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Le t-shirt e le shopper della solidarietà realizzate da “Z’ Mo”

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La formazione da autodidatta, la tensione artistica, la tecnica e la sensibilità di Simona Sicoli

“Distanti sì, ma soli mai. Sono giorni difficili, durante i quali siamo distanti e distinti come individui; ad ognuno di noi manca una parola di conforto, un abbraccio, una spalla amica e magari ci sentiamo soli. In questo momento però c’è chi vive una situazione ancor più difficile e problematica. Sono i meno abbienti, uomini, donne e famiglie che hanno bisogno del nostro aiuto. È nostro dovere tendere loro la nostra mano.

Da oggi è possibile acquistare e ricevere a casa le t-shirt e le shopper della solidarietà. Si tratta di un progetto in collaborazione con il Centro Copie e Stampe di Marina Daddato. Parte della vendita sarà devoluta interamente alla Caritas zonale di Turi per l’acquisto di beni di prima necessità da destinare alle famiglie più bisognose”.

Queste le parole postate sui social da Simona Sicoli, textile designer e talento artistico turese. Per entrare nel merito dell’iniziativa solidale, bisogna fare prima un passo indietro.

Come molti avranno notato, negli ultimi giorni tantissimi turesi hanno cambiato immagine del profilo, inserendo il disegno di due mani che si toccano, sfiorandosi; trattasi di un lavoro realizzato proprio da Simona Sicoli, in arte “Z’ Mo”, di seguito sottoposta ad un’intervista che, per quantità di domande e assenza di discrezione da parte dell’intervistatore, sembrerebbe essere più che altro un interrogatorio.

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IL PERCORSO DI Z’MO

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Iniziamo coi dati anagrafici: quanti anni hai?

«Anche se ad una donna non dovrebbe essere chiesto – ironizza – sono nata nel 1982. Ho 38 anni».

Qual è stato il tuo percorso di studi?

«Dopo aver frequentato il liceo psicopedagogico, ho conseguito una laurea in Scienze della Comunicazione a Bari. Ho sempre avuto la passione per il lato psicologico delle cose, tant’è che la mia tesi è stata in psicologia della comunicazione: a quei tempi sognavo di lavorare nel mondo della pubblicità. Per quanto riguarda il disegno e la pittura, sono un’autodidatta. Nel tempo ho seguito corsi online, acquistato libri, chiesto ad aziende: insomma, ho fatto tutto il possibile per creare da sola la mia formazione e arricchire il mio bagaglio tecnico. Credo che, qualsiasi sia il settore a cui ci approcciamo, sia fondamentale la formazione costante e continua per dare il meglio nella propria specializzazione».

Prima di diventare una textile designer, hai sempre lavorato nel mondo dell’arte e dell’artigianato?

«In realtà, la definizione di ‘texitile designer’ non so se sia proprio appropriata e in più ho avuto solo una piccola esperienza in tal senso. Ciò che so è che dipingo tessuti, rendendo i miei disegni tutt’uno con il materiale: non saprei dire quale sia la definizione italiana per questo tipo di lavoro».

Qual è stato il tuo percorso artistico? Hai iniziato con la pittura?

«Disegno fin da bambina, sui quaderni di scuola a conclusione di un tema o di un riassunto, per compiti scolastici, sui diari di scuola, sulle agende. La passione vera e propria è nata nel 2009, quando ho deciso, così, per un desiderio personale, di dipingere su una maglietta bianca la frase di un film che amo molto, ovvero ‘Il cielo sopra Berlino’. Da lì, tantissime richieste. Soprattutto, da allora, non mi sono più fermata: ho dipinto tavolini, magliette, tende, borse, giacche, scarpe, quadri, muri ecc. Mi sono specializzata nella pittura su ogni tipo di materiale, così da rendere tutti i miei lavori duraturi nel tempo. Adesso dipingo praticamente su tutto: pelle, plastica, gomma, legno, metallo ecc. In questo momento – aggiunge – mi sto appassionando molto al disegno; realizzo disegni a mano su carta, come anche disegni ed illustrazioni digitali grazie ad applicazioni e programmi di grafica e fotografia: sento che queste mie nuove sperimentazioni facciano esprimere al meglio la mia creatività».

Hai detto che la passione vera e propria è nata nel 2009. C’è stato qualcuno che ti ha avvicinato al mondo dell’arte?

«La vena artistica è una cosa innata, credo sia genetica e io penso di averla ereditata da mia madre, ottima disegnatrice. A casa mia ricordo che da bambina non facevo altro».

Di cosa si compone la tua produzione dal 2009 ad oggi?

«Sono una persona abbastanza precisa ed all’inizio ho voluto numerare tutte le mie opere; ad un certo punto, però, ho perso il conto» – ride divertita. «Ho realizzato tantissime magliette – prosegue – sulle quali ho dipinto davvero di tutto, dai riferimenti cinematografici ai ritratti ecc. Ho partecipato a mercatini e fiere, ma la ‘fama’ è sopraggiunta con le scarpe: diciamo che sono loro il mio fiore all’occhiello. Dipingere sulle scarpe non è semplice; le realizzo su commissione e dunque, per questo, trattasi di pezzi unici: interpreto i desideri e do forma a quello che la gente mi richiede. Nessuno vede la scarpa nel mentre delle operazioni che effettuo: è sempre una scommessa e finora mi è andata quasi sempre bene. La particolarità delle mie scarpe è che, in un paio, una è sempre diversa dall’altra. Mi piace la particolarità e l’originalità nella gente e nel mondo in generale: nei miei pezzi cerco di metterla in risalto in questo modo».

