Archivio Turiweb

La Voce del Paese – un network di idee

Politica

Forza Italia non riesce a superare l’impasse

Michele Boccardi

Facciamo due semplicissimi calcoli come alla prova scritta dell’esame di economia e ci rendiamo conto che l’Italia è un paese senza speranza. In sintesi, le promesse del governo sono saltate e le previsioni economiche ridimensionate: da una crescita prevista del 2%, siamo scesi ad appena lo 0.9%. Minore crescita del Pil significa aumento del debito di bilancio, allo sforamento del quale scatta l’aumento dell’Iva che incide direttamente sui consumi, certamente non incentivandone il tasso. Questa spirale viziosa può essere interrotta solo a Bruxelles, che deciderà se consentire lo sforamento del debito al 2% (dall’attuale 1,1%).

“Auguriamoci che l’Unione Europea autorizzi questo sforamento. Sennò dovranno aumentare l’Iva dal 22 al 26%, una mazzata!”. Così commenta questo quadro allarmante, il senatore turese Michele Boccardi (Forza Italia), che ci porta notizie non proprio rassicuranti, direttamente dalla fonte, dalla capitale romana dove si taglia e si cuce, ma alla fine i conti non sono mai in ordine.

La prima tappa decisiva per la tenuta o meno del governo Renzi sarà dunque a marzo 2016, quando si deciderà sullo sforamento o meno del debito. Poi a ottobre 2016, il premier si gioca tutto sul referendum confermativo sulla riforma costituzionale.

Senatore Boccardi, lei che siede a Palazzo Madama, ci dica, cosa sta succedendo?

“A marzo bisognerà superare uno scoglio importante, e noi ci auguriamo che l’Unione Europea autorizzi lo sforamento. Tuttavia, una riflessione economica va fatta. Parlo da imprenditore: quando un’azienda o uno stato decidono di indebitarsi, ricorrendo al debito, funziona solo se questa operazione si traduce in manovra tesa verso un investimento, oppure diventa nel caso di uno stato una parabola di sviluppo economico tale da far aumentare la produzione.

Se invece, come purtroppo è accaduto, lo sforamento (quindi indebitamento) serve a far fronte alla spesa corrente, significa che ci sono problemi sistemici, significa che col fabbisogno delle entrate non riusciamo a far fronte alle uscite (spese)”.

Ma come si fa a non indebitarsi?  

“A una politica di sviluppo andava affiancata una politica di riduzione degli sprechi…”.

Che non è stata fatta?

“No! A conferma di questo ci sono i decreti milleproroghe e il ddl sul territorio approvato dopo la legge di stabilità, dove sono previste solo elargizioni – o chiamiamole pure ‘mance’ – piuttosto che reali investimenti. In Puglia si parla solo di Ilva, Ma non ci sono investimenti seri per affrontare il problema xylella o per sostenere l’enogastronomia e il turismo sempre più crescenti, se si tiene conto che un terzo dei turisti mondiali scegli l’Italia, e di questo dato, un sesto sceglie la Puglia. Dati confortati, ma che vanno gestiti con investimenti seri”.

E sugli sprechi? Possibile che non sia stato fatto nulla?

“Solo manovre spot come gli 80 euro ai poliziotti che il 31 dicembre finiranno. Non se ne esce dagli sprechi se non con un piano coordinato. Stessa cosa vale per i tagli alla sanità e agli ospedali che vanno fatti, ma con un’attenta programmazione, che dovrebbe essere la madre della governance (azione di governo). Invece vedo solo provvedimenti spot o di sutura della ferita, anche in funzione elettorale”.

 

Il governo Renzi cadrà?

“Il quadro a Roma è confuso. Si naviga a vista e Renzi continua a sostenere che si voterà nel 2018 a fine mandato. Tutto dipenderà da marzo, come dicevo prima, e dall’esito del referendum confermativo dell’ottobre 2016 quando tutti voteremo per confermare o meno la riforma costituzionale di ottobre 2016: se Renzi non ottenesse la maggioranza dei Sì, non solo la riforma cadrebbe, ma significherebbe aver perso tre anni, con il ritorno del Senato in pista e il bicameralismo perfetto. Renzi ha voluto personalizzare questo referendum dunque se lo perde, dovrebbe dimettersi, come egli stesso ha promesso. Tuttavia ci ritroveremmo davanti a un grosso problema da affrontare: saremmo di nuovo senza legge elettorale”.

 

Ci sarà un altro patto del nazareno?

“Non credo, è un capitolo chiuso. Si sta invece riorganizzando un’area di centro”.

E Forza Italia in Puglia? Sta scomparendo…

“Il partito ha pagato tutta una serie di incomprensioni a causa delle mancate risposte al nostro elettorato di riferimento, che abbiamo trascurato; è l’elettorato delle partite iva, dei commercianti, degli artigiani. Ora sono per lo più astensionisti. Una prateria sempre più grande. L’azione dovrebbe essere mirata a riprendere quell’elettorato disilluso…”.

Appunto, dovrebbe. Ma per come state operando ora, lo riprendete? Sisto nel frattempo è coordinatore della provincia di Bari…

“No, perché siamo ancora in una fase di impasse. La politica di rinnovamento e rivitalizzazione iniziata da Berlusconi nell’ottobre 2015 era un momento da cui si poteva ripartire, ma poi si è fermata e ora siamo tornati a una nuova impasse. Troppe divisioni e personalismi”.

E dell’amministrazione a Turi che ne pensa?

“Siamo un paese piccolo e non capitava da tanti anni di avere un senatore. Perciò mi sono posto, e mi pongo in maniera sinergica con questa amministrazione, anche se di colore politico differente. Il mio ruolo di senatore è a disposizione, e non pro o contro qualcuno, ma per aprire una corsia preferenziale e istituzionale con i riferimenti romani”.

 

Questa cosa è avvenuta?

“Onestamente c’è un rapporto a livello istituzionale molto buono col sindaco Coppi, e ritengo che fra pochissimo torneremo a occuparci in maniera definitiva dell’annoso problema della strada 172. Sono a disposizione dell’amministrazione affinché Turi ottenga finanziamenti e porti a compimento delle opere pubbliche importanti”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *