A caccia di rifiuti per creare ‘bellezza’
Mobedì & friend ripulisce il ponte di via vecchia Sammichele.
‘Beccato’ un abbandonatore seriale
«Sotto il sole a… raccogliere e differenziare la “vostra” spazzatura domestica». Partiamo da questo commento, postato dagli organizzatori, per provare a raccontare l’ecopasseggiata promossa da Mobedì Turi e da Albino Malena, con il supporto della ditta Catucci.
Domenica 9 settembre una decina di volontari, spendendo il proprio tempo e le proprie energie, hanno ripulito un tratto di via vecchia Sammichele, precisamente quello del “ponte”, a circa due kilometri dal centro abitato. Tra i partecipanti anche il piccolo Cristian che, insieme alla nonna Angela, è diventato il candido simbolo di chi, schierandosi contro l’indifferenza, rimedia in prima persona all’inciviltà di quanti inquinano le nostre campagne.
Dunque, armati di scarpe comode, guanti da lavoro ed enorme senso civico, i “mobedini” hanno trascorso l’intera mattinata a ripulire uno dei punti che, da tempo, viene utilizzato come discarica a cielo aperto. E, tra i tanti rifiuti abbandonati, non sono mancate le sorprese: «decine di bustoni viola di spazzatura domestica indifferenziata», plausibilmente «rifiuti seriali (buste uguali) di un singolo, che ha usato disinvoltamente l’area come discarica personale»
Foto e video hanno immortalato alcuni elementi, rintracciati nei sacchetti, che potrebbero essere utili ad identificare il responsabile; ecco perché Modedì ha deciso di stilare una relazione documentata e coinvolgere la Polizia Locale.
Buon appetito!
Lungo e pesante l’elenco dei “frutti del raccolto” di questa pulizia straordinaria del ponte, ad iniziare dall’immancabile plastica.
«Uno dei problemi della spazzatura in libertà – si legge in un altro post di Mobedì – è la plastica, che col tempo, lungi dal degradarsi come l’organico, si sminuzza e disintegra fino a diventare microplastica che come tale finisce… nella nostra catena alimentare. Ergo: ce la mangiamo. Il grosso di ciò che abbiamo pulito era a ridosso di un ricco fico d’india, di cui probabilmente molti si sono cibati: auguri».
Differenziata: buona o cattiva?
Davanti ad uno scenario così avvilente, viene spontaneo chiedersi se la raccolta differenziata sia stata un progresso per il nostro paese.
Come spiegano i “mobediani”, a rispondere a questo legittimo dubbio ci ha pensato l’ex assessore all’ambiente Antonello Palmisano, che ha partecipato all’ecopasseggiata in qualità di cittadino ed amico di Mobedì: «La stragrande maggioranza dei rifiuti trovati in realtà deriva da quello 0,1% della popolazione che non partecipa alla raccolta differenziata e abbandona rifiuti dove capita, generando vere e proprie discariche a cielo aperto, come se lo spazio “deturpato” non lo riguardasse e, soprattutto, non riguardasse anche tutti noi, noi cittadini che regolarmente svolgiamo la differenziata e paghiamo le dovute tasse».
«Basta una famiglia a creare quello scempio: perciò dire che la raccolta differenziata sia il problema non crediamo sia esatto. Il problema è la mentalità, il problema è scambiare la campagna per una discarica… Il problema, quindi, più che politico è psicologico e sociale, ed è lì che dobbiamo puntare: a far capire che le azioni hanno conseguenze, e che se sei in età da generare spazzatura e concepire l’idea di buttarla dove capita, non seguendo le regole del posto in cui vivi, sarebbe anche ora che tu cominci a crescere e assumerti le tue responsabilità».
Creare bellezza
Un ultima nota sulle finalità dell’iniziativa. In tempi più o meno recenti abbiamo assistito a crociate che, spogliate del vessillo del “bene comune” strumentalizzato ad arte, si sono rivelate occasioni strumentali alla ricerca di visibilità (e consensi) del singolo. Mobedì, fin dagli esordi, è stato chiaro ed anche questa volta non delude: «Noi non siamo qui per sostituire le ditte competenti o il Comune – aggiungono i volontari – siamo qui per denunciare, per testimoniare e sensibilizzare: il primo passo è renderci conto. Poi agire. Poi prendercene attivamente cura secondo la filosofia di Mobedì: siamo il posto in cui viviamo».