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Il “Pàssa pàsse”: una storia lunga 4000 anni

Il 'passa passa' celebrato da Don Donato Totire (1969) - Foto Leo Dell'Aera

Nella tesi di Angela Minoia, tutta l’evoluzione antropologica del rito arrivato a Turi nel 1903 per curare “u’ guè de la Madònne”

Com’è ormai noto ai nostri lettori più affezionati, da alcuni mesi, con cadenza variabile, dedichiamo spazio alle tesi di laurea, alle ricerche e ai papers scientifici inerenti alla nostra città e/o realizzati da dottori e ricercatori turesi di qualsiasi facoltà ed ambito.

Quest’oggi, invece, torniamo a parlare della dott.ssa Angela Minoia, la prima intervistata in questa rubrica accademica inaugurata, proprio con lei, lo scorso 19 Settembre. La nostra concittadina, infatti, ha conseguito due lauree: prima in Lettere e Filosofia e poi in Scienze dell’Educazione e della Formazione. In entrambi i casi i suoi lavori di tesi hanno attinto dalla realtà turese.

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Sette mesi fa, infatti, prendevamo in esame “Don Bosco: Padre e Maestro della Gioventù”, un lavoro realizzato nell’ambito della Storia della Pedagogia, nelle cui conclusioni viene messo in luce un parallelismo tra il fondatore della congregazione dei Salesiani ed il compianto Don Giovanni Cipriani: «Il sacerdote turese, infatti, sulle orme dell’omonimo maestro fondatore dei Salesiani – scrivevamo – impegnò la sua esistenza nell’edificazione strutturale e spirituale dell’Oratorio della parrocchia intitolata a Maria SS. Ausiliatrice: in particolare, stando ai dati recuperati con perizia dalla stessa Minoia, a maggio del 1952 fu firmato il compromesso di acquisto del primo lotto per erigere l’Oratorio, tra lo stesso Don Giovanni e la marchesa Fiorenza Hustel, vedova Venusio-Incoronati».

Ebbene, venendo al presente, la nostra intervistata torna non casualmente in questo spazio del nostro settimanale: con lei, infatti, andremo adesso ad approfondire il “Pàssa pàsse”, una delle più sentite ritualità religiose della nostra città; nell’impossibilità di potervi assistere quest’anno di persona, vogliamo proporre con il racconto della dott.ssa Minoia un modo diverso di vivere il “Pàssa pàsse”, ossia conoscendolo dalle sue origini più ancestrali, nella sua genesi antropologica e nella sua storicità evolutiva: grazie alla ricerca della nostra concittadina, infatti, attraverseremo epoche, popolazioni e diverse regioni europee, fino ad arrivare a Turi, o meglio alla caratterizzazione turese del “Pàssa pàsse”, anch’essa non esente da alcune trasformazioni interne, ancora una volta ricostruite grazie al pregevole lavoro della dott.ssa Minoia.

UN CULTO ANCESTRALE E DEMONIACO

«Il Passa passa – racconta – detto anche “passata” è la sopravvivenza di un antico rituale magico-religioso legato alla prevenzione e alla cura dell’ernia infantile maschile. Se vogliamo risalire all’origine storica del cerimoniale, uno dei testi da tener presente è una prescrizione magica hittita presente su una delle tavolette di argilla di Boghzkoy, databili, fra il 1800 e il 1200 a.C. Tra le fonti classiche, invece, troviamo un passo di Catone in cui si consiglia questo rituale come cura contro una slogatura o lussazione; negli “Additamenta” di Theodori Prisciani, alla voce De “Herniosis”, si legge: “Cerca un ramo largo e novello di qualsiasi albero, fendilo e fa’ passare nella fenditura il bambino affetto da ernia. Poi ricomponilo e legalo e, quando il ramo comincerà a riassettarsi, il bambino guarirà”. Nel Medioevo il rito si diffuse così tanto da allertare la Chiesa e costringerla a introdurlo tra le “superstitiones” e i “maleficia”, nonché a bollarlo come manifestazione di culto demoniaco».

