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Vito Domenico Zita, medaglia al valore turese nell’Esercito Usa

I fratelli Zita in America. Domenico a sinistra, mentre Vito Domenico probabilmente a destra

Salvò numerosi commilitoni feriti prima di morire ventiseienne nella battaglia di Fismes e Fismettes (1918); suo nipote Fabio Zita vorrebbe una via a lui intitolata

Dopo l’incursione nelle pagine del romanzo di Domingo Rossi, ci soffermiamo sul volume scritto da Fabio Zita. “Un eroe italo-americano – Soldato Vito Domenico Zita, Distinguished Service Cross al valore” salda la passione per la storia moderna con la ricerca delle proprie radici familiari, la cui identità spesso si intreccia con la storia dell’America di inizio Novecento, “terra promessa” per tanti italiani in cerca di fortuna.

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«Il libro – spiega Fabio Zita – essenzialmente ad uso privato e familiare, si propone di presentare la vita di mio zio Vito Domenico Zita, fratello di mio nonno paterno, e le vicende che lo hanno portato, lontano dalla nativa Turi, a meritarsi da eroe una medaglia al valore combattendo con l’esercito degli Stati Uniti durante la Prima Guerra Mondiale. Le poche copie che ho fatto stampare, una decina, sono state distribuite tra noi familiari in Italia e negli Stati Uniti. Dello zio sapevo solo che era deceduto nel primo conflitto bellico ed il suo nome compare, assieme ad altri tre turesi caduti con l’esercito americano, su una lapide del nostro Monumento ai Caduti. Non riesco nemmeno a identificarlo correttamente in quanto l’unica foto in mio possesso lo ritrae con il fratello, che riconosco, ed un amico negli Stati Uniti. Anche l’attestato e la medaglia ricevuti sono scomparsi. La memoria familiare era svanita con il trascorrere del tempo e ho preso a cuore questa storia, l’ho portata avanti con alcune difficoltà ma con grande entusiasmo restituendo così una identità a zio Vito Domenico».

«Affrontare la vita di zio Vito Domenico – prosegue – è stato come intraprendere un viaggio alla sua scoperta, ripetere lo stesso percorso che egli ha compiuto più di un secolo fa, un passo dopo l’altro, una pagina dopo l’altra frutto di un lungo e capillare lavoro di ricerca, di traduzione, di verifica sull’attendibilità delle informazioni cercando aiuti e conferme sulle notizie trovate: emigrante italiano, soldato americano, eroe di guerra. Questo lavoro, che dedico a mia figlia Chiara, affinché possa perpetuare il ricordo familiare con lo stesso amore e la stessa passione, è iniziato in occasione delle cerimonie di commemorazione del centenario della fine della Prima Guerra Mondiale, ed è giunto a termine il 2 marzo 2020, e mi fa piacere sottolinearlo, nella ricorrenza del 110° anniversario del giorno di arrivo di mio zio negli Stati Uniti, sua nuova patria. Una coincidenza che rende ancora più toccante e profondo il suo ricordo».

IN VIAGGIO VERSO LA SPERANZA

Iniziamo ad esplorare l’affascinante storia di Vito Domenico Zita con una sua breve biografia: «Nacque a Turi il 1° gennaio 1892 in via Forno D’Addante, 45. Secondo di cinque figli di una famiglia di umili origini, il padre era piccolo agricoltore e posatore di pietre per muretti a secco e piccole abitazioni di campagna. Egli era il fratello di mio nonno paterno. Il mio bisnonno Giuseppangelo Zita (1862 – 1946) sposò Vita Giovanna Di Bari (1860 – 1938) ed ebbero cinque figli: Domenico (1888 – 1963), Vito Domenico, il protagonista del libro, (1892 – 1918), Angela Caterina (1895 – 1907), Francesco (1898 – 1983) e Vito, mio nonno (1901 – 1965)».

Come mai si trovava in America?

