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Cultura

La Costituzione che libera e limita la stampa e l’espressione

I due relatori

A Casa delle Idee una lectio magistralis con Annamaria Barbato Ricci e l’ex direttore ANSA Giampiero Gramaglia

Nella serata di giovedì 5 dicembre si è tenuto il sesto appuntamento del secondo ciclo di seminari sulla Costituzione organizzato da Alina Laruccia, presidente di “Didiario – Suggeritori di Libri”. Dopo Giorgio Benvenuto, Rosanna Oliva De Conciliis, Stefania Limiti, Gherardo Colombo e Gero Grassi, Casa delle Idee ha accolto altri due relatori d’eccezione, ovvero Giampiero Gramaglia e Annamaria Barbato Ricci. Prima di entrare nel merito della serata, ecco, come sempre, un’istantanea per inquadrare meglio i protagonisti dell’incontro.

CHI È ANNAMARIA BARBATO RICCI

Laureata in Giurisprudenza, è comunicatrice, scrittrice, giornalista e avvocato. A partire dal 1985 si è occupata di comunicazione in varie sedi istituzionali. È stata capo-ufficio stampa alla presidenza del Consiglio dei Ministri alla fine degli anni ’90 ed ha lavorato al Formez, alla Simest, all’UNIDO e all’UNICEF. Tra le sue attività, Annamaria Barbato Ricci ha curato “Le italiane”, un libro che per certi versi rappresenta il suo impegno costante sul fronte delle pari opportunità.

CHI È GIAMPIERO GRAMAGLIA

Ha lavorato alla Provincia Pavese, alla Gazzetta del Popolo e per trent’anni all’ANSA, di cui è stato corrispondente da Bruxelles, Parigi, Washington e, infine, direttore dal 2006 al 2009. Qualche tempo più tardi, dall’aprile del 2015 a fine anno, è stato vice-direttore dell’agenzia di stampa LaPresse. Collabora con vari media, specie Il Fatto Quotidiano, dirige i corsi di giornalismo all’Istituto per la formazione al giornalismo di Urbino ed è autore di alcune pubblicazioni tra cui “Complici”, un libro sulle relazioni tra Italia e Libia, con Luigi Garofalo.

LA SINTESI DELLA SERATA

Non sappiamo da quanto tempo duri l’amicizia tra la Barbato Ricci e Gramaglia, ma ascoltarli dialogare è stato piuttosto piacevole, quasi familiare, e questa relazione a due voci ha senz’altro contribuito al dinamismo della serata. Diversi ma compatibili, i due ospiti hanno affrontato alcuni aspetti della Costituzione all’interno di una vera e propria lectio magistralis sul mondo dell’informazione: inutile commentare chi, a fronte di 15 euro per l’intero ciclo di seminari, ha preferito rimanere a casa.

TRA FASCISMO E REPUBBLICA, LA STEFANI E L’ANSA

“È stato difficile convincere Giampiero a venire qui: ha detto subito di sì” – esordisce ironizzando la Barbato Ricci. “La nostra Costituzione – dirà più tardi – nasce dalle ceneri del regime fascista, ovvero come garante di libertà”. E la libertà di cui si è maggiormente parlato durante la serata non poteva che essere quella di espressione e stampa sancita nella nostra Costituzione con l’art.21, il quale permette il passaggio da un’informazione non libera ad una libera: “Per 30 anni – racconta Gramaglia – ho lavorato per l’ANSA, agenzia che nasce nello snodo tra il fascismo e l’Italia repubblicana. Dal 1853 c’era in Italia un’agenzia di stampa, la Stefani che fu la voce dell’unità e dell’indipendenza d’Italia. A partire dagli anni ’20 era poi divenuta la voce del fascismo anche quando il regime dovette trasferirsi a Salò, con due elementi quasi macabri: il direttore Morgagni si suicida dopo aver visto crollare il fascismo; gli succede Daquanno che morirà fucilato dopo esser stato fermato a Dongo assieme a Mussolini”. Stando alle spiegazioni di Gramaglia, dopo la tragica fine della Stefani, in Italia nasce una cooperativa tra i maggiori giornali nazionali, ovvero “l’Unità”, “Avanti!” e “Il Popolo”: da questa sinergia nasce l’ANSA che, in poco tempo, diventa lo strumento di informazione italiana, dando la notizia del referendum che ha poi portato alla Repubblica e della nascita della Costituzione nel ’48.

