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il caporalato, l’amministrazione e il razzismo strisciante

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Nelle scorse settimane, durante la prima raccolta della ciliegia bigarraeux, si è sviluppata una polemica che ha riguardato il lavoro stagionale, i migranti e la legge contro il caporalato.

La questione si è animata all’arrivo dei migranti, con permesso di soggiorno, giunti a Turi per lavorare alla raccolta delle ciliegie, stabilitisi in un accampamento di fortuna. Il Sindaco Menino Coppi, in una conferenza stampa ripresa, poi, dalla Gazzetta del Mezzoggiorno il 13 Maggio, ha denunciato la possibilità della presenza del caporalato a Turi strettamente connessa alle condizioni di ricattabilità dei migranti stessi e ponendo l’attenzione sulle risposte da dare per scongiurare che l’amministrazione comunale fosse <<inconsapevole strumento per commettere attività illecite come il caporalato>>.

La denuncia ha avuto l’effetto di mettere a constrato le condizioni dei migranti con la nuova normativa riguardante il contrasto al caporalato. Infatti, la legge n. 199 , approvata lo scorso Ottobre 2016 dal governo Renzi, cerca di dare una definizione al caporalato partendo dalle condizioni dei lavoratori, dando la responsabilità al datore di lavoro ad uniformare i contratti dei braccianti ai patti territoriali o al contratto collettivo nazionale. Qualora non vi siano queste condizioni e i lavoratori siano più di tre, si verificherebbe lo <<sfruttamento>> e si ricadrebbe quindi in una sanzione pecuniaria per ogni lavoratore reclutato e in diversi anni di reclusione.

La legge, quando approvata, è stata festeggiata da molti parti sociali e il sindacalista Vito Notarnicola, responsabile della camera del lavoro Cgil e Flai di Turi, sulle pagine del quotidiano la Gazzetta del Mezzoggiorno è intervenuto dicendosi felice e soddisfatto della sua approvazione, sostenendo che finalemente si ha la possibilità di far uscire dalla condizione di sottoretribuzione i lavoratori, garantendo diritti e tutele oltre che sicurezza sul luogo di lavoro.

Se l’intento del legislatore con la legge n. 199 è stato quel di dotarsi di strumenti penali e procedurali per contrastrare il caporalato in via giudiziaria, il fenomeno è più complesso e la sua introduzione nel codice penale non è sufficiente a descriverlo.

Tuttavia, essendo stata posta la questione dal Sindaco, ci siamo rivolti direttamente ai braccianti stranieri chiedendo loro se il rapporto di lavoro con gli agricoltori fosse mediato da caporali. La loro risposta è stata negativa, aggiungendo che <<tutti abbiamo un contratto>>. Infatti, i caporali che sono stati descritti e raccontati nel foggiano o in Lucania (vedesi Ghetto Italia, 2015 di Yvan Sagnet e Leonardo Palmisano) pagano pochi euro la raccolta di cassoni di frutta e verdura, fanno pagare i costi di trasporto per raggiungere le campagne, l’uso dell’acqua, dell’elettricità, il pranzo e tengono i migranti in luoghi poco vivibili. Inoltre, sembra che si strutturino dove c’è il latifondo, fungendo da ruolo di mediazione e controllo gerarchico nei confronti dei lavoratori, condizioni che a Turi sono pressocché inesistenti. Lo sfruttamento è pratica essenziale del caporalato ma si sviluppa su diversi aspetti della vita dei braccianti.

Ripercorrendo la vicenda, ci chiediamo perché sia nata la polemica a Turi, dove comunque c’è stata una attenzione istituzionale ai migranti, garantendo comunque che non ci fosse un lucro sulla loro permanenza.

Spostiamo ora l’attenzione a fine Aprile, quando si è svolta un’iniziativa di Fratelli d’Italia, partito di stampo postfascista, che avrebbe spinto alcuni coltivatori diretti a non rispettare e boicottare la 199/2016. Perché? A loro dire la legge penalizzerebbe gli agricoltori, imponendo controlli, contratti e l’aumento di salario che ridurrebbe i propri guadagni. Il risultato, però, di questa iniziativa non fa altro che favorire il dilagare del lavoro nero e il peggioramento delle condizioni dei lavoratori.

Possiamo dedurre che Fratelli d’Italia Turi, nelle persone del consigliere Laera e del portavoce Giovanni Settanni, con quella iniziativa non ha tentato di risolvere il problema delle condizioni dei braccianti, italiani e migranti, per il lavoro stagionale, né tantomeno risolvere la debolezza degli agricoltori davanti alla speculazione dei mercati globali e della Grande distribuzione organizzata, ma avrebbero incentivato la guerra tra poveri, prendendosela con chi ha meno.

Il risultato a cui abbiamo assistito è che si è fatta della retorica del decoro lo strumento di leva per prenderesela con i migranti, i quali, come descritto da questo stesso giornale, sono molto richiesti dagli agricoltori turesi. Le destre, inoltre, hanno messo in scena un razzismo strisciante che è finito per poggiarsi su una contraddizione: boicottare le leggi che tutelano i diritti e applicare le leggi che colpiscono chi vive ai margini (decreto Minniti/daspo). Mentre, se la conoscenza del fenomeno del caporalato da parte del Sindaco non sia in tutta la sua complessità, ha comunque avuto il merito di mantere accesa la luce su possibili condizione di sfruttamento dei lavoratori stagionali, che sembrerebbe non ci siano state per i migranti.

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