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Cultura

L’albero della cuccagna: un ricordo lontano

Il primo albero della cuccagna

Quando a Turi si festeggiava in massa il Carnevale. Oggi non resta che andare a Putignano o a Sammichele

“Il tempo non va misurato in ore e minuti, ma in trasformazioni”. Difficile trovare un aforisma capace di meglio introdurre i racconti sul passato turese che, saltuariamente, ci vengono forniti dalla gentile e preziosa collaborazione di Milko Iacovazzi.

Il 9 febbraio per la 626esima volta la vicinissima Putignano si è vestita di maschere e colori, mentre le sue strade sono state invase da giganti in cartapesta. È bene ricordare che quello di Putignano è il Carnevale più lungo e tra i più antichi d’Europa: il tema di quest’anno è, oltre le solite diatribe relative al prezzo del biglietto, “La Terra vista dal Carnevale”.

Carnevale anni '80 (1)

Tornando adesso a Turi e al nostro Iacovazzi, vogliamo, con una vena nostalgica al limite tra il romanticismo e il masochismo, rispolverare quello che è, anzi era il nostro Carnevale. Prima però è bene segnalarvi la pagina Facebook “Turi com’era”, da cui abbiamo attinto la maggior parte delle foto che qui potete ammirare: sfidiamo quelli che non amano le recenti tecnologie a non ringraziare la modernità per ciò che ci permette. Scorrendo tra gli innumerevoli scatti raccolti nell’archivio della pagina Facebook, si ha infatti la sensazione di essere proiettati nel tempo, di camminare tra le vie del nostro paese, di sentire la musica, le urla dei bambini in festa e le risate di un marasma di turesi riversi per le strade in occasione del Carnevale. Anzi, osiamo di più: se non fosse per le maschere e per gli abiti pesanti, verrebbe da pensare che certe foto ritraggono alcuni momenti della nostra festa patronale. Già, la festa patronale, ormai una delle pochissime parentesi di gioia, convivialità e soprattutto aggregazione che ci è rimasta. Guardando infatti ciò che era Turi un tempo non molto lontano, verrebbe da dire che si stava meglio (e si stava insieme) quando si stava peggio. Chissà quali erano i costi del nostro Carnevale, quanti turesi partecipavano attivamente alla sua riuscita, quanta condivisione di mezzi e di idee c’era all’epoca: quanta poesia in quei trattori usati per muovere i carri tra le vie di Turi, spesso adornati da messaggi satirici.

CARNEVALE TURESE DA TURI COM’ERA 6

Continuando nell’impietoso paragone coi tempi moderni, ecco sopraggiungere in nostro aiuto Milko Iacovazzi, il quale ha voluto raccontarci il momento del maestoso (e non da meno tragicomico) albero della cuccagna, forse il più atteso di tutto il Carnevale. «Con la scomparsa del Carnevale turese – racconta Iacovazzi – le nuove generazioni non avranno mai la possibilità di assistere ad alcuni momenti ed usanze carnascialesche rimaste, invece, ben impresse nella memoria dei più grandi. Una su tutte, il famoso albero della cuccagna, issato nel bel mezzo di piazza Silvio Orlandi che, per l’occasione, si ritrovava gremita di spettatori di ogni età e ceto. Un albero vero e proprio, spalmato da cima a fondo con una sostanza scivolosissima e sporca; sulla sua sommità c’era un cerchione di ferro attorno al quale erano legati vari prodotti mangerecci, come per esempio polli, pezzi di formaggio, salami.

