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Cultura

La strage di Turi su una tavola de ‘La Domenica del Corriere’ del 1950

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La memoria degli avvenimenti nelle piccole comunità, come quella di Turi, è di primaria importanza perché contribuisce a formare e a cementare le identità locali, genuine ed eterogenee, che costituiscono un patrimonio culturale inestimabile.

Per la storia di Turi, tra questi accadimenti si deve annoverare la strage, oggi poco ricordata, avvenuta a Turi il 18 ottobre 1950, che vide la morte di cinque persone, di cui tre ragazzi, che furono travolti da un’automotrice al passaggio a livello al km 30 del tratto Turi-Sammichele. L’evento è ricordato da uno splendido disegno, posto in prima pagina, de La Domenica del Corriere, n. 45, del 5 novembre 1950. La tavola presenta la seguente didascalia:
«Alla bestia mancò solo la parola. In un passaggio a livello presso Turi (Bari) un’automotrice investì un carro agricolo uccidendo cinque membri di una stessa famiglia. Il cavallo, rimasto illeso, raggiunse da solo la fattoria, si avvicinò all’unico superstite della famiglia, un bimbo di otto anni, gli prese coi denti la falda della giacca e cercò dolcemente di condurlo con sé. Il bambino seguì l’animale e fu così tra i primi a giungere sul luogo del disastro».

La Domenica del Corriere apparve per la prima volta nelle edicole italiane l’8 gennaio 1899 come supplemento illustrato del Corriere della Sera. Stampata in grande formato (sul modello del domenicale La Tribuna illustrata), aveva 12 pagine e veniva distribuita gratis agli abbonati del Corriere, oppure si poteva acquistare in edicola per 10 centesimi. Non fu concepito come periodico di informazione, per non risultare un doppione del quotidiano, ma venne pensato come settimanale che doveva scandire, come un calendario, le giornate liete, le tragedie, i fatti piccoli e grandi. La prima e ultima di copertina erano sempre disegnate. Al celebre disegnatore Achille Beltrame, allora sconosciuto, fu affidato il compito di rendere con una tavola il fatto più interessante della settimana. Nel 1945 Beltrame fu sostituito da Walter Molino che, come il suo predecessore, firmò memorabili copertine. A differenza dei settimanali dell’epoca, La Domenica del Corriere diede ampio spazio alle fotografie e ai disegni, e questo fu uno dei motivi del suo successo. Nel corso degli anni venti e trenta, il periodico divenne uno dei principali strumenti di informazione non solo della borghesia colta ma di buona parte della popolazione italiana alfabetizzata. In questo periodo divenne il settimanale più venduto in Italia: le vendite raggiunsero le 600.000 copie. Sulle pagine de La Domenica del Corriere trovarono una vetrina popolare anche le grandi firme del Corriere, tra cui Indro Montanelli.

Ma torniamo al tragico avvenimento turese. Proponiamo la fedele e dettagliata narrazione che il 19 ottobre 1950 ne fece La Gazzetta del Mezzogiorno:
«Una terribile sciagura si è verificata nel pomeriggio di ieri, poco dopo le 6:30, al km 30 del tratto Turi-Sammichele delle Ferrovie del Sud-Est. Un calesse, a bordo del quale si trovava l’agricoltore Pasquale Lestingi fu Vita di 45 anni, la moglie di questi Laura Pedone, le figlie Pasquina di 10 anni e Maria di 8 anni, nonché il 12enne Oronzo Laruscia, si dirigeva dalla campagna verso il paese.

Inconscio della sorte che attendeva la sua famiglia, il Lestingi portava i suoi cari al paese per la festa del Patrono. Giunto al passaggio a livello incustodito del km 30 il Lestingi, poiché il mantice del calesse era alzato, non si accorgeva del sopraggiungere dell’automotrice AD 02 (treno AT 23) e spingeva il cavallo sulle rotaie. La bestia passava ma il veicolo veniva investito in pieno dal convoglio sopraggiunto a grande velocità. Prima che l’automotrice potesse fermarsi il carrozzino ed i corpi dei suoi passeggeri venivano trascinati per diverse decine di metri. Quando il convoglio riusciva finalmente a fermarsi il Lestingi, sua moglie, la figlia Pasquina ed il piccolo Laruscia erano già cadaveri. Qualche segno di vita dava soltanto la piccola Maria che, a bordo della stessa automotrice, veniva trasportata all’Ospedale di Turi dove, però, decedeva in serata.

Le cause del sinistro vanno attribuite alla disattenzione del Lestingi che aveva mancato di assicurarsi che nessun treno sopraggiungesse, prima di attraversare il passaggio a livello. Quest’ultimo è normalmente incustodito e munito dei prescritti segnali di richiamo. Si trova inoltre nel mezzo di un tratto di binario rettilineo, lungo diversi chilometri, senza ostacoli che impediscano la visibilità della linea. Particolare di tragica ironia: unico superstite è stato Il cavallo che trainava il calesse. La bestia, che aveva già attraversato i binari, liberata dalle stanghe spezzatesi all’urto, è rimasta completamente illesa».

Prof. Luca Lombardi

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