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Politica

I Parchi sono sempre da accogliere a braccia aperte

Antonello Palmisano

 

Dalla promozione del territorio e dei prodotti alle nuove possibilità di lavoro

Antonello Palmisano ci spiega cosa vuol dire vivere in un Parco naturale

 

“L’istituzione di un Parco è sempre da accogliere a braccia aperte”. È con queste parole che Antonello Palmisano chiude la nostra chiacchierata circa l’ipotetico Parco delle Lame S. Giorgio e Giotta. Ipotetico perché, precisa l’attuale consigliere con delega all’ambiente, nell’ultimo incontro tenutosi con gli altri Comuni che si affacciano alle lame, si è firmata solo una dichiarazioni di intenti. “Detto questo – precisa – con il Sindaco intendiamo a breve incontrare i proprietari terrieri di queste zone, per discuterne insieme”, manifestando il suo dispiacere riguardo al fatto che “qualcuno sia partito così in quarta”, anche perché “l’eventuale istituzione del Parco non deve spaventare gli agricoltori”. Difatti – ci spiega sempre il consigliere – il Parco avrà sì un regolamentazione, ma questa sarà esclusivamente finalizzata a dare un valore aggiunto al territorio che ne fa parte. Come esempio di quanto affermato, Palmisano cita il Parco delle Dune Costiere, dove prima dell’istituzione dell’Ente, l’olio veniva ‘svenduto’ anche a 2,50 euro. “Oggi il valore dell’olio si è raddoppiato, in alcuni casi anche triplicato. Non a caso, molti territori vicini chiedono di entrare a farne parte”.

A questo punto, è doveroso spiegare o ricordare che Antonello Palmisano è sì un consigliere comunale dell’Amministrazione Coppi, ma è anche un professionista del settore, con tanto di laurea in discipline ambientali e ben quindici anni di attività di guida ambientale nei Parchi dell’Emilia Romagna e della Puglia. Per questo abbiamo voluto incontrarlo per chiarire alcune questioni che sono state portate alla ribalta nei giorni scorsi.

Ci saranno zone e zone. “È vero – spiega Palmisano – se l’Ente Parco stabilirà le famose zone A, qui non sarà consentito nemmeno il transito se non per motivi di studio e ricerca”. Se così fosse, questo significherebbe che “queste zone hanno realmente bisogno di quel tipo di protezione e quindi deve essere davvero impedito l’accesso all’uomo”. Inoltre, “avere un Parco è indice anche della qualità della vita di quel luogo”. È importante, quindi, “ricostituire tutti gli equilibri naturali”.

Il pollaio. “Riguardo il famoso ‘pollaio’ dipende da cosa si intende. Se per pollaio si indica la stalla, allora è vero, non si potrà costruire. Ma questo non poteva essere fatto neanche ‘ieri’, perché ci sono dei vincoli e permessi paesaggistici”. “La procedura rimarrà sempre la stessa”. Se invece si intende il pollaio come una piccola struttura, allora si potrebbe farla, senza costruirla in mattoni e senza chiedere il permesso di costruire”. “Poi se uno ci vuole costruire un capannone, allora non lo potrà fare, ma immagino che non ci sia tutta questa urgenza. Tutto quello che esiste da cinquecento anni, penso che abbia già avuto tutto il tempo di costituirsi. Se da domani si istituirà il Parco, bisognerà stare alle regole di questo ente”.

Non si potrà più raccogliere la flora selvatica. “Anche questo è un falso mito. Ci saranno zone in cui non si potrà raccogliere e zone in cui si potrà raccogliere fino ad un tot. di chili. Ci saranno dei limiti, che non servono solo a proteggere le piante, ma anche a dare la possibilità a tutti di poter godere di quel bene. Immaginate se andassimo in un bosco e ci prendessimo cento chili di asparagi. Le persone che andrebbero dopo di noi non ci troverebbero più nulla, quindi è anche nel rispetto di tutti i proprietari. Si aumentano i fruitori della zona, si spera ai turisti, agli studenti, agli amanti della natura”.

Gli animali ‘opportunisti’. “Io non ce l’ho con i cacciatori – ci tiene a precisare il consigliere – penso che la caccia sia una delle attività ancestrali legate all’uomo. Se segue dei metodi e delle logiche sostenibili io non la vieterei dappertutto. La limiterei in alcune zone, ma non la vieterei. Alcune volte, anzi, nei cacciatori ho trovato i più grandi conoscitori e amanti della natura”. Riguardo i cinghiali ci spiega che sono legati a un problema di ripopolamento: quelli presenti nelle nostre zone non sono quelli originari delle nostre latitudini, ma provengono dall’Ungheria, più grandi e più forti dei nostri. “Qualora l’Ente Parco dovesse riscontrare un problema di contenimento dei cinghiali, i cacciatori autorizzati verrebbero chiamati per il controllo di questa popolazione, che potrebbe essere dannosa per il Parco stesso”. Per quanto riguarda i lupi, “non esiste in nessuna parte d’Italia un’emergenza”. Inoltre “non si vedono più donnole e faine, la volpe ha dovuto aspettare dieci anni prima di riaffacciarsi nelle nostre nicchie ecologiche”. “Se non fosse per il continuo intervento della Guardia Forestale che ripopola di lepri, faine e donnole, noi questi animali non li vedremmo praticamente più”.

Il Parco dà lavoro a tantissime persone. “Visto che Turi aspira a coltivare questa vocazione turistica, non avendo il mare, non può puntare solo sul centro storico. Avere un Parco vuol dire creare un nuovo attrattore turistico”. E aprire la ricerca di nuove figure professionali, dagli ecologi, ai biologi, fino alle guide (ambientali, ma anche equestri, vista la nostra tradizione), senza contare tutto l’indotto turistico che si riverserebbe sui B&B e sui ristoranti del paese”.

I Parchi sono dei “carrozzoni politici”? “Alcuni lo sono. Sicuramente negli anni passati alcuni Parchi sono stati istituiti come carrozzoni politici, come dei posti in cui collocare amici e parenti, quando i parchi erano esclusiva del mondo politico. Oggi invece sono il laboratorio per tantissimi ragazzi che hanno frequentato università scientifiche e che hanno la possibilità di trovare a casa propria un’occupazione lavorativa, che sia di ricerca o di turismo ambientale”.

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