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“Stiamo combattendo una guerra senza munizioni”

torre orologio turi

Ecco come la cittadinanza turese si prepara a fronteggiarla ricorrendo “a guanti e mascherine”

Sono settimane ormai che non si parla d’altro di questo “nemico” che siamo tenuti a combattere. Un “nemico invisibile, insidioso, che entra nelle nostre case, che divide le nostre famiglie e ci fa sospettare di mani amiche” – afferma il premier Giuseppe Conte – e quindi, sicuramente, più impegnativo da sconfiggere. Infatti, questa emergenza da Coronavirus ci forza a vivere quella che il Presidente del Consiglio dei Ministri definisce la più grande crisi umanitaria dell’Italia e dell’Europa dai tempi della Seconda Guerra Mondiale: le abitudini cambiano e alcune delle libertà più importanti vengono meno, ad esempio quelle di circolazione e riunione.

Gli effetti sono tanti e toccano più ambiti, da quello economico a quello sociale e sanitario, fino a quello psicologico. Non è facile per nessuno: non abbiamo ancora le armi per vincere questa battaglia, solo mascherine, guanti, igiene e grande senso di responsabilità nello stare a casa. Questa guerra, più che vincerla, la dobbiamo fermare, dobbiamo fermare i contagi, evitando di stare a meno di un metro di distanza, di abbracciarci, di uscire senza motivi necessari, di non usare tutte le misure di precauzione e prevenzione. Dobbiamo fermare tutto, dobbiamo fermare noi, per il momento. Oggi, dobbiamo tutelare e tutelarci. Domani riprenderemo per mano tutte le nostre vecchie abitudini, quelle dure a morire, o forse no. Perché la crisi può riservare un grande cambiamento.

Le testimonianze dei giovani

Eppure non è facile fermare tutto, nonostante la nostra vecchia vita temporaneamente non può tornare: “Turi è un paese agricolo, io essendo figlio di un agricoltore sto continuando a lavorare perché tra un po’ arriverà il periodo della raccolta delle ciliegie e non ci possiamo fermare, anche se quest’anno non sappiamo se sarà possibile effettuarla, dati tutti i blocchi emessi dal Governo” – racconta Francesco, un ragazzo di Turi, giovane ma, come tanti altri, preoccupato e spaventato.

“Parlando con i miei amici, non potendo uscire di casa, sono frustrati e amareggiati anche perché non sappiamo fino a quanto durerà questa quarantena”. La preoccupazione è rivolta anche ai familiari, in particolare i nonni, in quanto gli anziani sembrano essere più colpiti dal virus: a loro ci pensa la zia, procurando ciò che serve, poiché saggiamente preferiscono tutelarsi restando a casa. Infine, Francesco ricorda Maurizio, un compaesano che all’età di 38 anni ha perso la battaglia contro questo virus e si augura di poter tornare presto alla vita normale e che tutto ciò rimanga solo un brutto ricordo per tutti.

Anche Paolo, un giovane abitante di Turi, ci spiega come sia difficile far fermare questo paese, poiché agricolo, e molti continuano ad andare a lavorare in campagna, come suo padre. Lui, invece, parrucchiere, si è fermato e passa il suo tempo guardando serie tv, giocando al telefono, mangiando e dormendo, scegliendo responsabilmente di stare a casa. La madre e la sorella, invece, escono quando necessario, per fare la spesa ad esempio.

E poi c’è Vito, che invece non si lamenta più di tanto: spende il suo tempo cercando di recuperare gli esami universitari e seguire le lezioni dal letto, anziché andando a Bari, lo aiuta molto. Tuttavia, si mostra allo stesso tempo preoccupato e fiducioso riguardo questa emergenza, poiché la nostra zona ha avuto modo di prepararsi meglio e prendere le dovute precauzioni con leggero anticipo rispetto al Nord Italia. “Sicuramente – continua Vito – qui ci saranno altri casi, però sono convinto che non si espanderà troppo se tutti continuano a rispettare il decreto. Per quanto riguarda l’aspetto economico, ci saranno diversi problemi da affrontare visto che la maggior parte dell’economia locale si basa su attività agricole che nei prossimi mesi saranno sicuramente osteggiate. Un esempio lo si vede già dai produttori di latte, che si ritrovano merce invenduta e sono costretti a buttarla”.

Commercianti contro l’emergenza

Effettivamente, a subire gli effetti economici di questa crisi sono anche le medie e piccole imprese. “È una guerra senza munizioni – afferma il proprietario della pizzeria Regina Margherita. Andremo incontro ad una crisi economica, già ora registriamo un calo del 95% delle vendite. La gente sta chiusa in casa, le persone non vanno più a mangiare nei locali. Ci adoperiamo per consegne a domicilio sia a pranzo che a cena ma, attualmente, le famiglie preferiscono prepararsi da mangiare in casa”. È una situazione molto difficile che si augura finisca il prima possibile, nonostante i diversi esodi e gli andamenti dell’emergenza gli facciano credere il contrario.

Anche il proprietario della macelleria “I piaceri della Carne” lamenta un calo delle vendite del 30-40%. Ad ogni modo, quando l’attività è chiusa effettuano delle consegne a domicilio, così da andare incontro alle esigenze delle persone.

Diversa è la situazione de “La Bottega dei Sapori”, che registra un incremento del 20% degli affari: il negozio rimane aperto, viene anticipata solo la chiusura in serata. Le consegne a domicilio sono richieste soprattutto dalla gente anziana, impossibilitata ad uscire di casa, o da coloro che si trovano nella stessa situazione. A suo parere, l’incremento è dovuto al fatto che le persone, cucinando a casa, preferiscono il piccolo negozio dove comperare gli ingredienti necessari, in quanto trovano meno gente. Riferisce, inoltre, che i commercianti hanno adottato molte misure di prevenzione.

L’invito è quello sicuramente di rimanere a casa e adottare le misure di prevenzione, l’augurio, invece, è che tutto passi il prima possibile.

SIMONA BIANCO

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