I nostri carri allegorici (1)

Prima di essere “ingrassato”, l’albero veniva accuratamente scortecciato e piallato, sia per togliere ogni scheggia che avrebbe potuto ferire gli arrampicatori, sia per eliminare ogni deformità che avrebbe potuto facilitare la presa delle mani o l’appoggio dei piedi di coloro che provavano ad arrampicarsi. Un’esperienza, questa, resa ancor più difficile dal grasso di maiale di cui la superficie dell’albero era totalmente unta. Il divertimento del pubblico consisteva non solo nell’ammirare la bravura e le tecniche di “climbing” dei partecipanti al gioco, ma soprattutto nell’osservarne le rocambolesche scivolate: capitava che l’arrampicatore salisse, con uno sforzo di braccia e gambe non indifferente, fino ad un buon punto, salvo poi iniziare ad accusare la fatica ed arrendersi, lasciandosi scivolare a terra. Col passare dei minuti, il gioco manifestava il suo lato più inestetico, sfigurando i volti degli arrampicatori che, difatti, diventavano neri, unti e bisunti.

Carnevale anni '80 (2)Solitamente il tanto atteso evento dell’albero della cuccagna si svolgeva nel tardo pomeriggio del Martedì Grasso, dopo aver messo a dimora i carri allegorici che in lungo e in largo avevano rallegrato la nostra Turi. Salendo pian piano i tanti pioli di una scala, l’addetto all’unzione procedeva con l’ingrassare il palo sotto gli occhi attenti dei tanti spettatori già assiepati in cerchio attorno all’albero: spesso si domandavano se quell’esagerato luccichio sulla sua fronte fosse grasso, sudore o semplice emozione per la responsabilità di un rito che, ormai, sapeva di liturgico, tanto era la serietà con cui lo assolveva ogni anno.

I carri allegorici turesi (2)

Forse mossi dall’esibire la propria forza muscolare, piuttosto che dal desiderio delle leccornie posizionate in cima al palo, tanti baldi giovani provavano a cimentarsi in quest’impresa prima che il grasso li facesse tuttavia cadere sul letto di paglia, predisposto a terra per la loro incolumità. A volte, spinte da un comprensibile “languore”, partecipavano intere squadre di gente disoccupata: ricordo quando una di queste riuscì ad aggiudicarsi tutto il ben di Dio messo in palio. Dopo essersi agganciati con le loro forti braccia, gli arrampicatori iniziavano ad avanzare verso l’alto attorcigliando le gambe all’albero, come serpi: alcuni di loro, con astuzia, pensarono bene di dotarsi di speciali tute, fatte di sacchi di iuta, su cui avevano cucito una decina di enormi tasche, tutte piene di cenere, al fine di rendere un attimo meno sdruccevole il palo. Alla fine dell’impresa, a causa del sudore e del grasso, tutti i partecipanti apparivano sfigurati in una specie di Caronte, finendo così per incutere addirittura paura ai bimbi presenti: congratularsi o stringer loro la mano finiva per essere leggermente proibitivo.

Carnevale anni '80 (4)

L’odore di quel grasso, la gente accorsa per tifare per tutti i ragazzi che a volte si “umiliavano” nel partecipare, la paura e l’ilarità di ogni scivolata e caduta, la soddisfazione di chi per primo arrivava in cima all’albero: tutto questo caratterizzava il sapore umano e folkloristico di quella “festa nazionale”, vissuta in tutto il paese con trepidazione. Ora non c’è più, tutto scomparso, tutto volatilizzato: come se stessimo a parlare di cento anni fa. Indescrivibili sono la nostalgia e la tristezza che gli adulti di oggi provano a causa della mancanza di quell’evento che, seppur semplice, rendeva felice tutti, dai grandi ai bambini. Ciao, Albero della Cuccagna: è stato bello. Chissà se ti rivedremo più».

E nel 2013 si è rivisto, in una chiave più moderna e certamente meno partecipata a causa della locazione periferica individuata quell’anno. Ormai è tardi per quest’anno, ma vogliamo rivolgere ugualmente un appello all’attuale Amministrazione e alle associazioni locali affinché tutto questo non sia soltanto l’ennesimo lontano ricordo o vivo rimorso verso tutto ciò che Turi ha perso, sta perdendo e perderà in termini di aggregazione collettiva. Non resta dunque che andare a Putignano o nella tanto criticata Sammichele.

LEONARDO FLORIO

Foto di Milko Iacovazzi e ‘Turi com’era’

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