“Turi ha la pancia piena”
Vito Rossi tira le somme sulla stagione estiva e analizza i problemi irrisolti della nostra offerta turistica
Tutto esaurito a luglio e agosto, presenze record per la Sagra della Ciliegia e la Festa di Sant’Oronzo. Eppure il turismo a Turi continua a soffrire l’assenza di prospettive.
Con la chiusura della stagione estiva, siamo ritornati a parlare con Vito Rossi, presidente dell’Associazione B&B di Turi, per tirare le somme di uno dei settori, che assieme all’agricoltura, rappresenta il traino dell’economia del nostro paese.
Ai dati lusinghieri sull’afflusso turistico estivo, ormai consolidato, Rossi affianca un’analisi dei nodi irrisolti, da troppi anni. Primo fra tutti la mancanza della volontà di scommettere sul centro storico, inaugurando attività commerciali e piccoli locali di gastronomia tipica. Un passo indispensabile a “chiudere il cerchio”, completando l’offerta turistica del cosiddetto “dormi e mangia”.
La ragione secondo Vito Rossi è da ricercarsi nel fatto che “Turi ha la pancia piena”: ha deciso di accontentarsi di quello che ha. E mentre i Comuni limitrofi utilizzano il poco che hanno per conquistare un posto nello scenario turistico regionale, Turi resta al palo, incapace di fare un passo per ottimizzare le sue potenzialità. Ad iniziare proprio dalla città vecchia, un gioiello che tutti ci riconoscono. «Solo noi – constata amaramente il presidente Rossi – non ce ne siamo accorti. Anzi siamo i primi a parlarne male, restituendo all’esterno un’immagine negativa del nostro paese che non aiuta nessuno».
Una stima di questa stagione estiva?
«Anche quest’anno il saldo è più che positivo. Basti pensare che, con 40 strutture presenti, nei mesi di luglio e agosto abbiamo dovuto bloccare le prenotazioni perché non c’erano più posti letto disponibili. Altro dato che fa riflettere è l’incredibile afflusso durante la Festa di Sant’Oronzo: abbiamo registrato oltre settantamila presente. Due elementi che confermano che per il periodo estivo esiste ormai un flusso consolidato di turisti che sceglie Turi come luogo in cui pernottare.
La vera sfida è quella di creare i presupposti per portare avanti questo trend positivo anche nel periodo invernale».
A tal proposito, come rete degli albergatori avete in mente progetti per spingere verso una destagionalizzazione del turismo?
« Le idee non mancano ma è necessario l’aiuto di tutti: è difficile realizzare un progetto comune per una realtà associativa che unisce solo 12 strutture su 40. Recentemente, nella Biblioteca di Ostuni ho assistito ad una conferenza, organizzata dal Consorzio Mediterrae, dove si è parlato proprio di questo aspetto. Si sono affrontati vari aspetti, tra cui quello dell’enogastronomia che, alla fine dei conti, è l’ingrediente base del turismo pugliese. Spunti e suggerimenti che potremmo tranquillamente fare nostri e applicare a Turi: abbiamo tutte le potenzialità per offrire al turista un’accoglienza più che soddisfacente, andrebbe solo messa la giusta cornice.
Tutti dicono che il nostro centro storico è meraviglio, solo noi non ce ne siamo accorti. Anzi siamo i primi a parlare male del nostro paese, restituendo all’esterno un’immagine negativa che non aiuta nessuno».
Un suo parere sul lavoro finora svolto dal Commissario?
«Ho parlato con il dott. Cantadori per poter adottare il Regolamento per il centro storico, un provvedimento già approvato dall’Amministrazione Coppi ma mai reso operativo.
Questo regolamento prevede, per i primi cinque anni, una serie di sgravi sulle tasse comunali per le attività che decidono di aprire nel centro storico. Benefici di cui finora nessuno ha potuto usufruire. Il Commissario si è impegnato ad interessarsi alla questione. Attendiamo».
Lei vive il centro storico quotidianamente. Esiste davvero un’emergenza sicurezza?
«Siamo ancora un’isola felice e l’attività di presidio dei Carabinieri funziona ottimamente da deterrente.
La nostra speranza è che sempre più attività decidano di scommettere sul centro storico. In questo modo si elimina definitivamente il rischio che le tante abitazioni, più o meno abbandonate, vengano occupate abusivamente, con tutto quello che ne consegue. Del resto, chi come me non ha ricevuto in eredità le case, poi trasformate in strutture ricettive, ci tiene che si conservi almeno il valore dell’acquisto e del successivo investimento per le opere di ristrutturazione.
Nell’ultima intervista ha lanciato l’appello alle attività ristorativa turesi ad interfacciarsi con la vostra rete dei B&B. Ci sono stati sviluppi?
«Assolutamente no. Da parte dei commercianti continua ad esserci una certa presunzione, nonostante siamo noi che pilotiamo i clienti ad andare in uno o nell’altro ristorante.
Oggi, fa male dirlo, continua ad essere trainante il sodalizio con Sammichele: se mandiamo i nostri clienti nelle macellerie sammicheline, mangiano bene e spendono poco, il che porta anche noi ad essere vincenti, perché la recensione che viene lasciata dal cliente non è basata solo sulla stanza ma soprattutto sulla parte enogastronomica».
Quali sono gli ostacoli che impediscono questa reciproca collaborazione?
«Temo che Turi sia un paese che “ha la pancia piena”, si accontenta di quello che ha senza alcun interesse a migliorare e crescere.
Spesso si attribuiscono tutte le responsabilità alla politica. È bene ricordare che siamo noi a votare le Amministrazioni e, da vent’anni a questa parte, continuiamo a scegliere sempre le stesse persone. Non si è mai voluto accordare il ruolo di sindaco o assessore ad un vero imprenditore, qualcuno che si è costruito da solo e che sa come operare per cambiare le cose in meglio.
Altro aspetto è l’incapacità a creare un sistema tra le tante realtà associative: ognuno fa la sua sagra e la sua festa pur di mettersi la stelletta sul petto e dire “siamo i migliori”. Stessa cosa vale nel settore ricettivo: abbiamo realizzato una sala colazione offrendo di condividerla con tutte le strutture del centro storico, finora hanno aderito solo tre soci.
Ancora, abbiamo proposto agli associati di avviare, con un modesto investimento, una trattoria, consapevoli che al turista che ci chiede dove possa consumare i nostri piatti tipici, non sappiamo cosa rispondere. Restiamo in attesa di una risposta».