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L’AMNISTIA E LA RIVALUTAZIONE DELLA CHIESA

«Superato il periodo delle condanne, la pratica si cristianizza con l’affidamento ad alcuni Santi o ad alcune festività del calendario liturgico, come S. Giovanni, la Madonna Annunziata, la Madonna del Lago, la Madonna di Costantinopoli e alla festa dell’Invenzione della Croce. Ebbene la diffusione della ritualità per l’ernia è largamente documentata in vari paesi d’Europa: nel 1897 Feilberg trova delle testimonianze nel territorio scandinavo, dove la terapia era attuata per l’ernia e per il rachitismo, malformazioni ossee ed epilessia. La pratica si faceva sui sagrati delle chiese prima del sorgere del sole o al tramonto: si preferiva un bosco nel punto d’incontro di tre sentieri e si utilizzavano rami di quercia e di salice. In Inghilterra, invece, il museo di Taunton conservava due esemplari di giovani frassini tagliati per farvi passare i bambini afflitti da ernia congenita. Per quanto riguarda il territorio tedesco, la cerimonia si svolgeva il 23 Giugno alla vigilia di San Giovanni Battista: tre uomini di nome Giovanni dovevano tener aperta la fenditura attraverso cui doveva passarvi il bambino; altre testimonianze di questo rito si rinvengono anche in Polonia, in Grecia e Armenia. In Italia, il rito è largamente diffuso in molte regioni da Nord a Sud: in Liguria, si fendeva per metà un albero di noce e si allargavano i due pezzi per far passare il fanciullo per tre volte; in Toscana, veniva invece spaccato un querciolo; tracce di questo rito si rinvengono anche in Umbria, Marche, nel santuario abruzzese di Scanno, o in Campania, nei pressi di Napoli, più specificatamente nella zona della Madonna dell’Arco. Anche in Puglia sono numerosi i centri cittadini in cui, ognuno con la propria caratteristica declinazione, si svolge questa pratica rituale: Cerignola (FG), Martano (LE), Noicattaro, Molfetta, Valenzano, Noci, Rutigliano, Gioia del Colle e Turi».

“U’ GUÈ DE LA MADÒNNE”

«Da noi il “Passa passa” si svolge dal 1903, anno in cui i turesi hanno incominciato a disertare i rituali di Gioia del Colle e Rutigliano, preferendo riunirsi intorno alla cappella di S. Rocco. Il nostro è stato, specie in passato, un popolo di lavoratori sottoposto a duri sforzi fisici: vi era dunque una predisposizione all’ernia, chiamata “u’ guè de la Madònne”; alla Madonna e alla sua materna protezione, i turesi affidavano e affidano tutt’ora, seguendo la sequenza tradizionale, i propri bambini. La Confraternita dell’Addolorata si posiziona all’inizio del corteo processionale, poi segue l’immagine della Madonna Annunziata e, dietro di essa, incolonnati per due, procedono i padrini e le madrine dei bambini coinvolti nel rituale. Il sacerdote guida il canto e si recita il rosario che occupa esattamente il tempo di percorrere i tre giri intorno alla chiesetta: e così, passo dopo passo (da qui deriva il termine Passa passa), un grande anello di piccoli e adulti invoca la protezione della Madonna».

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LE TRE MADONNE DEL PASSA PASSA TURESE

«Nei primi anni si svolgeva il 25 Marzo, giorno in cui si festeggia la Madonna Annunziata, ma poiché spesso in quel periodo faceva molto freddo e la data coincideva in periodo di Quaresima, don Donato Totire la fissò nel 1950 al 25 Aprile, approfittando della festa nazionale. Dal primo Passa passa si sono succedute ben tre statue dell’Annunziata: con il passare degli anni, la prima statua, quella “vestita”, si deteriorò; la seconda immagine fu acquistata subito dopo, ma anch’essa si deteriorò e venne custodita in una masseria di proprietà di un avvocato di Putignano. La terza statua, quella attuale, fu commissionata nel 1965 da don Donato Totire e scolpita in legno cirmolo alpestre da Luigi Santifaller di Ortisei. E’ scolpita in un grande tronco ad alto rilievo: raffigura l’Annunziata, l’Arcangelo Gabriele e lo Spirito Santo sotto forma di una colomba».

I BAMBINI, LA MADRINA E IL PADRINO

«I bambini che partecipano al rito hanno varie età, ma di solito il primo anno di Passa passa si fa coincidere con il terzo anno di vita: indossano al braccio o a tracolla, uno, due o tre (a seconda dell’anno di esecuzione) nastrini colorati regalati dal padrino o dalla madrina. Al terzo, ovvero l’ultimo anno di partecipazione consecutiva, oltre al pranzo con la madrina o il padrino, c’è lo scambio dei regali, come anche lo scambio del dolce tipico turese: la faldacchèa».

UN PEZZO DI IDENTITÀ COLLETTIVA

Dopo aver conseguito la laurea, un riassunto della tesi della dott.ssa Minoia venne pubblicato all’interno di “Sulle tracce” n.8/2005, pp. 116-125, Centro studi di Storia e Cultura di Turi, Vito Radio Editore: un così importante documento di antropologia culturale e sociale merita tutte le attenzioni possibili dei turesi che hanno interesse ad approfondire meglio la propria identità collettiva, attraverso la conoscenza di uno dei riti più importanti e caratteristici che si tengono a Turi. In ultimo, è interessante inoltre notare quanto una tradizione che considereremmo facilmente locale, abbia ignorati i confini del tempo e attraversato, nel tempo, aree geografiche enormemente distanti rispetto a quelli turesi.

LEONARDO FLORIO

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