«Furono molte centinaia i turesi che soprattutto nella prima parte del XX secolo lasciarono il proprio paese per recarsi negli Stati Uniti. Gran parte della popolazione viveva nella miseria, senza alcuna possibilità di migliorare la propria condizione sociale e, per la maggior parte, non avendo sufficienti possibilità economiche. Chi emigrava aveva come unica speranza quella di migliorare la propria condizione economica e quella dei familiari. Si lasciava l’Italia per cercare un’esistenza migliore, abbandonando il proprio paese, la famiglia, la casa, il lavoro dei campi e conservando nei ricordi le proprie tradizioni, la propria cultura e la propria lingua. Mio zio Vito Domenico emigrò appena diciottenne nel 1910. Suo fratello primogenito Domenico era emigrato, sempre negli Stati Uniti, tre anni prima. Vito Domenico si imbarcò a Napoli sul piroscafo “Sannio” il 13 febbraio 1910 in direzione Boston (e non verso la più conosciuta Ellis Island, New York) e qui vi giunse il 2 marzo dopo un viaggio, come avveniva in quel periodo, vissuto in condizioni igienico-sanitarie e di sicurezza precarie. Una prima serie di controlli veniva effettuata prima dell’imbarco. Quelli all’arrivo, invece, un lungo e severissimo ciclo di visite mediche e ispezioni, avevano lo scopo di esaminare il passeggero ed il rispetto di tutte le condizioni richieste per il suo accesso negli Stati Uniti e duravano dalle 3 alle 5 ore per concludersi con i famosi Registri di sbarco e le relative 29 voci da compilare».

Che lavoro faceva?

«Vito Domenico si trasferì presto a New York, non restando a New Britain, nel Connecticut, dove risiedeva il fratello maggiore. Egli si stabilì al 153 di Harbor’s Road nel quartiere di Mariners Harbor a Staten Island, presso una boarding house (pensione a conduzione familiare) insieme a diversi altri italiani che, come lui, trovarono impiego come operai presso la Procter & Gamble, colosso dei beni di largo consumo di Cincinnati che aveva uno stabilimento a Port Ivory, nel distretto di Staten Island, specializzato nella produzione di saponette. Vito Domenico, al momento dell’arruolamento, non era sposato mentre suo fratello Domenico, nel Connecticut, si era sposato con la connazionale Rosa Coppola, dalla quale ebbe cinque figli maschi ed i cui discendenti sono oggi sparsi in tutti gli Stati Uniti e anche in Canada».

LA CHIAMATA ALLE ARMI

Come mai entrò a far parte dell’esercito? “Dominick Zito”, perché?

«Quando nell’aprile del 1917 gli Stati Uniti entrarono in guerra, il Congresso istituì il Selective Service Act, il servizio militare obbligatorio per far fronte alle nuove esigenze belliche. La coscrizione obbligatoria nelle liste di leva coinvolgeva tutti gli uomini, cittadini e non, di età compresa tra i ventuno e i trent’anni (in seguito estesi alla fascia 18-45 anni), ben 2.800.000 uomini. L’attuazione del decreto che istituiva l’American Expeditionary Forces coinvolse anche Vito Domenico. Egli si presentò presso uno dei quattro uffici allestiti a Staten Island, al 187 di Port Richmond, e dopo poche settimane seppe di essere stato ritenuto idoneo. Di conseguenza venne arruolato con il nome americanizzato di Dominick Zito (in seguito alla sua firma autografa posta sul documento di iscrizione nelle liste di leva) e con il numero di matricola (Army Serial Number) 1708792. Vito Domenico prese servizio il 23 settembre 1917, inquadrato inizialmente nella compagnia F del 308° Reggimento di Fanteria assegnata alla 77ª Divisione (chiamata anche “Metropolitan Division” o “Liberty Division” per sottolineare la provenienza newyorchese) il cui lungo e impegnativo addestramento fu organizzato a Camp Upton, presso la cittadina di Yaphank, contea di Suffolk, Long Island, New York. Alla fine del successivo mese di marzo 1918 la truppa lasciò il suo Quartier Generale e salpò dal porto di New York alla volta dell’Europa per essere utilizzata nelle operazioni belliche sul suolo francese».

La lapide su cui è inciso il nome Zito Dominick

L’IRON DIVISION

«Vito Domenico non seguì la sua Divisione in Europa ma rimase a Camp Upton, con mansioni presso la 9ª, la 16ª e la 40ª compagnia della Depot Brigade, che aveva il compito di accogliere, equipaggiare e formare le reclute da inviare al fronte. Il 3 maggio venne, infine, assegnato al Quartier Generale del 111° Reggimento di Fanteria, che faceva parte della 28ª Divisione (definita in seguito “Iron Division” per il valoroso ardimento mostrato sui campi di battaglia). Il 5 maggio 1918 il 111° raggiunse il porto di New York dove era in attesa il transatlantico R.M.S. “Olympic”, la nave gemella del famoso “Titanic”, adibito al trasporto delle truppe americane al di là dell’Atlantico. Dopo una settimana di navigazione tranquilla, la mattina del 12 maggio, nel canale della Manica, l’Olympic incrociò il sottomarino tedesco U-103. Approfittando del fatto che, per un guasto, il sottomarino non era riuscito a lanciare i siluri per primo, l’Olympic riuscì nella incredibile impresa, più unica che rara, di speronare il sommergibile tedesco facendolo colare a picco. Scampato il pericolo l’Olympic arrivò a Southampton in Inghilterra e il suo equipaggio fu successivamente trasferito sul territorio francese per un ulteriore addestramento, affiancato dagli inglesi. L’imponente controffensiva messa in atto dai tedeschi accelerò l’utilizzo anche del 111° di Fanteria, di cui faceva parte Vito Domenico, inquadrato nella Compagnia M. Egli prese parte alle battaglie di Essômes e di Épieds nei pressi di Château-Thierry che segnarono il punto di svolta del conflitto e portarono ad un imponente ripiegamento tedesco. La linea del fronte si spostò così via via fino ai dintorni di Fismes e Fismette, lungo la Vesle».

