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“LA MISERIA E IL RAZZISMO”

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L’analisi di Antonio Zita, referente del Comitato Antirazzista di Turi, sulle ragioni dei “malumori” verso gli stagionali stranieri


Dopo gli episodi di aggressioni verbali verificatisi negli ultimi giorni, il malumore in paese per la presenza degli extracomunitari è esponenzialmente aumentato. Un’inquietudine che rischia di sfociare in aperta intolleranza, adombrando le idee di ronde e di “riappropriazione” del territorio. E se un episodio di violenza, chiaramente condannabile ma altrettanto chiaramente di competenza delle Forze dell’Ordine, innesca quasi una “rivolta popolare”, qualcosa nel meccanismo di integrazione non sta funzionando. A maggior ragione se si ricorda che Turi da sempre si è distinta per essere “terra dell’accoglienza”: si pensi alla comunità albanese o a quella cinese, che, nel tempo, sono riuscite non solo ad integrarsi nel tessuto sociale ma a diventare forza propulsiva dell’economia locale.

A tal proposito ci è parso opportuno ascoltare la voce del Comitato antirazzista Welcome Refugees, rappresentato da Antonio Zita, soffermandoci sulla visione d’insieme della presenza degli extracomunitari a Turi.

 

Ritiene esagerata la reazione dei turesi di fronte all’ultimo episodio di aggressione verbale che si è verificato la scorsa domenica?

“La reazione è stata un vago ed esagerato sfogo, con tanta intolleranza, che mostra la miseria culturale che stiamo vivendo. Il fatto in sé, se ci pensiamo, è rilevante e viene prima di qualsiasi distinzione etnica, perché parla del rapporto tra uomo e donna. Indipendentemente se sia stata una molestia nei confronti di una anziana signora o di una ragazza, resta l’atteggiamento di fondo della reazione, cioè “l’aggravante” che lo abbia fatto un non-italiano.

In un certo tipo di persone si innesca il pensiero selettivo, secondo cui per alcuni valgono tutte le pene che per altri non valgono. In Italia, questo tipo di pensiero selettivo si scaglia contro le soggettività marginalizzate dalla società, che oggi sono i rom, ieri i migranti, i senzatetto o gli omosessuali, accusati di essere “il male” che affligge le nostre potenziali armoniche comunità. Tale marginalizzazione viene fatta attraverso le campagne di giornalismo sensazionalistico, si pensi a Il Giornale o Libero, o a politici come Salvini, la Meloni o Adinolfi, che hanno praticato questa indignazione selettiva esprimendo una cultura machista, sessista benpensante e ipocrita che si percuote il petto se a commettere gli stessi abusi che commettono bianchissimi maschi occidentali è uno straniero”.

 

A cosa va ricondotta a suo avviso?

“Appunto a questo solco tracciato da anni e anni di campagne di odio, discriminazione etnica, quindi razziste velatamente e non, di linguaggio fatto di approssimazione, semplificazione e brutalità. Un miscuglio che se si pensa è molto pericoloso. La violenza verbale espressa non è già peggiore della violenza verbale del singolo? Forse non dovremmo fare una classificazione ma riconoscerne il danno che fanno. Il primo ad una persona singola, il secondo a svariate popolazioni discriminate.

Abbiamo bisogno di pensare con attenzione che cosa succede, confrontarci e promuovere una cultura dell’accoglienza e del dialogo per proporre una piccola soluzione”.

 

Che si tratti di lavoratori stagionali o di richiedenti asilo, ospitati da chi mette a disposizione della Prefettura i propri immobili, l’interesse al profitto del privato sembra prevalere sul bene collettivo e i percorsi di integrazione restano pura teoria. Condivide?

“No, i percorsi di integrazione non sono pura teoria. A Turi ci sono centinaia di migranti che adesso risiedono nel nostro municipio e hanno rapporti stabili con la popolazione autoctona. È chiaro che per un gruppo di persone che migra a Turi per un periodo ridotto, il tempo della raccolta delle ciliegie, è più difficile integrarsi, ma possiamo benissimo includerli e il resto verrà da se. Per “il resto” intendo tutte le forme di arricchimento sociale e culturale che si producono dall’incontro di culture e religioni diverse. Si pensi anche solo alla cucina: se non fossero venuti gli arabi in Sicilia e nel meridione nel medioevo non ci avrebbero insegnato la lavorazione della farina nella pasta e noi non avremmo la pasta che mangiamo ogni giorno”.

 

Quali sono le strategie da attuare per promuovere una reale integrazione?

“Come comitato abbiamo espresso spesso la nostra idea: accoglienza diffusa. Pensiamo che a Turi ci siano moltissimi immobili sfitti, e questi possono accogliere tutti questi lavoratori che vengono a lavorare a Turi e che sostengono l’economia del paese. Pensiamo che i turesi dovrebbero fare un salto e aprire i propri immobili ad un prezzo calmierato, e tutti ne beneficeremmo”.

 

Ha ancora senso parlare di razzismo oggi? Non sarebbe più appropriato derubricare tutto ad atteggiamento xenofobo, ovvero di timore per ciò che è diverso?

“No. Prima di tutto, non penso che il razzismo sia l’evoluzione della xenofobia. A me sembra che siano piuttosto sentimenti che si alimentano a vicenda, se vogliamo, due facce della stessa medaglia. Quello che c’è a Turi è molta xenofobia perché secondo me c’è molta ignoranza, ma c’è anche tantissima accoglienza, tanto spirito di inclusione e integrazione. A guardare bene gli xenofobi sono la minoranza, e sono secondo me le persone che più di tutte si sono fatte influenzare dalle campagne di odio dei razzisti mainstream.

Penso che queste persone soffrano la mancanza di una ricchezza culturale, cosa che la televisione, principale strumento di informazione, non fornisce. Se la Barbara D’urso è “il giornalismo italiano”, significa che abbiamo perso la ricchezza del lavoro di indagine, critica e ricerca propria dei migliori giornalisti italiani nella storia del Novecento. L’informazione, per esempio, chiama le cose con il loro nome, anche se questo è scomodo o indispettisce chi è consigliere regionale, deputato, ministro o anche presidente di Confindustria. E come alcuni hanno fatto notare c’è un impoverimento culturale, che viene anche dagli attacchi alla scuola e ai modelli di apprendimento, mettendo in secondo piano il pensiero critico in favore di un apprendimento per skills (abilità).

Il razzismo noi lo abbiamo visto in diversi atti di violenza, si pensi tra tutti a Firenze, l’uccisione di Idy Diene, e al tentato omicidio di Macerata, di stampo fascista. Bisogno tenere presente e ricordarci che c’è un preciso mandate morale, ed è la destra di questo Paese, che si esprime per voce di Salvini, Meloni e soci. Non sarebbe corretto chiamarli solo xenofobi, perché «prima gli italiani» è una discriminazione su base etnica, quindi razzista”.

F.D.

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