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Politica

Il dolce pomo della discordia – seconda parte

Fabio Topputi

Topputi: “Non dobbiamo perderci nelle chiacchiere del campanilismo”.


Sulla faldacchèa: “Stiamo valutando l’inserimento nell’Arca del Gusto e dello Slow Food”. Suspence su altre progettualità


Rientrati dalla pausa natalizia, abbiamo dedicato la prima pagina del primo numero del 2020 alla Ferrovia, soprannominata per l’occasione “il dolce pomo della discordia”. Perché questa scelta? Come tutti sanno, la guerra di Troia ebbe origine dal proverbiale pomo della discordia conteso dalle tre dee greche Era, Afrodite e Atena. Altrettanto noto è l’elevato consumo di pandori e panettoni nel periodo che va da inizio dicembre fino ad almeno metà gennaio. “Ma il nesso qual è?” – direbbe un chiacchierato sedicente giornalista locale. Presto detto. Durante le festività, sui social, non si è parlato d’altro che del pandoro “Rouge” prodotto dalle Tre Marie. Se da un lato le Tre Marie in questione non sono certamente le tre dee greche prima menzionate, dall’altro il pandoro “Rouge” è stato per davvero un pomo della discordia piuttosto chiacchierato e conteso: sul retro della sua confezione si narra, infatti, di una storia tra realtà e leggenda che vedrebbe in Sammichele la città d’origine della “nostra” Ferrovia. Ecco, nostra o di qualcun altro? Un quesito sorto spontaneamente nella mente di molti turesi, tanto che qualcuno ha pensato di inforcare gli occhiali e impugnare la penna per scrivere direttamente alle Tre Marie.

Nello scorso numero vi abbiamo raccontato di queste lettere inviate da alcuni turesi all’azienda Galbusera Tre Marie, per poi dar spazio alle appassionanti rivelazioni di Oronzo Dalfino: i numeri de “La Voce del Paese” vanno a ruba, per cui ricordiamo ai lettori che, seppur con legittimo ritardo, c’è sempre la possibilità di leggere i nostri articoli online sul sito o sulla pagina Facebook “turiweb.it”.

Sempre nell’articolo in questione, dedicavamo alcune righe alle dichiarazioni infuocate di un assessore di Sammichele, per poi addentrarci in un’intervista condotta assieme ad Angelo Palmisano, produttore cerasicolo e leader nell’attuale Amministrazione del gruppo di minoranza. Palmisano ha spiegato ai nostri microfoni la necessità e i benefici che derivano dal superare ogni sterile campanilismo, per poi far cenno a quel protocollo d’intesa da lui stesso proposto nel 2012 ai comuni di Casamassima, Castellana Grotte, Conversano, Gioia del Colle, Putignano, Sammichele di Bari ed ovviamente Turi. Chiaramente si è anche discusso del marchio DOP, tanto inseguito ma mai ottenuto.

A distanza di una settimana, rivolgiamo le medesime questioni anche al vicesindaco Fabio Topputi. Ecco di seguito le sue risposte e le sue riflessioni.

Negli scorsi giorni sono sorti dei campanilismi o, se vogliamo, diverse versioni su quella che sarebbe la storia vera della ciliegia Ferrovia: è giusto definire la ciliegia Ferrovia un prodotto esclusivamente turese?

«Sicuramente non si può definire la ciliegia esclusivamente di Turi. È vero, comunque, che un sesto della produzione nazionale appartiene al nostro territorio: questo possiamo dirlo. In ogni caso dobbiamo superare il discorso del campanilismo; non mi appassiona dire che la ciliegia appartiene a Turi o che non appartiene a Sammichele. Dobbiamo fare rete, promuovere e valorizzare sempre di più questo prodotto: questo è ciò che va fatto. Non dobbiamo perderci nelle chiacchiere del campanilismo che porta solamente al male di tutti».

In ogni caso, Turi resta la terra della ciliegia: è normale che la nostra città sia ferma alla sola produzione di questo prodotto? Cosa può fare la politica per permettere alla nostra città di compiere passi importanti sul fronte della lavorazione, commercializzazione, tutela e valorizzazione del prodotto?

«La ciliegia Ferrovia di Turi è diventata un prodotto d’eccellenza, riconosciuto a livello regionale. Peccato che non abbiamo una certificazione ed è qui che sicuramente la politica può spingere affinché questa certificazione dia quel maggiore input utile a valorizzare il prodotto e quindi a commercializzarlo. Per il sostegno alle imprese, la politica ovviamente non può sostituirsi agli imprenditori, ma possiamo dare strumenti affinché vadano a realizzarsi quelle imprese che commercializzerebbero il prodotto».

L’azienda (Tre Marie) produttrice del panettone alla ciliegia di cui tanto si è discusso è colpevole di aver mistificato la vera storia della ferrovia o è forse la politica locale ad essere colpevole per non aver fatto abbastanza?

«Voglio vedere il buono di tutto questo: il fatto che Tre Marie abbia utilizzato “Ferrovia” invece di un generico “ciliegie” fa capire che noi siamo stati bravi a promuovere la ciliegia Ferrovia attraverso la sagra e l’attività promozionale. Dobbiamo continuare a riflettere e puntare su questo».

Prescindendo dalle ciliegie, quali sono gli altri progetti in cantiere per la promozione del territorio ed il marketing territoriale?

«Sarà mia premura assieme a tutta l’Amministrazione impegnarmi in tal senso. In particolare, con la consigliera Teresita De Florio promuoveremo i nostri prodotti tipici: faldacchea, tronère, percoche. La cosa che mi fa riflettere è che tanta gente – ad esempio a Bari – non conosce ancora la faldacchea su cui possiamo fare tanto. Adesso stiamo valutando con Teresita De Florio di inserire la faldacchea nell’Arca del Gusto e dello Slow Food come primo passo verso la valorizzazione del prodotto. Tante altre cose si faranno e non voglio svelarle subito».

L’alone di mistero con cui conclude Topputi crea tanta suspence, per cui non resta che attendere. Intanto, a testimonianza di un’organizzazione collaudata e lungimirante, anche nell’ambito della Sagra della ciliegia Ferrovia pare che qualcosa si stia muovendo già da adesso, a cinque mesi dal grande evento che colora la nostra città di rosso.

LEONARDO FLORIO

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