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La sanità è una questione di numeri

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Quando si parla della Vita, sono altre le parole che ci aspetteremmo. Quando si parla di malattia, è la certezza che vorremmo avere. Non tanto quella di poter guarire o, nella peggiore delle ipotesi, di riuscire a sopravvivere; quantomeno quella di ricevere le migliori cure possibili. Sapere di essere in buone mani. Sapere di potersi affidare a centri sanitari dignitosi. Sapere di non essere un semplice numero da calcolo matematico o da strategia manageriale. Sapere di essere un uomo in una società civile, che nonostante la malattia è messo in grado di mantenere la dignità di essere umano. Sapere di essere altro che un capitolo di bilancio. È questo che ci allevia un po’ il dolore, l’ansia, la paura del cammino, a volte purtroppo oscuro, che ci si impone davanti. Poi si punta la lente di ingrandimento su una piccola cittadina del barese, la nostra Turi, dove i cittadini di ieri e quelli di domani vengono messi a dura prova: i bambini che si affacciano alla vita assaggiano già l’amara realtà di una politica sanitaria devota alla forbice; gli anziani, che si preparano a lasciare questo mondo, si vedono costretti a lasciare prima Turi, per una visita specialistica o un esame diagnostico.
È con questo stato d’animo che lasciamo la sala consigliare martedì scorso, dopo l’intervento del Direttore Generale Vito Montanaro, che si è reso disponibile ad interagire con amministrazione, medici e cittadini turesi sulle varie problematiche sanitarie sorte in paese negli ultimi anni. L’unica certezza assoluta che ci siamo IMG_2754riportati di nuovo a casa è che il dio denaro decide anche sulla vita e sulla morte. Il dott. Montanaro è stato preciso e puntuale ed ha mostrato grande sensibilità, ma da buon economista e manager, ha dovuto anche mettere in campo numeri, cifre e strategie aziendali. Durante l’incontro, moderato dal sindaco Coppi, il Direttore ha preso nota di ogni richiesta o lamentela, impegnandosi a fare quanto in suo potere. Senza dubbio, come sottolineato da molti turesi intervenuti al dibattito, così come dallo stesso Coppi, l’apertura e la volontà all’ascolto di Montanaro rispetto ai suoi predecessori, lascia ben sperare, anche se poi, al termine dell’incontro, si poteva notare la perplessità di qualche medico, che aveva stampato in faccia l’espressione “e quindi?”.
“Ogni cittadino si aspetta il migliore servizio sanitario possibile – spiega Montanaro – come è giusto che sia. Ogni cittadino nell’immaginario collettivo vanterebbe l’esigenza, giustamente, di essere servito al meglio”. “Ognuno di noi vorrebbe l’ospedale sotto casa – prosegue. – Oggi non può essere più così, sia per una questione di spesa (che io trascuro in questo momento, non la tengo in considerazione) – sia in ordine alla qualità dell’assistenza e alla capacità di assistere una popolazione al meglio, con riferimento ad una qualsiasi tipologia. Un ospedale di piccole dimensioni non ti dà la garanzia di essere seguito al meglio. Un ospedale di grandi dimensioni teoricamente sì”. Certo, da un ospedale grande ci si aspetterebbe un trattamento superiore, ma sappiamo bene che la realtà dei fatti non è sempre così: basta considerare le lunghe liste di attesa per gli esami diagnostici e i posti letto, basta guardare al personale ridotto all’osso. E allora ci chiediamo se per grande ospedale si intenda questo spettacolo, oppure se nasceranno piccole città ospedaliere, fornitissime di tutte le ultime tecnologie, per cui aspettare anche sei mesi o un anno varrebbe davvero la pena. “Chiuso un ospedale – aggiunge poi il Direttore generale – quello  che teoricamente è il risparmio che si rileva, può essere utilizzato in modo molto significativo per dare servizio territoriale, sia sotto il profilo della specialistica ambulatoriale, sia sotto il profilo del pronto intervento”. Allora ci facciamo due conti: da mesi ormai l’ospedale di Putignano, il centro ospedalierio più vicino a Turi, è sul filo del rasoio. Questo dovrebbe significare l’ampliamento dei servizi territoriali in paese. E noi che facciamo? Andiamo controcorrente. Qualcosa non va: ci ritroviamo con un pediatra, con qualche specialista, senza nemmeno un ecografo, con un 118, condannato un giorno sì e uno no, e con un ingarbugliato iter burocratico per la costruzione del nuovo poliambulatorio in via Conversano. “Un pediatra per 13mila persone di sicuro è poca cosa – afferma Montanaro – Noi infatti abbiamo immediatamente registrato questa esigenza, così come abbiamo registrato l’esigenza in ordine a specialità che prima erano presenti sul territorio e che oggi invece non lo sono più, soprattutto per quanto riguarda la geriatria o per quanto riguarda discipline specialistiche che teoricamente debbono essere presenti”. “La specialistica ambulatoriale – prosegue – è uno degli interventi più rilevanti sul territorio, per effetto della riduzione significativa della quantità di queste azioni erogabili dagli ospedali, per cui questo è un ambito sul quale investiremo”. Inoltre, dal punto di vista strumentale, sembrerebbe che si possa contare sui finanziamenti FESR 2014 – 2020, erogabili a partire dal 2016 a seguito di una Deliberazione di Giunta regionale sui progetti presentati, per un importo di 140 milioni di euro: è la Comunità Europea ad imporre che queste somme siano destinate prioritariamente ai territori”. Riguardo la questione del 118, il Direttore Generale espone le sue perplessità sull’auto medica: “Per far partire un’auto medica noi dovremmo avere 5 autisti soccorritori, cinque infermieri, cinque ausiliari”. Questo costerebbe circa 600mila euro l’anno: una cifra enorme per Montanaro. “Con gli stessi soldi, abbiamo comprato 15 ambulanze”, pagate 70 mila euro ciascuna, di cui una attrezzata per il trasporto neonatale. Per l’assistenza domiciliare, invece, sarebbe previsto un rafforzamento nell’ambito riabilitativo. Altra questione affrontata durante il dibattito è il suolo di 1500 metri quadri in via Conversano e di proprietà della ASL, di cui non si capisce bene se esista o meno un progetto preliminare negli uffici della Asl da poter inserire nel piano di finanziamenti FESR dedicati al territorio. Secondo Tundo sì, secondo Montanaro no, ma si impegna ad andare a fondo della questione. Tra i vari interventi, vorremmo sottolineare quello della dott.ssa Tina Resta, insegnante e coordinatrice della scuola dell’infanzia, che ha posto sotto i riflettori le terapie del linguaggio e della psicomotricità, di cui alcuni bambini avrebbero bisogno e che costringerebbero i genitori a rivolgersi a strutture private, vista la carenza dei servizi pubblici. Anche su questo tema, Montanaro ha assicurato il massimo impegno.

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