Sant’Oronzo: un culto raccontato dall’Architetto Logrillo
Turese lo è non solo chi vi risiede nella nostra cittadina, ma chi ingloba nella propria anima il culto, l’amore, l’interesse per le prorpie tradizioni, il proprio passato, la propria storia.
E Turi lo sappiamo, è veicolo di tanti fatti, il più delle volte narrati, molto meno segnati sulla carta, che oggi si fanno raccontare attraverso le nostre bellezze architettoniche, le meraviglie della Natura, i cuori dei nostri avi che si tramandano di generazione in generazione.
A rispolverare una delle pagine più interessanti e affascinanti del nostro passato, non solamente religioso, nella mattinata di giovedì 15 ottobre, gli studenti delle classi di Scuola Primaria e Secondaria di Primo Grado dell’Istituto Comprensivo “Resta – De Donato Giannini”. Ad accompagnarli in questo fitto intreccio tra storia, leggenda, fede, tradizione e simboli, l’Architetto Pietro Logrillo, studioso e storico turese.
Entusiasta di questa finestra storica su Turi e la sua tradizione del Carro Trionfale, la preside dell’Istituto, la professoressa Patrizia Savino, che ha ringraziato l’Architetto per il suo impegno divulgativo teso a preservare le tradizioni locali.
“Alcuni di loro – ha poi preso la parola Giusy Caldararo, docente e Assessore alle politiche scolastiche – hanno partecipato ad un progetto di riscoperta del Sant’Oronzo d’Ottobre, con un lavoro sulle maioliche, curato dall’artista Margherita Calefati e con una drammatizzazione di nonno Pasquale, di Pasquale Del Re, che ha spiegato le motivazioni della scomparsa di questa festività”.
L’incontro scolastico, infatti, si unisce proprio alla ormai persa tradizione turese di festeggiare Sant’Oronzo d’Ottobre, una tradizione che non si vuole però dimenticare.
Ma quando iniziò questa tradizione? A catturare l’attenzione dei ragazzi, l’Architetto Logrillo che li ha accompagnati nel suo excursus storico, con immagini e parole, che hanno lasciato gli studenti attenti e coinvolti. “Probabilmente risale agli inizi del ‘900 (1903) e si festeggiò fino al 1962″.
Cenni biografici su Oronzo, arricchiti dalle curiosità dei ragazzi o dagli approfondimenti dello stesso studioso hanno accompagnato gli alunni dell’Istituto attraverso le vie percorse dal nostro Santo Protettore. Nato, secondo una leggenda, nel 22 d.C. nell’antica Rudiae (Lecce), convertito al Cristianesimo da Giusto; ordinato, a Corinto, Vescovo protettore di Lecce da San Paolo Apostolo e martirizzato a Lecce sicuramente il 26 agosto nell’anno 68 o 70.
Una data importante, quella del 26 agosto, che si ritroverà segnata in diversi episodi della triste storia del Mezzogiorno, inginocchiato dalla pestilenza e dalle carestie. Ma sarà solo nel 1656, per volontà di Mons. Luigi Pappacoda, che Sant’Oronzo entrò nel culto cristiano, come Santo Protettore di Lecce.
Attività devozionali nei suoi confronti, infatti, si ritrovano essenzialmente nel Salento, con qualche diffusione nel Brindisino (Ostuni); nel Barese (Turi) e nel Foggiano. Sono in questi territori che possiamo ritrovare simboli e raffigurazioni del Santo, la cui prima immagine fu opera della “visione” di Domenico Aschinia, dipinta da G.A. Coppola sempre nel 1656.
Pochi però sono i documenti e le fonti scritte sul Santo e sulla sua opera e passaggio. É attestato, però, un 1568, anno in cui fu battezzata, a Turi, Palma, figlia di Donato Oronzo Perfido. Quasi un secolo dopo (1627) il 26 agosto, le preghiere dei turesi vennero ascoltate e finì un lungo periodo di siccità. Nel 1657, inoltre, venne scoperta la Grotta, a cui si giunse, dal seguente anno, con la scala in pietra ancora oggi presente.
Il 25 agosto 1687 iniziò la processione del quadro di Sant’Oronzo dalla chiesa Madre alla Grotta, ma si dovrà attendere il 1851 per l’inizio della tradizione del Carro Trionfale di Sant’Oronzo. Una tradizione unica per il Santo, celebrato e festeggiato solo a Turi con un carro trionfale, il cui primo esemplare fu realizzato a Casamassima dal carpentiere Giovanni Leogrande.
Restaurato nel 1912, a Bari, al costo di mille lire dal promotore Giorgiolè, fu ricostruito, dopo il 1945 (Seconda Guerra Mondiale) dal Comitato Feste Patronale presieduto da Domenico Valentini, su progetto dell’arch. F. Schettini e su opera del Maestro F. Napoletano. La sua realizzazione avvenne nello stesso “Cappellone” trasformato in cantiere, “non essendoci, a Turi, un capannone che potesse contenerlo”. Si giunse così al 1971 quando per volontà dell’allora sindaco, Matteo Pugliese, del presidente della festa Vito Valentini, il Carro conobbe una nuova ristrutturazione, aumentando la sua altezza dai precedenti 10 metri a 14,5 metri, ancora oggi visibili, attesi ed applauditi da turesi e devoti.