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Milko: dopo la famiglia c’è lei… la Signora Juventus

Milko Iacovazzi

Il calcio regala emozioni che rotolano da una palla dura di cuoio e pulsano da un cuore di carne. L’intervista che abbiamo chiesto e che volentieri ci rilascia Milko Iacovazzi, a margine della visita di Totò Schillaci a Turi, ci regala un tifoso juventino inedito; il calcio è la metafora della vita, si soffre e si gioisce. Così Milko ci racconta di quella notte magica del 2007, quando gli scozzesi brindavano con gran fair play e gioivano a suon di Peroni, pur perdendo sul campo del San Nicola. Quella notte squilla il telefono come una chiamata alla vita nuova, a una vocazione matura: mentre Del Piero e Buffon dal prato verde gli firmano le maglie, un’infermiera bussa alle spalle di Milko e gli presenta sua figlia Karola…

 

Che insegnamento lascia la visita di Schillaci? 

“Credo che da ognuno abbiamo sempre da imparare qualcosa, che sia uomo di sport, o meno. Da lui c’è tanto da imparare, lui che, ha avuto un passato simile al nostro, forse un po’ più burrascoso, visto che è cresciuto allo Zen, il nostro Cep, un quartiere ad alto tasso di pericolosità, dove o sei fortunato e sfondi, come lui, o c’è un alto rischio che possa in futuro far visita all’Ucciardone.Sentirlo parlare, ci riportava indietro nel tempo, le sue parole, coincidevano con il nostro passato, quello in cui ci bastava un pallone, una strada libera da macchine, e la partita poteva iniziare. Quasi sempre si iniziava con la luce del sole, e si finiva con quella della luna. I compiti…??? A volte li facevamo… Noi rispetto eravamo un tantino più fortunati, avevamo anche l’oratorio, per noi a quel tempo, era pari ad uno stadio attuale, l’unico problema, era che dovevamo aspettare che finissero di giocare i “grandi”, l’alternativa all’aspettare, era andare via e trovare una strada libera. Ai numerosi bambini delle scuole calcio del nostro paese, presenti al polivalente, Totò ha insegnato proprio questo, l’umiltà, lo stare sempre con i piedi per terra, e combattere sempre, perché ogni sogno, è realizzabile, se hai dentro voglia, passione e cuore per quello che fai, concludendo, che se ce l’ha fatta lui, ce la può fare chiunque”.

Cosa ti ha confidato? Qualcosa che non sappiamo…

“Abbiamo parlato poco in questi due giorni, tra lo girare da uno sponsor all’altro, e le centinaia di foto che sempre con molta umiltà si è dato alla gente, hanno fatto sì che non abbiamo avuto molto tempo per chiacchierare un po’ di più, cosa che invece facciamo molto per telefono quando ci sentiamo. Tra i retroscena che confidò in conferenza, ci confidò le parole che Roberto Baggio gli sussurrò all’orecchio nella finalina tra il terzo e il quarto posto ad Italia ’90, quando il rigorista era il Divin Codino, ma in quel momento si avvicinò al Totò nazionale e disse: “Vai Totò, calcialo tu e segna, così ti porti a casa la Scarpa d’Oro dei Mondiali”, visto che prima di quell’incontro, Schillaci era a pari reti con Lineker, attaccante della nazionale inglese. Totò, senza paura, come sempre aveva fatto in quel mondiale, calciò e trasformò il penalty, portandosi a casa il suo trofeo personale, oggi custodito nel museo della FIGC a Roma, e contemporaneamente portò l’Italia al terzo posto, anche se lui, in confidenza, mi disse, quando eravamo soli, che il nostro portiere, Walter Zenga, sì che fece un grande Mondiale, ma per colpa sua lo perdemmo, perché Totò, e anche noi; era sicuro che, se fossimo riusciti a superare la semifinale con l’Argentina, la finale a Roma, in casa nostra, non l’avremmo sicuramente persa”.

Chi vuoi ringraziare per questo evento? 