L’ARTICOLO 21

Dopo questo excursus, la parola torna alla Barbato Ricci che saluta il vicesindaco Fabio Topputi, accorso in rappresentanza dell’Amministrazione. Riprendendo la relazione dall’art. 21, Gramaglia e la stessa Barbato Ricci ne sottolineano il valore profondamente antifascista e la lungimiranza: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. Con quest’ultima addizione si tutelano anche le forme espressive successive all’emanazione della Costituzione” – sottolinea Gramaglia. Analizzando le 18 righe successive dell’art.21, l’ex direttore dell’ANSA mostra quelle che sono tutte le indicazioni che, paradossalmente, servono a garantire, limitandola, la libertà espressa nelle due righe poc’anzi menzionate. A questo punto Gramaglia opera una rapida sinossi con la Costituzione statunitense che non ha alcuna legge che limiti la libertà d’espressione e stampa e che, è pur vero, venne scritta in un momento storico totalmente diverso rispetto al 1948.

Interessante, tuttavia, un appunto scaturito da questo confronto: “Quando leggiamo in certe classifiche internazionali che l’Italia è al 78esimo posto per quanto riguarda la libertà di stampa, molto si basa su questo principio: l’Italia è un paese che ha tante leggi che regolamentano e limitano la libertà di stampa. Davanti all’Italia ci sono nazioni che non hanno leggi ma che, al contempo, non hanno proprio la libertà di stampa in sé, e questa è un’assurdità”.

Pungolato da una domanda della Barbato Ricci, a proposito di come l’art. 21 si sia consolidato nella sua identità durante tutti questi anni, Gramaglia spiega: “L’Italia si è dotata di tutta una serie di strumenti legislativi che vogliono fare quello che è previsto dalla Costituzione. Il nostro rispetto della libertà si è svolto su due piani: uno nazionale ed uno internazionale. Dal primo punto di vista, l’Italia si è data nel tempo la legge sulla stampa, un ordinamento della professione di giornalista, un testo unico dei servizi media-audiovisivi quando la radio e la TV hanno sopravanzato la stampa scritta e, poi, alla libertà di stampa e alle violazioni di norme che possono autorizzare il sequestro dei giornali e pubblicazioni fanno riferimento degli articoli del codice penale. In parallelo l’Italia aderisce ad una serie di atti internazionali che rafforzano la libertà di informazione ed espressione: la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo coeva alla nostra Costituzione, la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del ’50, la Carta dei diritti fondamentali dell’UE. Questi tre riferimenti internazionali sono prevalenti sulla normativa nazionale”.

LA LIBERTÀ DI STAMPA IN ITALIA

“La libertà di espressione mi pare abbastanza ampia, mentre quella di stampa è da sempre funzione di un grosso handicap italiano ovvero l’industria editoriale che non è pura ma è sempre un aspetto secondario di un’altra iniziativa, o imprenditoriale o politica: il Corriere della Sera, storicamente espressione di un’Italia liberale, i cui editori fanno dei mestieri industriali; la Stampa legata alla FIAT, il Messaggero all’edilizia romana, il Tempo all’industria farmaceutica, la Repubblica che nasce come giornale nuovo, in realtà poi legata anch’essa ad una proprietà industriale. Quando la TV diventa più importante dei giornale, la situazione non migliora, perché la RAI, TV unica fino agli anni ’70, risente di interessi politici e l’aumento dei canali: RAI 1 per la DC, RAI 2 per i socialisti, RAI 3 per i comunisti. Adesso RAI 1 per i grillini, RAI 2 per i leghisti, RAI 3 per il PD. C’è un po’ di confusione sul primo canale, perché c’è confusione nel partito di riferimento”.

IL GIORNALISMO ONLINE

“I giornalisti italiani hanno ritardato l’ammodernamento degli strumenti informativi, facendo battaglie di retroguardia per difendere i posti di lavori in realtà poi non difesi. Abbiamo visto come antitetica l’informazione online rispetto a quella tradizionale. Non abbiamo accettato di fondere le due cose. L’effetto è stato che l’informazione online in Italia è spesso trash, sfrutta il lavoro di giovani colleghi senza alcuna prospettiva e guida: quindi la qualità dell’informazione è approssimativa. Molti di noi sono abituati a considerare l’informazione come un diritto da non pagare e dunque di considerare l’informazione gratuita come libera: in realtà quell’informazione è pagata da chi vuole dare quella notizia. Se pagate la vostra informazione, la condizionate col vostro sostegno e dunque ne siete in qualche modo proprietari e garanti, a differenza di quella gratuita”.

LE FAKE NEWS?

“Sono sempre esistite, non solo connesse ad internet: il paradiso terrestre, di cui nessuno può parlare, lo immagineremo per sempre coi quadri del Rinascimento. La differenza col passato è che oggi le fake news per radicarsi impiegano poco tempo, diventano universali e vengono avallate da persone o robot che sono lì per renderle vere. La novità adesso è la post-truth: una cosa che diventa vera perché tutti la credono vera”. Come difenderci? – chiedono a gran voce alcuni presenti, tra cui Vito Catucci ed il vicesindaco Topputi: “Utilizzando al meglio gli strumenti tecnologici di cui disponiamo e controllando la qualità dell’informazione all’origine”.

LEONARDO FLORIO

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