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Al Comprensivo una lectio magistralis sulle foibe

foibe prof luisi

Il prof. Aldo Luisi spiega agli studenti le responsabilità politiche italiane e jugoslave che hanno causato la morte di migliaia di infoibati

Lunedì 17 febbraio, a partire dalle 10.00, la sala teatro della scuola media dell’Istituto Comprensivo “Resta -De Donato” ha accolto il prof. Aldo Luisi, il quale, in sessanta minuti, ha sviluppato una lectio magistralis dal titolo “Foibe: una ferita ancora aperta. Le responsabilità politiche italiane e jugoslave”.

Prima di procedere oltre, risulta doveroso inquadrare la figura del prof. Luisi, già professore ordinario di Lingua e Letteratura latina con perfezionamento in storia antica greco-romana conseguito alla Cattolica di Milano ed ex direttore del Dipartimento di studi classici nell’Università degli Studi di Bari. Durante i suoi quarant’anni di attività didattica universitaria, Luisi ha acquisito una solida esperienza scientifica che gli ha consentito di coltivare le discipline del mondo classico antico approfondendo la conoscenza del filone storico-antiquario. Appassionato ricercatore e autore di circa 300 pubblicazioni apparse in qualificate riviste scientifiche italiane ed estere, il prof. Luisi ha indagato particolarmente gli aspetti linguistici, filologici e retorici della letteratura greco-romana e l’influenza che questi hanno esercitato nella letteratura moderna e contemporanea. In conclusione – e di questo la rappresentanza degli studenti presenti in sala teatro ne è testimone – è impossibile non sottolineare l’ars oratoria del prof. Luisi, maturata ed affinata grazie alla partecipazione a conferenze, convegni e simposi di livello nazionale e internazionale.

Effettivamente, venendo alla lectio magistralis sulle foibe, la scelta lessicale e la modalità espressiva con cui Luisi ha catturato l’attenzione dei giovani turesi si sono dimostrate pregne di una solenne serietà “vecchia scuola”, estremamente pertinente alla delicatezza e all’importanza del tema trattato. Tralasciando la forma, pressoché ineccepibile, veniamo ai contenuti snocciolati da Luisi subito dopo i saluti e i commenti introduttivi della dirigente Patrizia Savino, dell’assessore Teresa De Carolis e del capogruppo di maggioranza Onofrio Resta.

Dal 1866 al secondo dopoguerra

In prima battuta, l’illustre relatore ha voluto elogiare la dirigenza scolastica per non aver soprasseduto sulla necessità di trasmettere ai propri studenti il significato del Giorno del ricordo, una solennità civile nazionale celebrata in Italia il 10 febbraio di ogni anno ed istituita con la legge n. 92 del 30 Marzo 2004 con la volontà di conservare la memoria della tragedia di tutte le vittime delle foibe, nonché l’esodo degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra.

Tuttavia, come da lui stesso spiegato, ci sarebbe stato uno iato lungo 60 anni e chiuso soltanto nel 2005, ovvero l’anno in cui è stato effettivamente celebrato il primo Giorno del ricordo, esattamente quando si è avuto l’accesso alla documentazione storica e a tutto il materiale relativo al periodo delle foibe. Uno iato fatto di mistero, con i suoi negazionismi e le sue distorsioni, diradato soltanto dopo decenni. Prima di addentrarsi nella spiegazione delle dinamiche omicide, note ai più, che portarono alla morte dai 5 agli 11mila infoibati, Luisi puntualizza: «Quando parliamo di foibe, facciamo riferimento a due cose: dal punto di vista geografico intendiamo riferirci alle spaccature delle montagne del Carso; mentre da un punto di vista storico-politico ad un ricordo molto triste».

Ma perché questa tragedia? Chi furono i mandanti? A questo punto Luisi accenna alla figura del generale Tito e al suo intento di riunificazione della Jugoslavia, attualmente divisa in più Stati, salvo poi fare alcuni passi indietro per riprendere la vicenda dal 1861, anno dell’unità d’Italia. Un lustro più tardi, ovvero nel 1866, la nostra nazione, ancora debole dal punto di vista politico ma soprattutto militare, si ritrova costretta a partecipare ad un periodo di guerra di tre mesi, ovvero la terza guerra d’indipendenza, al fianco della Prussia, contro l’Impero Austro-Ungarico. Sugli sviluppi di questo conflitto, la nostra nazione, nonostante i disastri di La Marmora e del suo successore, riesce comunque a sedersi al tavolo dei vincitori, ottenendo dalla Prussia la Venezia-Giulia e una parte della Dalmazia: «L’Italia in questo momento inizia a penetrare nel territorio della Jugoslavia».

