In quel documento, infatti, ben quattro consiglieri di maggioranza, di cui il vicesindaco, il capogruppo, un assessore e il consigliere con delega alla polizia municipale e alla sicurezza – stiamo parlando di “pezzi da novanta” – lamentano che “molte cose sono state fatte senza mettere a conoscenza la maggioranza, gli assessori, il gruppo (es: problema delle aree edificabili, oneri di urbanizzazione, RUP, Lavori Pubblici e Urbanistica che vanno male anche per scelte non condivise)”. Quali sono queste “cose fatte” senza la partecipazione della maggioranza, tanto da essere la causa dei gravi problemi che affliggono questi settori? Quali “scelte non condivise” sono state adottate? Su questi punti io chiederò massima chiarezza e trasparenza, perché mi preoccupano non poco».

Ritiene che questo “rimpasto” riporterà serenità in maggioranza o è solo una “cura palliativa”?

«Dipende dalle vere cause che hanno determinato la crisi, a noi ancora oscure. Se le cause rinvengono dalla poca propensione del sindaco alla condivisione delle scelte, o se siano solo problemi di poltrone, ebbene, le cose potrebbero – uso il condizionale – appianarsi a condizione che il sindaco smussi le sue spigolosità caratteriali e “accontenti” gli scontenti con un avvicendamento di scranni. In quest’ultimo caso, sul campo di battaglia ci sarebbero dei “caduti” e ciò comunque determinerebbe ancora fibrillazioni in maggioranza. Se, però, le cause sono molto più gravi di quelle che vogliono farci credere, e quindi dipendono dalla “mala gestio” politica di questioni nevralgiche per il Comune, ebbene, la soluzione diventa quasi impossibile.

Tuttavia, mi permetta di fare un’osservazione tecnica di non poco conto, dal mio punto di vista. Da quanto emerge dalle ultime dichiarazioni del sindaco rilasciate ai giornali, appare evidente che la “prima cittadina” voglia addossare la responsabilità della tenuta politica del suo mandato di sindaco su chi questa responsabilità non ce l’ha. Mi riferisco ai consiglieri di minoranza. Pare che Tina Resta voglia sentire tutti i consiglieri, di maggioranza e di minoranza, per capire chi è “con lei e chi contro di lei” (sic!); in sostanza, si è inventata le “consultazioni consiliari” sulla falsariga delle consultazioni parlamentari necessarie per la formazione del Governo. Sta di fatto che la formazione del Governo e la nomina del sindaco si basano su presupposti elettorali e giuridici completamente diversi: il Governo viene nominato dal Presidente della Repubblica e gode della fiducia del Parlamento; il sindaco è eletto direttamente dai cittadini. L’elezione del sindaco presuppone che le scelte degli elettori cadano sulla sua squadra e sul suo programma. Se il sindaco azzera tutte le deleghe conferite ad assessori e ai consiglieri per la venuta meno dei “presupposti fiduciari”, evidentemente, come già detto poc’anzi, ha fallito e deve dimettersi, salvo poi eventualmente ricandidarsi per rimettersi al giudizio politico dei suoi elettori».

In un suo post ha affermato che spesso si vota “per parentela” o irretiti da “promesse elettorali”. Si riuscirà mai ad invertire questa tendenza?

«Questa è la domanda più difficile che potesse porgermi, perché la risposta è complessa. Mi spiego partendo da un’ulteriore domanda: cosa rende libero un uomo nelle sue scelte? L’esperienza nella vita quotidiana ci insegna che quando siamo posti dinanzi a delle scelte, prima di optare per una o per l’altra decisione, cerchiamo di conoscere bene le alternative, quindi partiamo da una serie di valutazioni che non possono prescindere da una adeguata analisi dei fatti. In poche parole, ci informiamo. Prima di mettere nelle mani di un qualsiasi professionista le sorti dei nostri interessi, cerchiamo di capire chi meglio di altri può tutelarci. Non capisco perché queste regole elementari non debbano valere per chi debba amministrare la cosa pubblica, e si voti per simpatia, amicizia o parentela, per non dire altro… Se gli elettori capissero che gli amministratori sono chiamati ad amministrare il nostro paese, e quindi a svolgere funzioni che incidono sulla nostra qualità di vita, voterebbero con maggiore responsabilità e senso critico e avremmo un paese migliore».

