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Referendum Costituzionale: “Le ragioni del NO”

referendum relatori


Dibattito pubblico per discutere del voto importantissimo del Referendum


Con l’imminente arrivo del Referendum costituzionale del 4 dicembre, l’ANPI Turi ha organizzato per lunedì 24 ottobre all’interno della sala conferenza del convento delle Clarisse, un dibattito pubblico per far spiegare da degli esperti in materia le ragioni del NO al referendum.

I relatori dell’evento sono stati il professore ordinario di Diritto Costituzionale Alessandro Torre, il professore ordinario di Storia delle dottrine politiche Nicola Colonna e il segretario provinciale dell’ANPI Bari Pasquale Martino, moderati e interpellati dall’abile Mauro Paladini. Sono stati tanti gli argomenti trattati, anche perché sono molteplici “le ragioni del NO”, e i relatori hanno espresso con chiarezza i loro punti.

Il prof. Alessandro Torre ha spiegato in dettaglio cosa va a modificare la riforma e in che maniera questo va a cambiare le dinamiche politiche italiane: “Anche se il senato perde poteri e membri, ci sono dei procedimenti legislativi che comunque è dovuto a seguire e che richiedono un lavoro intenso per la camera. Questo significa che ipoteticamente il sindaco di Turi dovrebbe lasciare turi e andare a Roma per trascorrere diversi giorni per fare il parlamentare. Ma questo amministratore viene sistemato in una posizione che lo estranierebbe completamente dalla funzione d’origine. E tutto questo verrebbe fatto senza indennità, quindi svogliando di fatto i senatori a fare il proprio dovere, creando così un senato fantoccio.

referendum pubblico

“Renzi ha detto – continua il professore – che l’importante è che il senato possa riunirsi anche solo una volta al mese. Ma può un organo così importante vedersi così sporadicamente? Recentemente sta avvenendo che quando ci sono delle contraddizioni che vengono messe fortemente in evidenza, questo governo tenta di modificare all’ultimo, oppure promette di modificarle a riforma approvata. Inoltre le regioni a statuto speciale non sono coinvolte in questo processo. Ci sono delle norme che stabiliscono l’incompatibilità tra essere membri di un consiglio regionale con l’essere membri di altri consigli, e questo significa che queste regioni non potranno inviare un loro rappresentante a meno che non cambino il loro statuto speciale. Una delle motivazioni più importanti della riforma è quella di fare le leggi con rapidità, però stiamo sperimentando che fare ciò non è garanzia di buona legislazione. La lentezza della legislazione Italiana non è stata sempre colpa del Senato. I mezzi per rendere spedito il procedimento elettorale ci sono e non è detto che debbano passare togliendo potere al senato”.

“Con questa riforma – prosegue Torre – ci sarà il trasferimento della maggior parte dei poteri dalle regioni allo stato centrale, tranne alcune mansioni (sanitarie, sociali e culturali), ma che possono comunque essere tolte se la regione non dimostra d’esserne all’altezza. C’è di fatto un ritorno ad uno stato di carattere centralista. Si dice che questa riforma vada a toccare solo la seconda parte della Costituzione. Ma in realtà con l’accentramento va completamente contro l’articolo 5 situato nella prima parte: ‘La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento’. Certi poteri possono essere restituiti a quelle regioni che dimostrano d’aver raggiunto un certo equilibrio di bilancio. Questo comporterebbe una sorta di competizione orizzontale tra regioni, che per risanare i bilanci andrebbero ad applicare tagli laddove possono ancora operare, andando così a ledere la qualità della vita dei singoli cittadini”.

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Il professor Nicola Colonna invece mette in dubbio la legittimità del parlamento attuale: “Chi ha voluto una riforma costituzionale? Sta intervenendo un parlamento che è stato contrassegnato da una sentenza della corta istituzionale, che ha detto che questo parlamento è privo di legittimazione democratica, un parlamento di questo tipo, non solo ha continuato a fare leggi (e che leggi) ma è andato addirittura a modificare una materia come quella costituzionale che una legge fondamentale, e l’ha fatto con una risicata maggioranza di voti. C’è un problema di metodo. Ce n’era davvero bisogno? Il bisogno più importante era quello di cambiare la sostituzione? Abbiamo la disoccupazione più alta in Europa dopo la Grecia. Una disoccupazione che colpisce soprattutto il mezzogiorno, in particolare giovani e donne, e tra loro quelli più qualificati ovvero diplomati e laureati. Quindi c’è uno spreco enorme di risorse umane. Negli ultimi quindici anni siamo passati dal ventitreesimo al quarantottesimo posto in quanto a produttività. Ci sono problemi ben più urgenti da essere trattati”.

Pasquale Martino ha poi concluso: “Abbiamo poco spazio sui mass media noi che sosteniamo il No al referendum, con il governo invece che ad ogni sua uscita, fa inevitabilmente campagna referendaria. Le costituzioni nascono da una necessità storica. La domanda “chi ha voluto questa riforma” è del tutto giusta, a quale necessità corrisponde? E’ del tutto riduttivo e misero rispondere con l’abbassamento dei costi della politica. Risparmi che sono ben lontani dalle cifre gigantesche che vengono sperperate”.

 

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