Alcuni anni più tardi, il mondo viene sconquassato dalla Prima Guerra Mondiale, vinta “per il rotto della cuffia” da un’Italia che, ancora una volta in maniera fortunosa, si ritrova comunque a risicare qualcosa, come ad esempio il Trentino fino a Bolzano, tranne però la tanto desiderata Fiume che scatenò il caso della cosiddetta “vittoria mutilata”. A tal proposito, il prof. Luisi si sofferma sull’azione intrapresa da D’Annunzio, il quale come sappiamo dovette poi desistere.

Si arriva così al terzo step dell’excursus storico tracciato dal docente, ovvero il 6 aprile del ’41, quando l’Italia invade la Jugoslavia di comune accordo con la Germania. In questa parentesi, Luisi ripercorre brevemente l’ascesa al potere del fascismo e la volontà “italianizzatrice” di Mussolini imposta su tutti i territori italiani, strettamente interni ed esterni ai confini “naturali” della nazione: «Nelle zone slave in cui si erano insediati i nostri connazionali, Mussolini pretese l’italianizzazione del territorio, nonostante si parlasse in slavo e si praticasse l’islamismo. In caso contrario gli squadristi avrebbero utilizzato “metodi persuasivi”».

Poco tempo dopo, la triste favola nazifascista finisce in pessimo modo e in Jugoslavia un certo Tito prende piede col suo esercito di partigiani, determinato a cacciare tutti i fascisti: «Tito ebbe accortezza di operare una distinzione: se eri comunista, venivi risparmiato; se eri fascista, venivi allontanato dalla Jugoslavia; se ti opponevi, venivi ammazzato nelle foibe».

E così, dopo aver aperto una parentesi sul comunismo sovietico, Luisi racconta la tragica storia di Norma Cossetti, brutalizzata a 23 anni dai partigiani di Tito, e quella più fortunata di Andrea Corsi, sopravvissuto per miracolo alle foibe. Prima di dipingere con tinte fosche la figura di Emilio Sereni, Ministro per l’assistenza post-bellica secondo cui «le foibe erano solo propaganda anti-comunista», la lectio di Luisi si concluderà con il riferimento al trattato di Parigi del 10 febbraio del ’47, che pone fine al dramma delle foibe: «Vi invito a pensare in questo momento a cosa fareste se all’improvviso un regime militare vi ordinasse di lasciare tutto e andar via. Andare via dove? Non tutte le scuole – chiosa – ricordano questa vicenda. Di tanto in tanto, quando sentite parlare di foibe, non passate all’altra pagina, perché questa è una pagina triste della storia d’Italia messa a tacere per 60 anni».

E a proposito del silenzio che copre persino le urla degli assassinati e gli spari degli assassini, Luisi promette che ci sarebbe tutto un altro capitolo, di cui magari «ne parliamo l’anno prossimo». Non resta dunque che dare tempo al tempo.

L’intervento dell’assessore De Carolis

«In qualità di assessore alla cultura e pubblica istruzione di questo comune, mi onoro di aver commemorato la giornata in ricordo delle Foibe. Tale iniziativa è stata impreziosita dal supporto del Professor Onofrio Resta e del Chiarissimo Professor Luisi dell’Università di Bari, in quanto ancora numerose sono le pagine di storia intrise del sangue di uomini, donne e bambini barbaramente uccisi nel nome di una pura e semplice follia umana.

Il luogo prescelto è stata la scuola, quella istituzione che ha il dovere di formare ed informare, in quanto, come diceva il principale storiografo greco Tucidice la storia è “????? ?? ????”, ovvero un possesso/insegnamento per sempre. Rivolgersi ai ragazzi affinché possano con il loro impegno rendere giustizia e impegnarsi quotidianamente contro ogni forma di violenza e prevaricazione. Inoltre, ricordare è un atto di riconoscenza, un debito morale, così come sancito e voluto dal 2005 dalle nostre istituzioni democratiche e repubblicane. ????? ?? ???? Nella consapevolezza che è mio intento far passare il concetto che il sapere è ri-conoscere ovvero conoscere due volte. Nel ringraziare la dirigente scolastico, i docenti e gli alunni, desidero proseguire su questo cammino di incontri e confronti affinché la bandiera della legalità del rispetto e dell’onestà prevalga sempre e in ogni luogo».

LEONARDO FLORIO

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