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Il maltempo non risparmia le ‘Ferrovie’

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Tonio Palmisano: “Al danno delle ciliegie martoriate dalla pioggia si aggiunge la beffa dei prezzi”.
“Rischiamo di non riuscire a concludere questa annata cerasicola”

I violenti nubifragi che si sono abbattuti nel fine settimana hanno dato l’ultima spallata all’annata cerasicola, in un crescendo di difficoltà che hanno finito per lasciare senza fiato gli agricoltori.

ciliegie spaccate (2)

Una corsa ad ostacoli, tra Covid e maltempo, in cui ci siamo fatti guidare da Tonio Palmisano: «Quando le calamità naturali colpiscono – commenta – il produttore viene ferito due volte: al danno causato alle ciliegie che subiscono il cosiddetto “spacco”, si aggiunge la beffa del calo del prezzo di vendita. Chi acquista, infatti, calcola il prezzo finale sottraendo dalla quotazione che c’era prima della calamità la percentuale media delle ciliegie che dovranno essere scartate». Insomma, si produce e si guadagna meno, eppure i costi di raccolta aumentano esponenzialmente.

UNA STIMA DEI DANNI

«La premessa – esordisce Palmisano – è che la produzione delle ‘Ferrovie’ era stata già fortemente intaccata dalle gelate di marzo, che ne avevano dimezzato la quantità rispetto all’ultimo anno. Con le piogge dello scorso fine settimana, abbiamo subìto un’ulteriore pesante perdita che si aggira intorno al 35% nei ciliegeti in cui la raccolta era già a buon punto, toccando punte del 70% in quei campi dove il frutto stava maturando proprio in quei giorni».

«Il rischio concreto, in considerazione anche di altre potenziali piogge, è di non riuscire a portare a termine la campagna cerasicola. Un vero peccato perché, confrontandomi anche con i grandi commercianti che vendono il nostro prodotto, questa si profilava come un’annata straordinaria: prezzi buoni per tutti e ciliegia eccellente per calibro e qualità».

“EFFETTO DOMINO”

ciliegie selezione (1)

Ci spostiamo virtualmente sui campi per immortalare come si organizza la raccolta dopo la pioggia. «Va detto – precisa Palmisano – che le ciliegie danneggiate vanno comunque raccolte: non conviene lasciarle sugli alberi perché diventerebbero incubatrici di insetti e muffe che potrebbero compromettere le future annate. Inoltre, poiché la ciliegia non si trova su ramo nudo ma è sempre coperta dalle foglie, non si ha la possibilità di analizzare il frutto mentre lo si raccoglie».

L’operaio, con l’automatismo di chi conosce il mestiere a memoria, raccoglie il ciuffo di ciliegie e poi passa il testimone a una seconda squadra, composta da una media di quattro persone, cui spetta il compito di stendere il frutto appena raccolto su un banco e iniziare con pazienza a separare manualmente le ciliegie sane da quelle ‘spaccate’. «Una proceduta – denuncia Palmisano – che porta comprensibilmente a un aumento dei costi di manodopera, in quanto una parte degli operai impiegati nella raccolta va utilizzata per la vagliatura. Costi che nessuno ci ripaga». «Segue poi una seconda selezione che avviene al momento della vendita: attraverso le macchine che esaminano le ciliegie per calibro, colore e difetti, si ha una scrematura aggiuntiva del 20%».

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Si innesca, in definitiva, un devastante “effetto domino” che, come dicevamo in premessa, ferisce due volte l’agricoltore, costretto a soggiacere all’equazione perversa “minor prezzo, maggiori costi”.

Che fine fanno le ciliegie ‘spaccate’?

«In genere vengono smaltite nelle stesse campagne; in minima parte sono acquistate da alcuni commercianti a pochi centesimi – attualmente si parla di 20 centesimi al chilo – per accontentare i clienti che le richiedono per la preparazione di marmellate o dolci».

L’annata delle ‘ferrovie’ sì può considerare conclusa?

