Giovanni Maria Sabino al cospetto della Madonna
Un viaggio suggestivo nella storia e negli spartiti scoperti da Paolo Valerio e riprodotti nel concerto dell’Immacolata
Nella serata dell’8 dicembre, al cospetto della Madonna posizionata dinanzi all’altare della Chiesa Matrice, il direttore Paolo Valerio ha incantato i presenti per oltre due ore, trasportandoli in un viaggio musicale raffinato, in grado di unire storia e spiritualità: applauditissimi, infatti, i musicisti del suo ensemble barocco intitolato a “Giovanni Maria Sabino”, compositore nato a Turi nel 1588, primo direttore in assoluto del Conservatorio di Napoli “Santa Maria della pietà dei turchini”, nonché uno dei “big” della scuola musicale napoletana che, a partire dal XVIII secolo, seppe imporsi nel panorama europeo.
Ebbene, il programma del concerto dell’Immacolata si è aperto con “Iubilate Deo”, una composizione in latino scritta proprio da Giovanni Maria Sabino, al quale Paolo Valerio ha dedicato, oltre che un ensemble barocco, un comitato permanente omonimo e ben 15 anni di ricerca incessante. «Iubilate Deo – racconta Valerio – sarà il primo brano del terzo disco che andrà a racchiudere l’opera omnia di Giovanni Maria Sabino e dei suoi due nipoti Antonino e Francesco».
Come si era tuttavia detto la settimana scorsa su queste colonne, le sorprese tenute in serbo dal direttore Valerio non sarebbero state poche: dopo “Iubilate Deo”, a distanza di oltre tre secoli e per la prima volta in epoca moderna, è tornata in vita “S’al tuo felice sguardo”, una Canzonetta spirituale di Antonino Sabino ritrovata nell’archivio digitale della biblioteca del Conservatorio di Bruxelles in Belgio. Prima di procedere oltre, è bene sottolineare che l’esecuzione di certi spartiti, rubati dall’oblio, resuscitati dalle ceneri di un tempo che non esiste più, non è mai cosa da poco: «Uno spartito – affermava Valerio 10 anni fa – se non viene eseguito rimane un pezzo di carta, a differenza di un quadro che può essere sempre ammirato». Prima di iniziare la nostra intervista, Valerio tiene a precisare: «Antonino e Francesco, contrariamente a quanto riportato da alcune enciclopedie della musica, sono i nipoti di Giovanni Maria Sabino. Grazie alle ricerche svolte, questo particolare è stato chiarito in maniera inequivocabile». Il concerto si è poi concluso con un mottetto pastorale di Gaetano Veneziano, compositore nato a Bisceglie nel 1665.
Qual è il legame tra Veneziano e i Sabino?
«Veneziano è stato allievo di Francesco Provenzale, a sua volta formato musicalmente da Giovanni Maria Sabino. La scelta di inserire questa composizione di Veneziano non è comunque casuale, perché, essendo appunto un mottetto pastorale, racchiude delle melodie tipiche di Natale: lo stesso stile compositivo evoca il clima natalizio con il suo andamento.”. Per l’esecuzione di questo brano, Valerio, come sempre, non si è risparmiato, andando a “scomodare” l’unico cornettista dell’Italia Centromeridionale, ovvero Nicola Papalettera: una risorsa umana piuttosto rara, considerando che il cornetto è uno strumento a fiato di epoca medievale, dunque precedente al periodo barocco e spesso adoperato dai pastori di parecchi secoli fa. Ancor più intrigante è la storia che si nasconde dietro questo mottetto, commissionato a Veneziano nel 1690 dai padri carmelitani della Basilica di S. Maria del Carmine (o Carmine Maggiore) a Napoli: “Il mottetto è dedicato al crocifisso miracoloso presente nella Basilica. Dal XV secolo ad oggi viene scoperto al culto dei fedeli nel periodo natalizio tra Natale e Capodanno. Il brano di Veneziano venne certamente commissionato ed eseguito in occasione di uno di questi momenti di devozione: per questo motivo il suo stile è quello del pastorale, dai forti richiami all’atmosfera natalizia».
E perché tale crocifisso sarebbe miracoloso?
«Nel 1439 Re Alfonso D’Aragona assediava con le sue truppe Napoli; Infante, suo fratello minore, fece puntare una bombarda in direzione della Basilica. La Messinese – così si chiamava il cannone – sparò ed un colpo entrò nella Basilica proprio in direzione del crocifisso che, stando alle cronache del tempo, avrebbe abbassato la testa per evitare di essere colpito. Presto la popolazione napoletana venne a conoscenza dell’episodio, compresi gli aragonesi, tant’è che l’assedio per qualche giorno venne rallentato. Qualche mese più tardi, la Pazza – un’altra bombarda, questa volta angioina, rivolta contro gli aragonesi – sparò un colpo in direzione del mare: a pagarne le conseguenze fu proprio quell’Infante che aveva fatto fuoco con la Messinese e che per mano – forse divina- della Pazza finì decapitato».
Da alcune fonti partenopee, stimolati dai racconti di Valerio, apprendiamo inoltre che quando Alfonso d’Aragona salì sul trono di Napoli, il suo primo pensiero fu di recarsi al Carmine per venerare il Crocifisso miracoloso e, per riparare il suo atto insano, fece costruire un sontuoso tabernacolo. Era il 26 dicembre 1439 e da allora, il tabernacolo viene aperto per svelare la miracolosa immagine il 26 dicembre di ogni anno fino al 2 gennaio: due secoli più tardi Veneziano avrebbe dedicato un mottetto a questa ricorrenza e, dopo altri tre secoli, i suoi spartiti e tutta questa storia sarebbero arrivati a noi, a Turi, grazie al lavoro di Paolo Valerio.
L’ensemble “Giovanni Maria Sabino” è adesso atteso da un week-end impegnativo: sabato 14, a partire dalle 19.30, sarà di scena a Bitetto nella Cattedrale di San Michele, mentre domenica 15, allo stesso orario, suonerà a Modugno nella Chiesa della Madonna del Suffragio. Forse certe esibizioni, certe storie e certe atmosfere meriterebbero più attenzioni nella nostra città, la cui tradizione musicale è tutt’altro che insignificante.
LEONARDO FLORIO