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Ritorna in libreria “L’albero del riccio”

L'albero del Riccio

La casa editrice Harpo ha recentemente ripubblicato “L’albero del riccio”, una raccolta delle lettere che Antonio Gramsci scrive durante la detenzione nel carcere di Turi ai suoi familiari, ed in particolare ai figli Delio e Giuliano.

L’8 novembre del 1926, quando Gramsci viene arrestato, il suo primogenito Delio aveva poco di due anni e il secondogenito Giuliano (che non conoscerà mai, perché nato a Mosca) aveva dieci mesi. Trasferito nel 1929 nel carcere di Turi, il grande pensatore comunista (il detenuto 7047) avverte l’urgenza di voler continuare ad essere padre nonostante la lontananza.

Ed è da questa urgenza che nascono le lettere in cui Gramsci racconta “favole vere”, storie di briganti e di animali della sua infanzia e della sua terra, la Sardegna; discute con i figli dei grandi scrittori russi e li invita ad appassionarsi alla conoscenza. Particolarmente intensa anche la lettera in cui descrive minuziosamente la sua giornata tipo nella cella 22 , tre metri per quattro e mezzo con una finestra, una “bocca di lupo” con le sbarre all’interno, da cui “si può vedere solamente una fetta di cielo”. “L’albero del riccio”, dunque, si presenta come un testo nel quale la dimensione intima non è mai disgiunto dall’impegno civile e dalla militanza politica.

“Per vent’anni dobbiamo impedire a questo cervello di funzionare”. Con queste parole, il pubblico ministero Michele Isgrò concluse, nel giugno del 1927, la requisitoria contro Antonio Gramsci, condannato a 20 anni, cinque mesi e quattro giorni di detenzione dal Tribunale Speciale Fascista.

Ma il fondatore del Partito Comunista Italiano diede una grande delusione al suo accusatore e ai giurati. La sua produzione letteraria, politica e sociale – raccolta nei Quaderni dal carcere e pubblicata nel dopoguerra – rappresenta ancora oggi, a 80 anni dalla morte, un fondamentale punto di riferimento per gli studiosi, non solo marxisti, di tutto il mondo.

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