“Ringrazio soprattutto lui per la disponibilità, lo Juventus Club Turi “Giovanni e Umberto Agnelli” per il consenso, ma più di tutti, coloro che hanno collaborato con me per far sì che questa ospitata, riuscisse nel modo migliore, da mia moglie sempre pronta a starmi dietro nel collaborare e pazientare sulla mia passione chiamata Juventus, Tonio Romanazzi per il tempo dedicatomi e nella sua  pazienza che ha avuto nello starmi, e starci dietro nei suoi continui spostamenti, Saverio Pugliese e Gianvito Palmisano, oltre agli sponsor che hanno voluto partecipare in maniera decisa, e cioè: “Fisiodecamed, Black Devil, Farmacia Mastrolonardo, i proprietari delle Go Kart, Tarallificio Grano D’Oro, I Piaceri della Carne, Fuori Menù, Di Venere Giammaria, Qualità Risparmio e Segni Grafici”. 

Come è nata l’idea? 

“Tanto tempo fa, siamo amici da parecchio, e un po’ la nostra volontà di portarlo qui e far riemergere vecchi ricordi di quell’indimenticabile Mondiale 1990 svoltosi in Italia, un po’ per volontà sua per tornare nella nostra terra, dove per due volte, a Bari, nella finalina con l’Inghilterra, e con la Juventus ai danni del Foggia andò a segno. E un po’ per la mia sempre pronta volontà di portare il nome di Turi sui media per cose belle, e non solo per polemiche e cronache di vario genere, han fatto sì che alla fine, siamo riusciti a portarlo nel nostro paese”.

Prossime iniziative in cantiere?

“Prossime iniziative al momento non sono in cantiere, anche perché vi posso garantire che non è assolutamente facile gestire certi personaggi, dove ovunque andavamo, veniva fermato per foto e autografi, sono questi i momenti che capisci che dietro un calciatore famoso c’è il rovescio della medaglia del comportarsi sempre in modo educato e rispettoso nonostante la miriade di gente che chiedo di tutto. Comunque, più in là proveremo a programmare qualcosa di simile, non molto a breve, ma il nostro obiettivo,è quello di rendere il nostro club sempre più in vista, magari aspettando anche le risposte dei tanti tifosi della Juventus che abbiamo a Turi, nel tesserarsi e aiutare un qualcosa di davvero bello, una realtà, che anche donne e bambini condividono appassionatamente con noi, ad ogni partita della nostra società bianconera”.

Milko, tu sei uno juventino doc. Qual è la cosa più folle che faresti per la Signora del calcio? 

“Per la Juventus, sono tante le cose folli che ho e che, con i miei amici di tante battaglie abbiamo fatto. Sì, abbiamo, perché, credo che ogni cosa ha il suo tempo, adesso è più difficile muoversi e spostarsi, la famiglia, i figli, le responsabilità, hanno la priorità su tutto, anche sulla Juventus, infatti ribadisco ancora una volta, che in una classifica personale delle mie cose, al primo posto c’è la famiglia, subito dopo “lei”, la Vecchia Signora.

Un tempo si partiva senza pensare, bastava una sciarpa bianconera, e si correva allo stadio. Una volta ricordo, era la finale di Coppa Uefa del 1993, ero da poco fidanzato con la mia attuale moglie, si avvicinarono degli amici e mi dicono: “Milko, abbiamo appena avuto la notizia che abbiamo a disposizione 5 biglietti per lo stadio – il vecchio Delle Alpi – ma c’è un problema, dobbiamo partire adesso, non c’è tempo di avvisare nessuno, entra in macchina e andiamo”. Corsi solo a casa a prendere la mia sciarpetta, e via in macchina, da tener conto, che non avevamo cellulari, perciò, ebbi la fortuna di incrociare mio padre per avvisarlo che stavo andando a Torino, mentre per la mia ragazza, ci fermammo ad al primo autogrill a Foggia, e la chiamai per avvisarla che ero già in direzione per la città Sabauda. Eravamo così, felici di essere stati così, ci chiamavano ultras, viaggi in macchina, in treno, in pullman, in aereo, qualsiasi mezzo, era buono per portarci da “lei”; per noi era importante raggiungere lo stadio e stare con gli amici della curva. Ne abbiamo fatte davvero tante, forse anche troppe…”.

A cosa rinunceresti per la Juve? 

