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Un piccolo laboratorio per il Liceo Michelle Maitre

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Maria Pia Lenato ed altri turesi di ritorno da Bambari con nuovi obiettivi

Giovedì 20 febbraio dall’aeroporto di Bari partiva una delegazione turese con destinazione Parigi. Poi Yaoundè, capitale del Camerun, ed infine Banguì, prima città della Repubblica Centrafricana con 790mila abitanti.

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All’atterraggio, dopo il lungo viaggio, il vicepresidente dell’Associazione “Umanità Solidale Glocal” Angelo Palmisano, Matteo Spagnuolo e la sua coniuge Maria Giovanna hanno potuto ammirare per la prima volta coi loro occhi il controverso spettacolo di una delle nazioni più distanti dalla definizione stessa di nazione. Semplicemente perché non è uno Stato, ma un cosiddetto “Stato fantasma”, in realtà un “non-Stato” dove ad essere messi in discussione sono i più “banali” diritti umani. No, certo, non da oggi. Da sempre, o almeno da quando è “andato via” il colonialismo francese, ad inizio degli anni ’60.

Ad oggi, guerre civili e decine di golpe a parte, la Repubblica Centrafricana è al 189° posto per quanto concerne il PIL pro capite: se questo dato non vi dice nulla, si pensi al fatto che sono 193 gli Stati membri dell’ONU e che il PIL pro capite italiano si aggira intorno ai 31.984 $, mentre quello della Repubblica Centrafricana si assesta sui 387 $; un quadro, questo, del tutto surreale, alla luce della presenza nel territorio di risorse che fanno gola a potenze come la stessa Francia o magari l’Olanda, il Belgio e la Cina: non mancano infatti zone ricche di legname pregiato, diamanti, oro, petrolio e uranio. Questa, spiegato almeno in parte, è la situazione infernale della Repubblica Centrafricana dove, più precisamente a Bambarì, il 29 Giugno del 2018, è morto Don Firmino Gbagoua, raggiunto all’addome da alcuni colpi d’arma da fuoco; quel Don Firmino tanto amato dalla comunità turese, per il suo sorriso e la sua fede sopra ogni cosa.

TRA BANGUI E BAMBARI

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Tornando a Bangui, invece, dopo un giorno e mezzo tra scali e volo e una differenza climatica abissale, troviamo sempre lì la nostra delegazione turese guidata da Maria Pia Lenato, presidente dell’Associazione “Umanità Solidale Glocal”.

Bangui e Bambari distano tra di loro 400 km, da percorrere nel mezzo della foresta, a bordo di una jeep: “Non siamo riusciti ad avere un volo interno con l’aiuto di una qualche associazione umanitaria.” – spiega Maria Pia Lenato. Un’avventura non da poco in termini di coraggio, considerando il contesto. “A 70 km da Bambari abbiam dovuto fermarci perché era buio. La sosta è stata provvidenziale perché, nella parrocchia dei missionari comboniani a Grymariy è arrivato il vescovo Apporà di Bambari con cui abbiamo avuto un colloquio importante: ci ha dato il compito di osservare, conoscere tutto ciò che avremmo incontrato, per poi rivederci una settimana dopo e fare il punto della situazione. A lui abbiamo portato una lettera del nostro vescovo mons. Favale. Chissà, in estate per altri incontri che ha a Parigi potrebbe venire a Conversano e quindi a Turi. Abbiamo anche avuto modo di salutare l’Imam capo della comunità islamica e i capi di altre comunità religiose.”.

OTTO ANNI DI GUERRA CIVILE

Da quando è iniziata la seconda delle ultime due guerre civili, ovvero per otto anni, Maria Pia Maria Pia non è potuta tornare in Centrafrica: “Dopo 8 anni di guerra, distruzione, incendi, morte, bisogna andare lì per comprendere”.

Qual è stata invece la prima impressione degli altri turesi presenti?

“Uno shock molto forte, non erano mai stati lì. Sono stati colpiti soprattutto dalle grandi sacche di povertà e miseria.”.

Alcuni secondi più tardi, torna sui momenti del viaggio e racconta: “Siamo stati accolti sia da don Félicien Endjimoyo Aschra che da alcune focolarine del movimento dei focolari di Bangui che son venute a darci il benvenuto in questa terra: anche per loro vedere qualcuno che va lì, se non le ONG, non è qualcosa di normale; in ogni caso è diverso il tipo di presenza. Noi siamo dei volontari che pagano tutto a proprie spese, per costruire questi rapporti con questo popolo così abbandonato e dimenticato da tutti”.