Si parla di un suo avvicinamento al Prof. Onofrio Resta. Il Gruppo Misto potrebbe diventare più numeroso?

«Nei confronti di Onofrio Resta nutro una stima incondizionata, nonostante gli scontri dialettici che hanno caratterizzato i nostri interventi in Consiglio. Da un mio punto di vista è stato un bravo sindaco. Si dimise perché aveva capito che di lì a poco sarebbe stato “sfiduciato” in quanto vittima di pressioni politiche provenienti da soggetti esterni al Consiglio. In quella circostanza Onofrio Resta non azzerò totalmente la Giunta, ma revocò solo alcuni assessori; non andò in cerca di stampelle in Consiglio comunale, come sembra voglia fare Tina Resta, per rimanere in carica. Ad un certo punto si assunse la responsabilità del proprio fallimento, perché se un sindaco non riesce a mantenere unita la squadra, la responsabilità è al novanta per cento del caposquadra… Non fece leva sul senso di colpa dei consiglieri, anche di minoranza, per rimanere in carica. L’unico rimprovero che mi sento di muovergli, tuttavia, è che si è candidato proprio in quella lista influenzata da quegli stessi soggetti esterni che lo fecero cadere e che ancora oggi esercitano una forte pressione all’interno della più alta assise comunale. Senza dubbio, a differenza di altri, Onofrio Resta ci ha messo la faccia. Non è da tutti candidarsi a semplice consigliere dopo essere stato sindaco di un paese. Ha creduto che il lupo perde il vizio. Doveva sapere che il lupo perde sempre e solo il pelo.

Detto questo, se i rapporti tra Onofrio Resta e la maggioranza si dimostrassero davvero insanabili, inevitabilmente passerebbe tra i banchi dell’opposizione. A quel punto, se ci sarà comunione di intenti, potremmo collaborare, diversamente le nostre strade continueranno a viaggiare parallele».

Cambiando argomento, perché ha deciso di fare un passo indietro rispetto al Comitato Centro Storico?

«Non le nascondo che la mia è stata una decisione impulsiva, mossa dalla nausea che ho provato nel riscontrare il livello di polemica e conflittualità tra gli iscritti del gruppo Facebook. Il Comitato non è ancora nato e già si sta polemizzando sul nulla… La tempesta nel bicchiere d’acqua è sorta sulla questione “politici sì, politici no” nel direttivo e finanche nel Comitato. Comprendo il sentimento di sfiducia degli elettori nei confronti della politica che spesso non è in grado di dare risposte concrete ai problemi reali della gente. Tuttavia, mi preme evidenziare che la politica, nell’accezione più autentica del termine, dovrebbe partire proprio dalle istanze della gente, e i politici, soprattutto quelli locali, devono partecipare a tutte le iniziative che sono frutto di queste istanze. Un consigliere comunale prima di tutto è un cittadino del Comune che è chiamato in parte a rappresentare. Non vive sulla luna. Vive sulla propria pelle i problemi del paese e decide di dedicare gran parte del proprio tempo per cercare la soluzione a quei problemi, che sono anche i suoi. Tra l’altro, vorrei evidenziare che ogni qualvolta ci si occupa di interessi collettivi si svolge attività politica. Se poi gli eletti non sono in grado di soddisfare tali esigenze, dimostrano di non essere all’altezza dei ruoli che sono chiamati a ricoprire. Ma se sono così tanto incapaci, perché mai ci ritroviamo sempre gli stessi personaggi a ricoprire quelle cariche? Di chi è la responsabilità? Non vorrei sembrare eccessivamente severa nei confronti dei miei concittadini, ma forse tutti noi dobbiamo riconoscere che, in qualità di elettori, gran parte della responsabilità ricade su noi stessi, proprio per quel ragionamento fatto in risposta ad una sua precedente domanda. Ciò nonostante, al momento mi faccio da parte; seguirò il gruppo e apporterò il mio contributo come semplice osservatore».

Fabio D’Aprile

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