“Domanda difficile, nel senso che difficile è rinunciare a lei, l’ho solo fatto una volta, e tornando indietro, lo rifarei di nuovo. Era il 28 marzo 2007, quella sera si giocava Italia-Scozia a Bari, bene, nel dopo partita, avevo appuntamento con Del Piero, Buffon e Camoranesi. Tutto pronto e gasato per non mancare, maglie, sciarpe e macchina fotografica al seguito. Mia moglie quella sera aveva il tracciato alla Santa Maria, a Bari, non era prevista la nascita in quei giorni, quindi le dico che avevo appuntamento con loro, ma lei mi fa: “Mì, vieni tu con me, sento come se la bambina nascerà oggi”. Mi fermo un attimo, giusto qualche secondo per pensare, e le dico:”Ne sei sicura?”… E lei: “Si”. Ok, mettiamoci in macchina e andiamo, no problem. Arrivati a Bari, dopo aver lasciato sciarpe e maglia al mio “gancio”, mentre noi andavamo in ospedale, incrociavamo quelli che invece andavano allo stadio, tra cui molti scozzesi con il loro inseparabile kilt. Arrivati in ospedale, mia moglie a fare il tracciato (pensavo io), ed io nella sala d’aspetto solo soletto. Così facendo, arrivò mezzanotte, mi stavo quasi addormentando, quando mi suona il cell, e il mio amico mi fa: “Milko, sono con Del Piero e Buffon, sto facendo firmarti le maglie”. Nemmeno il tempo di chiudere la telefonata, e un’infermiera mi passa davanti con un “batuffolo” in mano, e mi fa: “Sei tu il papà di Karola?”… Un’emozione dopo l’altra, ma quella di mia figlia, non ha uguali. Ripeto, rifarei tutte le stesse cose”.

Se non ci fosse la Juve, per quale squadra simpatizzeresti?

“Se non ci fosse la Juve, forse non simpatizzerei per nessuna, forse non mi piacerebbe nemmeno il calcio, è lei che già all’età di due anni mi ha fatto “innamorare” di quella sfera calciata da 22 giocatori, che per qualcuno è da pazzi, per noi è una ragione di vita, nei momenti bui, tristi, come mi diceva sempre mio padre, ci “rifugiamo” in lei. Senza offesa e senza denigrare nessuno, dico grazie di essere a Dio di avermi fatto scegliere di tifare Juventus, anzi, dico grazie soprattutto al mio papà”.

Meglio il calcio del passato o quello dei giorni nostri? 

“Il calcio del passato lo si sentiva di più, non so se c’è da fare un paragone, credo che a chi piace questo gioco, lo segue e basta, almeno per quanto mi riguarda è così, quelli come me amano il calcio, amano quella palla rotonda che rotola su quei campi verdi, tracciati dalle linee bianche, e che ogni qualvolta supera la linea di porta, fa gioire o disperare i tifosi. Il calcio o lo si ama, o lo si odia, non credo alle vie di mezzo.

Il calcio attuale è molto più improntato sulla tecnica e la velocità, si studiano gli avversari come se si studiasse un libro universitario, gli allenatori studiano e ristudiano le partite precedenti, il livello fisico oggi è diventato molto più studiato, dietro i calciatori ci sono specialisti di ogni genere, medicinali che un tempo li potevano solo sognare. Prima il gioco del calcio era molto più rude di quello di oggi, gli infortuni per esempio, duravano mesi e mesi, oggi il recupero è molto più veloce. Forse preferisco il “vecchio” calcio, quello con Ameri e Ciotti che si passavano la linea come se si stessero passando un pallone, con Ameri e Pizzul che gli andavano di pari passo, ma in telecronaca, mentre i primi, erano gli specialisti delle radiocronache. E poi c’era lui, l’indimenticabile Paolo Valenti, altra storia, altro calcio”.

Sangue bianconero si nasce o si diventa?

“Altra domanda dalle mille facce… ho conosciuto famiglie di fede bianconera(la nostra più o meno), e altre dove padri e figli, tifavano per squadre diverse. Io credo che una persona, nasce bianconero, di mio figlio per esempio, non ho mai avuto dubbi(rido), gli è bastato mettere addosso una magliettina della Juventus dalla nascita, e tutto è andato per il verso giusto. Si chiama anche Alessandro, forse non si poteva chiamare diversamente, ma ad essere sincero, il nome l’ha scelto mia moglie, ovviamente subito avallato da me. Mio padre mi diceva che io tifavo Juventus peggio di lui, mi sa tanto che mio figlio, tifa Juventus peggio di me. È proprio vero, “tale padre, tale figlio”…

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