«A Turi abbiamo ancora qualche altro giorno prima di chiudere la raccolta di quelle poche ciliegie che si sono salvate; nelle “zone fredde”, quindi l’agro di Putignano, Acquaviva e Gioia del Colle, si continuerà ancora per una decina di giorni, salvo ulteriori precipitazioni».

COME “DIFENDERSI DAL CIELO”

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Non c’è annata cerasicola che non sia funestata da pioggia, grandine o altri ‘accidenti’ meteorologici. Quelli che ieri erano rubricati come “imprevisti”, oggi, complice la tropicalizzazione del clima, sono una costante: ci sarà un modo per difendersi dalle avversità del cielo?

«L’unico modo – risponde Palmisano – è investire nelle coperture dei ciliegeti. Tuttavia, i costi sono altissimi: le stime vanno da 50 a 100 mila euro per ettaro, a seconda della struttura che si vuole creare per difendersi dalle varie calamità. Un investimento che, purtroppo, non incide sul valore del prodotto, aumentandone il prezzo di vendita, e dunque non può essere ammortizzato nel tempo. Ecco perché sarebbe auspicabile un intervento operativo di ammodernamento, finanziato attraverso le misure comunitarie. Penso al PSR (Piano di Sviluppo Rurale), uno strumento di programmazione di ampio respiro che, qualora la politica regionale iniziasse a essere più attenta alle nostre istanze, potrebbe giovare all’intero settore agricolo e, di riflesso, all’economia locale e nazionale. Perché non va dimenticato che, senza retorica, l’agricoltura continua ad essere il settore produttivo trainante: assicuriamo un impiego a migliaia di famiglie, in cambio riceviamo una regolamentazione che ci tratta come “criminali della terra” e una burocrazia che soffoca qualsiasi entusiasmo di proseguire questo duro lavoro».

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Perché si preferisce investire nella copertura dei vigneti e non in quella dei ciliegeti?

«La produttività di un vigneto è almeno quattro volte superiore a quella di un ciliegeto e il possibile guadagno dalla commercializzazione del prodotto è nettamente maggiore. Infatti, i prezzi di vendita delle ciliegie che abbiamo registrato quest’anno non fanno testo: sono stati straordinari giacché si è avuta una diminuzione della produzione non solo a livello locale ma anche globale, in quanto anche i nostri competitor spagnoli e greci hanno vissuto le nostre stesse difficoltà. In media facciamo i conti con cifre molto più basse».

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Sugli esigui margini di guadagno calza a pennello l’attuale stato del mercato: «All’inizio della settimana, i prezzi oscillavano da 2,00 euro a 2,80 euro al chilo. Con questa cifra, tolte le spese per pagare gli operari, ci resta “un caffè”. Qualcuno potrebbe dire che è una fortuna ma, in realtà, un cerasicoltore non può permettersi di “accontentarsi” di guadagnare la giornata perché si prende cura della ciliegia, come di ogni altro prodotto, per un anno intero, affrontando a proprie spese una serie di investimenti: dalle potature alle varie innaffiature, dalle concimazioni ai trattamenti fitosanitari, dall’agronomo che segue lo stato di salute delle piante alle spese burocratiche cui si deve ottemperare. Senza contare il maggiore acquisto di DPI che abbiamo dovuto sostenere a causa del Coronavirus».

DURONCINE, UNA VARIETÀ QUASI ESTINTA

Chiudiamo la nostra ricognizione, con un cenno alle “Duroncine”, una delle varietà tardive su cui però, ascoltando Palmisano, c’è molto poco da scommettere: «Come la ‘Forlì’, la ‘Duroncina’ è ormai quasi estinta nelle nostre campagne: il cerasicoltore turese negli anni ha puntato a un prodotto di qualità superiore e molte di queste piante sono state reinnestate con cultivar nuove o autoctone. Si possono trovare ancora nel comprensorio di Castellana, Putignano e Alberobello, dove si è scelto di continuare a investire nelle ciliegia da industria. Ad ogni modo, considerando il mercato, l’impresa non vale la spesa».

Fabio D’Aprile

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