LA MORTE IN BATTAGLIA A FISMES E FISMETTES

Cimitero americano Fere-en-Tardenois

«La vita di Vito Domenico Zita si interruppe il pomeriggio di domenica 11 agosto 1918, durante gli scontri nelle vicinanze del villaggio diroccato di Fismette. La battaglia nei dintorni delle località di Fismes e Fismette è nota per la sua estrema violenza nei combattimenti strada per strada, per la presenza di truppe di assalto e per l’uso dei lanciafiamme. Per ben cinque volte i paesi vennero persi e riconquistati dagli Alleati, prima di prenderne definitivamente possesso. Qui si distinse Vito Domenico Zita: il giorno 10 agosto 1918 il soldato Zita per tre volte, volontariamente e in solitaria, trasportò numerosi commilitoni feriti all’ospedale da campo. Ogni escursione era eseguita sotto un intenso fuoco nemico e tuttavia egli, senza esitare, compiva la sua azione e ritornava alla propria postazione. L’11 di agosto, mentre aiutava altri tre uomini nel trasportare un commilitone seriamente ferito presso l’ospedale da campo, uno di essi rimase colpito a morte e gli altri costretti a ripararsi da un intenso fuoco di mitragliatrice ma il soldato Zita da solo trasportò il ferito in zona di rifugio dal quale venne poi evacuato la stessa notte. Egli venne colpito a morte nel pomeriggio mentre si trovava nella prima linea del fronte di attacco. Sulla base di questa motivazione gli fu riconosciuta l’assegnazione della Distinguished Service Cross».

Quando gli è stata riconosciuta questa medaglia al valore?

«Vito Domenico venne decorato postumo, con conferimento N. 46 del 1919 del ministero della Guerra, con la Distinguished Service Cross, seconda alta onorificenza dell’esercito americano dopo la Medaglia d’Onore e assegnata alla persona che, in servizio, si è distinta per ardimento, straordinario eroismo ed estremo rischio della vita in combattimento contro forze armate nemiche. Il suo triste e doloroso atto di morte fu trascritto presso l’anagrafe della Casa comunale di Turi il 30 marzo 1921 da parte della mia bisnonna ed alla presenza di un testimone, in seguito alla comunicazione del certificato di morte inviato dall’Ufficio dell’Aiutante Generale del Segretario al Dipartimento di Guerra di Washington tradotto dalla lingua inglese il 21 febbraio precedente».

La consegna dell'attestato in occasione del Giubileo Forze Armate

Perché è stato seppellito in Francia? La tua famiglia si è mai recata lì per andare ad omaggiare la tomba?

«Il suo corpo venne recuperato dopo la battaglia e tumulato in loco, fino all’istituzione dei cimiteri militari americani negli anni Trenta quando la sua salma venne riesumata e collocata con il nome americanizzato di Zito Dominick, nel cimitero americano della Oise-Aisne a Fère-en-Tardenois. È tumulato tra i soldati non identificati, talmente era irriconoscibile. Ora che ho da poco scoperto la sua esatta sepoltura, il mio desiderio più grande è, appunto, quello di recarmi in Francia per rendergli un doveroso e compassionevole omaggio. Ad ottobre 2018, in occasione del Giubileo oronziano delle Forze Armate, il comitato organizzatore del centenario della Prima Guerra Mondiale ha consegnato a noi familiari un attestato in sua memoria. Il 5 marzo scorso inoltre, a nome della famiglia, ho presentato al Sindaco e alla Giunta Comunale la proposta di intitolazione di una nuova strada, piazza o altro luogo pubblico a mio zio Vito Domenico con la motivazione, la documentazione e tutte le informazioni necessarie nella speranza che prima o poi venga accolta favorevolmente».

LEONARDO FLORIO

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