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E così finisce la prima giornata dei turesi che, il mattino seguente, domenica 22, partono e raggiungono finalmente Bambarì con il fuoristrada messo a disposizione dal vescovo Apporà: “Anche lì grandi accoglienze da parte dell’equipe di Don Fèlicien. Siamo statati ospitati in una struttura della curia e di lì è iniziata la nostra avventura. Don Felicièn aveva per noi un programma di una settimana molto intenso, segnato da molti incontri, tra cui quello con gli alunni della scuola che noi abbiamo contribuito a costruire, il famoso Lycee Michelle Maitre”.

Col progetto “Turi per una scuola a Bambari”, infatti, alcuni turesi filantropici hanno permesso la ricostruzione di un edificio diroccato, abbandonato da oltre 50 anni, per renderlo agibile con 9 aule necessarie ad accogliere 200 alunni dai 12 ai 18 anni. A parte, un’altra struttura, ancora una volta diroccata, poi ricostruita e resa biblioteca grazie alle sue due aule e una saletta multimediale con 5 computers. “Siamo arrivati ai ragazzi con 8 valigione cariche di tute, palloni, indumenti, roba per bambini, materiale scolastico e altri oggetti a lunga durata: sono rimasti tutti colpitissimi. Al di là da ciò che è puramente materiale, li ha colpiti la nostra presenza, in un luogo dove appunto nessuno sente il desiderio di andarci”.

LA SETTIMANA DI PROMOZIONE DELL’ISTRUZIONE ED IL CONFRONTO POSTGUERRA

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La visita dei “mounjo” turesi cade nella settimana nazionale di promozione dell’istruzione: “Ogni giorno avevamo un incontro con gli alunni, i genitori, con i professori per poter conoscere e renderci conto della situazione, della realtà di questo popolo. Nella settimana nazionale di promozione dell’istruzione è stato bello assistere al confrontarsi delle diverse scuole del luogo in tutte le diverse espressioni culturali. Noi eravamo gli ospiti d’onore in tutte queste manifestazioni, bellissime e straordinarie, in cui vedi l’impegno, la forza incredibile che loro esprimono con tutte le malattie, gli ostacoli alla vita, cercando di non abbattersi. Continuano a lottare per vivere e per cercare di superare quelle realtà difficilissime.

Confrontando la situazione attuale con quella antecedente allo scoppio dell’ultima guerra civile nel 2012, la situazione agli occhi di Maria Pia appare molto differente: prova ne sono i villaggi bruciati oppure quelli trasformati in affollatissimi campi profughi senza acqua e luce; “Certi posti sono necessari a far prendere coscienza di quanto siamo ricchi e di quanto poco non godiamo delle nostre ricchezze; e di quanto poco ringraziamo la sorte per essere nati senza merito nella parte migliore del mondo” – rimarca la Lenato.

I PROSSIMI OBIETTIVI

Ebbene, dopo le aule e la biblioteca del Liceo Michelle Maitre e l’ufficio del preside della scuola elementare, Turi continua ad esserci con la sua preziosa presenza: “Siccome è un liceo, ci vorrebbe una stanza con attrezzature e un laboratorio. Ce n’è una di 56 metri quadri di cui, dopo un crollo, bisogna rifare il muro e tutto il resto”.

Altro obiettivo dell’Umanità Solidale Glocal consiste nel creare dei bagni per una spesa di 700 euro circa, seppur ammortizzabile grazie alla volontà dei centrafricani stessi che nel frattempo hanno, col proprio impegno, scavato il pozzo nero. “Adesso Don Felicièn ci farà sapere il progetto dell’ingegnere per la nuova aula del Liceo. Noi, i genitori centrafricani e la curia ci impegneremo al massimo per la realizzazione dell’aula, anche grazie al partenariato che ci vede uniti” – uniti, come disse la Lenato a settembre in un’altra nostra intervista, si può fare molto, forse tutto, certamente di più rispetto a chi fa da sé. Non per altro, tutto ciò che è stato realizzato finora dall’Associazione “Umanità Solidale Glocal” lo si deve alla sua stessa filosofia ispirata alla collaborazione più pura. Collaborazione che ad un’associazione di un piccolo paese come il nostro, ha permesso di lasciare a questa gente della lacerata e lontanissima Repubblica Centrafricana un segno di pace e di speranza nei diritti umani.

LEONARDO FLORIO

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Turi - Bambarì 2020

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