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La quarantena artistica di Doxa e Rodama

doxa e rodama

Dalle metriche stringenti del rap di Carlo Giangrande alle fantasiose mascherine realizzate gratuitamente da Rossana Marotta

Nonostante gli hashtag e gli striscioni colorati dei bambini su cui è scritto che “andrà tutto bene”, la sensazione di costrizione conseguente alla quarantena per placare il diffondersi del Coronavirus è tutt’altro che ignorabile. Se da un lato è importante esorcizzare la paura spostando l’attenzione su prospettive positive, dall’altro è senza dubbio benefico tirarla fuori, magari con autoironia.

È questo il caso di Carlo Giangrande, turese classe ’95, autore dello striscione “Do n’ stem a scì d’ chep” che la scorsa settimana ha letteralmente sbancato i social, finendo addirittura sulla pagina “Inchiostro di Puglia” dove ha registrato un apprezzamento pari ad oltre 9mila likes. Nell’ultimo numero lo abbiamo intervistato per saperne di più e per porgli qualche domanda sul suo ritorno al rap con 16 barre (versi), applauditissime, dedicate al Coronavirus e all’esperienza della quarantena. Ne è scaturita un’intervista dalle risposte taglienti e carica di tanta autoironia che, in momenti come questi, può essere addirittura terapeutica.

Nelle battute finali, Carlo “Doxa” prometteva nuovi colpi di genio e difatti, a distanza di una settimana, la parola è stata mantenuta: il rapper turese ha pubblicato due nuovi brani, sempre scritti ed interpretati da lui stesso, e, tra una rima e l’altra, ha anche avuto il tempo e il modo di tingersi i capelli di verde.

Prima di entrare nel merito delle tue canzoni, come mai la scelta di tingerti i capelli di verde?

«Qualche giorno fa, sono incappato in una “challenge” su Facebook. In pratica, ho messo un like ad uno stato di un amico, per poi scoprire che avrei dovuto anche io pubblicare un post con una delle frasi scelte appositamente per questa challenge. Ho scelto la frase “Mi tingo i capelli di verde” ed io sono uno che mantiene sempre le promesse».

Negli ultimi giorni hai pubblicato su SoundCloud “Manara” e “Io, un pensiero positivo non lo faccio mai”: la reclusione forzata ti ha riportato alla scrittura?

«Bè, sì. La reclusione mi ha riportato alla scrittura; per me è un ottimo passatempo e certamente lo consiglierei a qualcuno che ha voglia di condividere questa passione. Tuttavia ci sono tante altre cose che si possono fare in casa: infastidire i propri genitori, cucinare; insomma di tempo ne abbiamo in abbondanza. Per la prima volta nelle nostre misere vite possiamo non correre».

Come mai hai deciso di pubblicare questi due brani?

«Da tempo avrei voluto caricare quei due brani. Diciamo che in questi giorni ho avuto la spinta necessaria a farlo».

Ebbene, rimandiamo i lettori all’ascolto di queste due canzoni, intrise di rime strette in una metrica stringente e disposte per bene a tempo sulla base (beat). Senza anticipare nulla, in entrambi i casi, i testi di Doxa dipingono un romanticismo sofferto ed una figura femminile tanto assassina quanto salvifica. Intanto, nelle scorse ore, il ritorno al rap di Doxa sembrerebbe essere definitivamente confermato e consacrato da un nuovo video, ancora una volta applauditissimo sui social, in cui il giovane rapper turese fa sfoggio del suo flow (flusso) di rime, impreziosite da una serie di riferimenti al mondo degli anime e della letteratura: insomma siamo di fronte ad un rapper dal look cyberpunk che non disdegna il mondo nerd. Una sintesi estrema e, per questo, curiosa.

Dai social abbiamo notato che possiedi una mascherina realizzata da Rodama. Sono abbastanza hip hop per te?

«Per fortuna alcuni compaesani hanno avuto l’iniziativa di realizzare mascherine in casa; tra questi Rodama che ha realizzato per me una mascherina piuttosto eccentrica. Desideravo un look cyberpunk per affrontare al meglio questa pandemia. Se ci sarà un apocalisse zombie voglio affrontarla con stile».

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Dal cinismo e l’autoironia di Carlo “Doxa” passiamo adesso al lavoro da certosino di Rossana Marotta, in arte “Rodama”. Qualche tempo fa, abbiamo dato ampio spazio su queste colonne alla produzione artistica di questa nostra concittadina che, nei suoi innumerevoli e svariati manufatti, ha impresso i propri viaggi in Oriente ed il proprio estro. Anche lei, come “Doxa”, avendo qualcosa di creativo da realizzare, non ha incontrato grosse difficoltà nel momento in cui ha dovuto, come tutti, riempire in maniera costruttiva la propria routine stravolta dalla quarantena.

