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“Processo Martucci”: rinviati a giudizio tutti gli imputati

Le due vasche di servizio e soccorso

Si è conclusa con il rinvio a giudizio di nove imputati l’istruttoria preliminare del processo sulle presunte irregolarità nella gestione della discarica conversanese di Contrada Martucci, utilizzata dai 21 comuni dell’ex Ato Bari 5 e dunque anche dal nostro.

Il Gup Antonio Diella ha accolto l’impianto accusatorio sostenuto dal pm Baldo Pisani ed ha fissato per il prossimo 20 gennaio la prima udienza dibattimentale, in cui saranno contestati i reati di omissione di atti di ufficio, falso ideologico, truffa, frode in pubbliche forniture e gestione di rifiuti non autorizzata.  

Invece, per il reato di disastro ambientale, cui sarebbero chiamati a rispondere tutti gli imputati, il giudice Diella ne ha predisposto lo stralcio, rimandando l’udienza preliminare al 18 aprile 2016. Prima di decidere se procedere o meno con tale capo d’imputazione bisognerà, difatti, attendere la conclusione del secondo incidente probatorio, stabilita per la fine di febbraio 2016. Tale verifica prevede analisi delle acque di falda, campionamenti da eseguire sulla seconda vasca di servizio e soccorso, nonché approfondite indagini sulla cosiddetta vecchia discarica e sui suoli limitrofi, volte ad accertare illeciti tombamenti di rifiuti e sversamenti di percolato.

Gli imputati
Oltre ai due soggetti giuridici, la Lombardi Ecologia srl e la Progetto Gestione Bacino Bari 5, sono nove gli imputati rinviati a giudizio: Rocco Lombardi, amministratore della Lombardi Ecologia; il direttore dei lavori Carmine Carella; il capo impianto Antonio Procaccio; i due responsabili del cantiere Giancarlo Florio ed Enrico Tatò; Antonio Albanese, amministratore della Progetto Gestione Bacino Bari 5 durante il periodo contestato, e Saverio Misceo, direttore tecnico della Co.Ge.Am (Consorzio Gestioni Ambientali). A questi si aggiungono Francesco Bitetto ed Antonio De Risi, due dei tre membri che costituivano la Commissione di Collaudo della Regione Puglia, chiamata a valutare l’idoneità delle opere realizzate. Il terzo componente, Romano Donno, ha invece chiesto ed ottenuto il rito abbreviato la cui prima udienza si terrà il 18 aprile 2016.

I reati contestati
Come anticipato, l’esito della complessa attività investigativa ha portato il sostituto procuratore dott. Baldo Pisani a formulare i reati di omissione di atti d’ufficio, falso, frode nelle pubbliche forniture, truffa aggravata nonché diverse violazioni dell’art. 256 D.lvo 152/2006 (tra cui «attività di gestione di rifiuti non autorizzata» e «miscelazione di rifiuti pericolosi con rifiuti non pericolosi»).

Nello specifico, Rocco Lombardi, Saverio Misceo, Giancarlo Florio, Carmine Carella, Antonio Procaccio e Enrico Tatò dovranno, a vario titolo, rispondere di falso ideologico, truffa e frode in pubbliche forniture. Viene, difatti, eccepita la regolare realizzazione delle vasche di servizio e soccorso annesse all’impianto complesso. In sintesi, le due discariche non sarebbero state correttamente impermeabilizzate, dal momento che sarebbero state realizzate impiegando meno di un decimo del quantitativo di argilla necessario. Tanto è vero che l’accusa riferisce di «uno strato di argilla di spessore di gran lunga inferiore a quello stabilito in base alle previsioni progettuali e di contratto», la cui posa si sarebbe limitata a «uno strato superficiale ed uno strato ai bordi delle predette vasche». Una condotta che, oltre a prefigurare un «illecito profitto» di più di un milione di euro da parte dell’azienda appaltatrice (la Lombardi Ecologia), avrebbe portato all’ottenimento illegittimo del collaudo, considerando che l’esecuzione delle operazione di campionatura dell’argilla sarebbe stata condotta «predisponendo punti specifici nei quali lo spessore dello strato era conforme».

Antonio Albanese e Antonio Procaccio dovranno invece difendersi dall’accusa di gestione di rifiuti non autorizzata. Reato che si sarebbe concretizzato nello smaltimento di «rifiuti non autorizzati anche speciali e pericolosi (batterie d’auto, pneumatici fuori uso, rifiuti sanitari)»; nella riduzione dei tempi previsti per il processo di biostabilizzazione e nell’aver depositato «presso la cd vecchia discarica (in attesa della messa in esercizio delle vasche di soccorso) rifiuti “tal quali”, cioè carenti del processo di lavorazione».

Omissione d’atti d’ufficio e falso ideologico sono, infine, le accuse a carico tre membri della Commissione di Collaudo Regionale. Sempre secondo l’ipotesi accusatoria, i tecnici regionali «non effettuavano i necessari accertamenti mediante sopralluoghi e controlli durante le fasi di realizzazione dello strato di argilla sottostante il telo in HDPE delle vasche di soccorso A e B del predetto impianto, limitandosi a recepire quanto concordemente assicurato dal Direttore dei lavori, dal Responsabile di Commessa e dal Direttore tecnico di Cantiere». Dunque «certificavano falsamente  che i lavori di costruzione dell’impianto complesso […] erano collaudabili».

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