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Terza laurea, questa volta “in pantofole”, per la dott.ssa D’Alessandro

Luisa D’Alessandro (1)

Si laurea con una tesi sull’analisi del DNA di 544 individui dell’Africa Orientale, discussa in seduta telematica lo scorso 18 marzo

Com’è ormai noto ai nostri “aficionados”, di tanto in tanto su queste colonne dedichiamo spazio alle tesi di laurea, alle ricerche e ai papers scientifici inerenti alla nostra città e/o realizzati da dottori e ricercatori turesi di qualsiasi facoltà ed ambito. Nelle puntate precedenti, ci siamo occupati di pedagogia, storia, comunicazione, sport, fisica, medicina, ingegneria e turismo grazie alle tesi di Angela Minoia, Alessandra Alfonso, Arianna Rizzi, Daniele Lerede, Silvia De Tomaso, Giuseppe Sabino, Davide De Tomaso, Christian Roccotelli e Giulia Palmisano. Ognuno di questi articoli è sempre disponibile su www.turiweb.it.

Luisa D’Alessandro (2)

COME IN UNA PUNTATA DI CSI

Quest’oggi è la volta di Luisa D’Alessandro, militare turese d’adozione classe ’87, laureatasi lo scorso 18 Marzo in Biotecnologie Genomiche, Industriali ed Ambientali presso l’Università “Sapienza” di Roma con una tesi intitolata “Analisi genetico-forense di popolazioni dell’Africa Orientale”. Dopo una laurea triennale in Biotecnologie per l’innovazione dei processi e dei prodotti conseguita all’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” ed un’altra triennale in Scienze giuridiche della sicurezza ottenuta alla “Tor Vergata” di Roma, la dott.ssa D’Alessandro ha coronato la sua doppia formazione in campo scientifico e forense, andando ad approfondire le biotecnologie genomiche applicate per l’appunto al mondo forense. Quanto segue, oltre ad essere senza dubbio il lavoro di tesi più complesso sinora riportato in questo spazio, è certamente tra i più suggestivi ed affascinanti; l’auspicio è che il lettore possa districarsi tra i concetti ad alto livello tecnico di seguito proposti, per addentrarsi in uno studio che pare essere tratto da un’avvincente puntata di CSI.

I MICROSATELLITI PER TRACCIARE UN PROFILO DEL DNA

Negli studi di genetica di popolazione e nella genetica forense, attraverso lo studio dei cosiddetti “microsatelliti”, è possibile creare un profilo del DNA (DNA profiling o impronta genetica) grazie al quale è possibile individuare un soggetto, magari nell’ambito di indagini volte a rintracciare l’autore di un reato. Non per altro, come tutti ormai sappiamo, l’analisi delle tracce di DNA rappresenta uno strumento spesso decisivo: nel caso di omicidi, violenze sessuali, aggressioni, si può infatti confrontare l’impronta genetica del sospettato con l’impronta genetica ottenuta da tracce di materiale biologico (saliva, capelli, sperma, pelle, ecc.) rinvenuto nel luogo dove si è consumato il misfatto.

Al di là dell’ambito strettamente forense, come detto poc’anzi, il DNA profiling trova applicazione anche negli studi di genetica di popolazione, quando ad esempio si vuole delineare un albero genealogico ricostruendo uno o più gradi di parentela. Insomma, tutto è scritto nel nostro DNA, scomponibile in 3,2 miliardi di paia di basi azotate a loro volta identificabili nei 20mila geni contenuti nelle 23 coppie di cromosomi che strutturano il nostro genoma (o, se preferite patrimonio, genetico). Ognuno dei geni ha in sé una porzione genetica che codifica per creare una proteina o un RNA funzionale ed una parte che, invece, è non codificante. Su quest’ultima sono ad oggi tantissimi gli studi che provano a far luce, anche perché il DNA non codificante rappresenta il 98% circa del nostro genoma. Alcuni di questi studi sono tuttavia riusciti a far emergere delle applicazioni importanti, come ad esempio quelle approfondite dalla dott.ssa D’Alessandro nella sua tesi.

Prima di entrare nel merito, soffermiamoci sui “microsatelliti” (conosciuti anche come STR o SSR) prima menzionati quando si è parlato di DNA profiling; essi sono sequenze ripetute di DNA non codificante costituite da unità di ripetizione molto corte (da 1 a 5 paia di basi azotate) disposte secondo una ripetizione in tandem, utilizzabili come marcatori molecolari di uno specifico locus genico, ovvero la posizione di un gene all’interno di un cromosoma.

Le poc’anzi menzionate ripetizioni in tandem, in base alle quali sono disposti i microsatelliti, sono molto usate in applicazioni genetiche che puntano alla determinazione dei tratti genetici individuali e/o al confronto tra un campione di DNA e quello di un dato individuo; tali ripetizioni possono dunque essere decisamente utili anche per la determinazione della parentela. Ad ogni modo, per fare un esempio pratico, la sequenza “ATTCGATTCGATTCGATTCG” del DNA è una ripetizione in tandem delle cinque basi azotate ATTCG (adenina-timina-timina-citosina-guanina) ripetute per quattro volte.

LA FREQUENZA ALLELICA E LA DIVERSITÀ GENETICA TRA POPOLAZIONI

Gli ultimi due concetti che è necessario chiarire sono quelli di “allele” e “frequenza allelica”. In un organismo diploide come il nostro, in cui ogni cromosoma forma una coppia assieme al suo omologo, ogni gene del primo cromosoma è presente, nella stessa posizione (locus), anche nel secondo ed insieme i due geni controllano l’espressione di un carattere (ad es. colore della pelle; talvolta i due geni non sono perfettamente identici, poiché uno può essere la forma alternativa dell’altro e, in tal caso, parliamo di alleli. Stando a quanto detto, con “frequenza allelica” si intende la frequenza relativa di un allele su un locus genetico nella popolazione: in genetica delle popolazioni, le frequenze alleliche mostrano la diversità genetica di una popolazione della specie. In poche parole, le diverse popolazioni della specie umana sono distinguibili in base alla diversità genetica che intercorre tra ognuna di esse, tant’è che per poter valutare la probabilità di un eventuale match tra un profilo genetico ottenuto a partire da un reperto forense e quello di un qualsiasi individuo, si fa riferimento a veri e propri database nazionali di frequenze alleliche nelle popolazioni. La conoscenza della distribuzione delle frequenze alleliche dei marcatori STR autosomici è quindi di fondamentale importanza nella genetica forense.

LE CONCLUSIONI DELLA DOTT.SSA D’ALESSANDRO

Passiamo adesso alle spiegazioni fornite dalla dott.ssa D’Alessandro in merito alla sua tesi: “Nel mio lavoro – spiega – è stata analizzata la diversità genetica presente in un campione di 544 individui facenti parte di 15 gruppi etnico/linguistici provenienti da 5 paesi dell’Africa Orientale (Eritrea, Etiopia, Gibuti, Kenia ed Uganda). L’analisi è stata condotta mediante l’utilizzo di 21 microsatelliti autosomici comunemente usati nell’ambito della genetica forense.

Dai risultati è stato possibile notare un elevato grado di differenziazione tra le popolazioni, sebbene meno marcato di quanto evidenziato in precedenza con analisi focalizzate sui microsatelliti del cromosoma Y (cromosoma sessuale maschile). In particolare, osservando le frequenze alleliche di diversi gruppi appartenenti allo stesso paese, emergono differenze che non possono essere spiegate dalla sola geografia ma che in alcuni casi, come per i due gruppi di lingua Bantu, dipendono da affinità culturali e da una comune storia evolutiva. Per queste ragioni, data la forte diversità tra le popolazioni e la complessità della struttura genetica dei paesi dell’Africa orientale, sarebbe auspicabile utilizzare database di frequenze alleliche a livello di gruppi etnico/linguistici piuttosto che basati sui confini geografici.

A tal proposito, i risultati del mio lavoro saranno depositati nel database di frequenze alleliche STRidER curato dalla International Society of Forensic Genetics, per metterli a disposizione dell’intera comunità forense. In ogni caso quanto da me svolto è servito ad ottenere informazioni, ad oggi ancora scarse, sulla variabilità genetica dei microsatelliti in popolazioni africane, spesso fortemente endogamiche”.

Dove sono state condotte le sperimentazioni e l’analisi?

“L’attività sperimentale, comprendente i processi di amplificazione e genotipizzazione, è stata svolta presso la sezione di Biologia del Ra.C.I.S. (Raggruppamento Carabinieri Investigazioni Scientifiche) di Roma ed ha prodotto 503 profili di alta qualità. Le successive analisi dei profili genetici ottenuti sono state svolte presso il laboratorio di Genetica Umana de “La Sapienza” di Roma”.

LAUREARSI AI TEMPI DEL COVID-19

“La laurea ai tempi del Coronavirus è stata un’esperienza particolare, emozionante ed indimenticabile. La mattina della seduta mi sono vestita come se avessi dovuto sostenere l’esame di laurea in un’aula universitaria; in realtà mi sono solo spostata nella stanza accanto per sedermi alla scrivania davanti al PC. Tutti i componenti della commissione e noi candidati eravamo collegati in videoconferenza. Ero sola nella mia stanza ma mi hanno seguito in molti in streaming e di questo sono molto felice perché non tutti i miei parenti ed amici avrebbero avuto la possibilità di raggiungermi a Roma. Così invece hanno potuto seguirmi lo stesso ma comodamente seduti sul divano, magari in pantofole!”.

Pur rimanendo a casa, sussiste l’ansia della seduta?

“Nonostante mi sembrasse di parlare solo ad un monitor, non è mancata. Siamo stati i primi a sperimentare la modalità telematica per le sedute di laurea per il nostro corso di studi. In più abbiamo avuto la conferma della discussione in questa modalità solo pochi giorni prima della data ufficiale”.

Com’è stato il momento della proclamazione?

“La proclamazione è stata naturalmente strana e diversa dal solito: il presidente ci ha chiamato a turno per ricollegare audio e video e ci ha proclamato dottori con la nota formula a cui sono seguiti solo festeggiamenti “virtuali”. Quelli “reali”, fatti di abbracci, baci e banchetti, sono solo rimandati”.

Una dedica speciale dopo questo ulteriore ed importante traguardo?

“È stata una laurea decisamente sui generis, che dedico alla mia famiglia, al mio fidanzato Stefano e, perché no, anche un po’ a me stessa per essere riuscita, ancora una volta, a portare a termine i miei obiettivi”.

Nulla da aggiungere se non un augurio alla dott.ssa D’Alessandro: ad maiora!

LEONARDO FLORIO

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