Anzi, a dirla tutta, Rodama ha messo a disposizione di tutti la sua arte, iniziando a realizzare delle mascherine davvero particolari e talmente piacevoli a vedersi che un domani, ipotizzando il peggio, potrebbero essere accessorio di moda. Adesso può sembrare surreale fare quest’affermazione, ma se un giorno le circostanze dovessero impedirci di fare a meno delle mascherine, le prospettive, ancora una volta, potrebbero ribaltarsi, svelando scenari oggi improbabili. Certo è che, rispetto alle mascherine standard, quelle di Rodama hanno il pregio di non essere esteticamente ansiogene, ma soprattutto, come vedremo, di essere totalmente gratuite: il suo infatti è puro volontariato.

Quante mascherine hai realizzato finora?

«Ne ho realizzate circa una sessantina in una settimana. In pratica una ventina ogni due giorni, tenendo conto che le realizzo da sola e che c’è una fase in cui preparo tutte le basi di tessuto ed una successiva in cui aggiungo gli elastici e le ripiego dando la forma tipica di una mascherina».

Fino a quando continuerai a realizzarle?

«Sicuramente finché resterò a casa. Quando potrò uscire, penso proprio che andrò al mare”.

MASCHERINE VARIE

Con quale tecnica e materiale sono state realizzate?

«Le mascherine si compongono di due tessuti cuciti insieme. La parte esterna è fatta di cotone misto ad altri materiali, mentre la parte interna è realizzata con un tessuto che si chiama “pelle d’uovo”, una mussolina molto fine di cotone che ricorda la “pelle” dell’uovo dopo la cottura; nonostante l’apparente leggerezza, questo tessuto è molto compatto e resistente e, perciò, è usato per la biancheria femminile e di casa. Il procedimento è molto semplice: taglio due rettangoli di tessuto delle dimensioni di 24×25, li cucio al contrario sui lati lunghi, poi passo ai lati corti del rettangolo e li cucio fino a 7 cm dalla cucitura su entrambi i lati, lasciando un’apertura centrale che mi permette in seguito di rovesciare il tessuto dalla parte dritta. A questo punto fisso “ad occhio” gli elastici senza spilli o imbastiture, chiudo le due fessure che avevo lasciato in precedenza per rigirare il tessuto, stiro per stendere il rettangolo, lo piego in due e poi lo ripiego a fisarmonica cucendo le estremità in modo che la mascherina si adatti perfettamente al viso. Sono colorate, funzionali, le puoi lavare e “fàscene u’ fatìche lòre”!».

Le stai regalando o vendendo?

«Le sto regalando: non mi sembra il momento opportuno per venderle e, in più, lo faccio per tenermi impegnata, perché ho tanto materiale per realizzarle: lo posso fare e lo faccio!».

Come si prenotano e come vengono consegnate?

«Vengono consegnate tramite la Protezione Civile che, oltre alla raccolta e alla consegna, mi ha anche fornito del materiale supplementare per la realizzazione. Ovviamente chi mi conosce, può richiederle contattandomi».

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Come detto poc’anzi, qualche tempo fa abbiamo intervistato a 360° Rodama per conoscere la sua tecnica e i suoi prodotti, scoprendone in particolare uno, ovvero il cubo-serpente, una curiosa alternativa del cubo di Rubik: in questo caso, infatti, il cubo, dopo essere stato srotolato, va integralmente ricomposto nella sua struttura, non solo nei colori delle facce. Un passatempo che, ad uno sguardo superficiale, potrebbe sembrare adatto ai più piccoli poiché apparentemente semplice; tuttavia le cose non stanno così, possiamo assicurarvelo.

In base alla tua esperienza, il cubo-serpente è un rompicapo che può tenere impegnati per molto tempo?

«Bè, si! Io li ricompongo in tempi record, perché li conosco a memoria dato che sono io stessa ad assemblarli. Tuttavia, per esperienza diretta, ma soprattutto indiretta, so che impegna un bel po’ di tempo».

Hai intenzione di realizzare qualcos’altro per questa quarantena?

«Per ora mi dedico alla realizzazione delle mascherine, vista la necessità. Poi, finita l’emergenza, spero di ritornare a realizzare portachiavi, orecchini e tutti i prodotti “Rodama”. Spero di poter ricominciare presto a fare anche i mercatini; ora come ora non so a chi possano servire orecchini, bracciali ecc.: non sono un bene di prima necessità».

Consigli qualche attività “rodàmica” per passare la quarantena?

«Si, facìteve i mascherìne. Altrimenti consiglio a tutti di dipingere, smontare e rimontare. Insomma, fare qualcosa di creativo con tutto quello che si ha in casa».

Un commento conclusivo?

«Certo: anche con le mascherine, stàteve e’ càsere!».

Effettivamente il dente un tantino avvelenato di Rodama va compreso, poiché negli ultimi giorni sui social si legge di tutto e di più, trascendendo l’assurdo e sfociando nel ridicolo, perché altro aggettivo non esiste per definire coloro che hanno avuto il coraggio di criticare chi, come la stessa Rodama, a proprie spese, ha impegnato il proprio tempo a favore della collettività. Evidentemente, dopo Carlo “Doxa”, in tanti “se ne stònne a scì d’ chèpe”. Il consiglio, ancora una volta, è di impegnarsi in attività creative che distolgano dallo stress da reclusione ma soprattutto dalla tentazione di usare i social per diffondere ulteriore malessere.

LEONARDO FLORIO

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