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Il bene non fa notizia ma c’è

Aldo Moro

Una breve riflessione su Aldo Moro

16 marzo 1978 – 16 marzo 2018. Siamo al 40° anniversario del rapimento di Aldo Moro e l’uccisione della sua scorta. Cinque uomini (Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Giulio Rivera, Raffaele Iozzino e Francesco Zizzi) perdono la vita per la sola “colpa” di far parte della scorta del Presidente della Democrazia Cristiana, Aldo Moro, unico obiettivo del gruppo terroristico delle Brigate Rosse.

Tanto si è scritto e si è sentito su questa storia, sugli intrighi e complotti nazionali e internazionali: centinaia di libri, ore e ore di trasmissioni televisive, film e racconti, diverse commissioni d’inchiesta. Ancora oggi si continua a parlare e ad indagare. Tutto questo, se da un lato, è positivo in quanto si deve andare sempre verso la ricerca della verità, dall’altro ha fatto perdere di vista il pensiero e l’insegnamento di un uomo che ha lasciato il segno, fino al sacrificio, nella storia della nostra Repubblica.

Forse è arrivato il momento di utilizzare le occasioni delle ricorrenze, e non solo, per cogliere spunti e riflessioni dal pensiero di Moro per trasmetterli soprattutto ai giovani, molti dei quali neanche sanno chi era e cosa ha fatto. Molti sono gli aspetti che si possono affrontare: si può considerare e approfondire l’impegno intelligente, tenace, lungimirante e fecondo sia nell’Assemblea Costituente sia nell’elaborazione della Costituzione Italiana; oppure l’uomo di cultura, il politico, il credente o, più semplicemente, l’attenzione che aveva verso i giovani.

Riflettendo su quest’ultimo, l’attenzione verso i giovani, mi è venuto in mente un articolo che Moro scrisse nel 1977 sul quotidiano “Il Giorno” dal titolo “Il bene non fa notizia ma c’è” nel quale da vero educatore rivolgeva la Sua attenzione verso i giovani, esortandoli a scorgere e seguire il bene “per una netta collocazione dall’altra parte della barricata”.

Ho ritrovato quell’articolo e l’ho riletto, tante volte, per cogliere o, forse è meglio dire, ricogliere tutto il messaggio che trasmetteva, messaggio che è necessario trasferire ai giovani di oggi. Moro contestava ad un giornalista del Corriere della Sera, in maniera sempre sobria e rispettosa (era il Suo stile), una visione troppo angusta e, forse, troppo rassegnata degli avvenimenti umani e sociali che quotidianamente i giornali riportavano: solo fatti di egoismo e di violenza, che emergono dalla vita sociale, allora come ora. Egli si chiedeva: “si può dire in generale, si può dire anche oggi, malgrado tutto, che la realtà sia tutta e solo quella che risulta dalla cronaca deprimente, e talvolta agghiacciante, di un giornale?” Il bene non fa notizia ma c’è. “Penso all’immensa trama d’amore che unisce il mondo, ad esperienze religiose autentiche, a famiglie ordinate, a slanci generosi di giovani, a forme di operosa solidarietà con gli emarginati ed il Terzo Mondo, a comunità sociali, al commovente attaccamento di operai al loro lavoro. Gli esempi si potrebbero moltiplicare. Basta guardare là dove troppo spesso non si guarda e interessarci di quello che troppo spesso non interessa”, scriveva Moro.

Parole di straordinaria semplicità e, nel contempo, di profondo significato. Il Suo intento era quello di mettere in evidenza che “la vita si svolge in quanto il male risulta in effetti marginale e lascia intatta la straordinaria ricchezza dei valori di accettazione, di tolleranza, di senso del dovere, di solidarietà, di dedizione, di consenso”.

Ecco quello che volevo sottolineare, utilizziamo le ricorrenze per riflettere su queste parole. Abbiamo il dovere di riportare al centro della nostra vita questi valori, facciamo in modo che il bene sia più consistente di quel che appare, più consistente del male che lo contraddice.

Facciamoci aiutare da Moro e parliamone con i nostri figli, con in nostri giovani chiedendo loro di riporre per un momento telefoni, ipad, computer e quant’altro e di riflettere affinché possano aspirare ad un “mondo migliore”.

Mimmo Leogrande
Presidente del Centro Studi “Aldo Moro” Turi

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