La tecnica che utilizzi?

«Dipingo con colori specifici per il materiale su cui lavoro e proteggo le superfici in modo da rendere i lavori duraturi nel tempo. Le scarpe, sia in tessuto che in pelle, vengono dipinte con colori appositi e rese impermeabili a sporco ed acqua».

Quali sono le opere di cui sei più orgogliosa?

«Tutte sono per me importanti. Sono pezzi di me. A volte è anche difficile separarsene, ma vedere le espressioni della gente che guarda le scarpe realizzate appositamente per sé non ha eguali. E’ bellissimo. Alcuni le hanno acquistate per poi non indossarle mai o comunque soltanto di rado: per loro sono diventati pezzi da esposizione o comunque le scarpe a cui tenere di più. Sembrerà banale, ma davvero questo mi fa esplodere di gioia. Mi fa pesare di essere quasi una dispensatrice di felicità».

“TUTTO TORNERÀ” E “LA FORZA SILENZIOSA DEI BAMBINI”

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Come detto in introduzione, negli ultimi giorni Facebook è stato invaso da un disegno di due mani che si sfiorano realizzato da Simona, successivo ad un altro molto simile in cui la mano di un bambino si aggrappa, stringendone l’indice, a quella di un adulto.

Hai dato un titolo ai tuoi ultimi due disegni? «In realtà non ho ancora pensato ad un vero e proprio titolo. Li ho realizzati tra l’altro di getto, trasportata dalle emozioni del periodo che stiamo vivendo. In questo momento difficile, in cui la nostra unica finestra sul mondo sono i social, ho voluto con questo disegno rappresentare la nostra impossibilità ad abbracciarci, baciarci o semplicemente toccarci: un problema grande che accomuna tutti, specie noi italiani che abbiamo fatto della gestualità e del contatto fisico il nostro marchio di fabbrica. Ho voluto regalare un gesto per noi semplice come lo sfiorarsi per farci sentire più vicini anche se lontani fisicamente. Poi ho pensato ai bambini e a quanto anche loro siano svantaggiati in questi giorni, pur non essendone pienamente consapevoli. Loro vivono la vita con un’allegria e una spensieratezza che servirebbero a molti adulti; sono costretti a stare tra quattro mura, ma non si lamentano mai, si adattano meglio di noi ed hanno una forza incredibile. Si dovrebbe prendere esempio. Il primo dei due disegni esprime proprio questa forza, questo attaccamento alla vita. In ogni caso, penso che dopo quest’intervista li intitolerò così: “La forza silenziosa dei bambini” e “Tutto tornerà”».

Come spiegheresti il grande successo che hanno avuto i tuoi disegni, specie il secondo?

«Penso che in molti si siano indentificati nelle mie di emozioni mentre realizzavo quei disegni: d’altronde sono pensieri comuni in questi giorni. Ammetto di essermi commossa quando ho visto i miei concittadini utilizzare i miei disegni come post, come immagine di copertina o addirittura come immagine del profilo. Ognuno di loro ha corredato l’immagine con i suoi pensieri. È stato un momento di condivisione meraviglioso. Da qui ne è scaturito un progetto bellissimo».

Ed il progetto in questione sarebbe proprio quello riportato nelle prime battute dell’articolo. A tal proposito, provocatoriamente, vale la pena ricordare il vecchio detto, amaramente ironico in questo periodo, per cui “una mano lava l’altra”. Più che un richiamo all’igiene per contrastare il Coronavirus, quest’immagine deve servirci a tenere sempre a mente quanto si possa fare collaborando. Sono questi i casi in cui le immagini, più delle parole, riescono a rimanere meglio impresse in mente: chi scrive, tuttavia, con la matita ed il pennello non ha coltivato mai alcun rapporto, per cui, eventualmente, sarà Z’ Mo a poter tradurre degnamente quanto detto in un disegno piacevole a guardarsi.

In ogni caso, rimanendo nell’ambito della sua produzione, colpisce la scelta di reinterpretare i materiali come fossero tele da animare, pelle umana da tatuare o, in un senso più ancestrale, da scarificare. Al di là del suo tratto da fumettista navigata, della sua scelta cromatica vivace negli accostamenti e morbida nelle tonalità e di tutta la tensione artistica che dà senso ed identifica nitidamente la sua tecnica, a Simona Sicoli va riconosciuta la sensibilità. Se è vero che, come diceva Picasso, l’artista è un politico, noi aggiungiamo che può esserlo in quanto, innanzitutto, anima sensibile. È la sensibilità a renderlo ricettivo rispetto al vissuto proprio ed altrui ed è sempre la sensibilità a suscitare l’ispirazione che permette all’opera di fare ciò per cui è stata concepita: trasmettere qualcosa, spesso uno stato d’animo, più o meno mediato da riferimenti simbolici.

Z’ Mo in questi giorni, coi suoi disegni, ha trasmesso molto e molti turesi hanno accolto il messaggio, riverberandolo. La speranza adesso è che la sua arte possa essere abbastanza potente da spingere altrettanti turesi a sostenere l’iniziativa solidale a favore dei più bisognosi.

Un suggerimento per trascorrere questa quarantena?

«Leggete, studiate, approfittate di questo tempo per migliorarvi. Il tempo è prezioso: bisogna sempre farne buon uso».

LEONARDO FLORIO

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