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Il Consiglio Comunale, punto per punto

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Mille Euro di affitto per un terreno che ne vale 5.500: il Tribunale di Bari invita a pagare

“Mille Euro di affitto per un terreno che ne vale 5.500”: era questo il titolo di un nostro articolo, uscito a dicembre scorso su La Voce del Paese, in cui vi parlavamo della situazione paradossale a causa della quale il nostro Comune è costretto a mettere mano al portafogli per migliaia di euro. Il sito in questione si trova in contrada Lama Rossa, a valle delle vasche del depuratore sul quale è da tempo in atto un contenzioso tra il Comune di Turi e l’Acquedotto Pugliese, rispetto a chi debba prendersi il carico della gestione di queste vasche.

Nel 2007, constatata l’insufficienza delle vasche alla depurazione e il pericolo di sversamento delle acque nei terreni vicini – come era già accaduto – e di un grave danno ambientale, il capo settore dei lavori pubblici decide di prendere in affitto per sei mesi questo terreno, unica area adiacente e non coltivata, perché questo arco di tempo sarebbe servito a costruire, su quel suolo, una serpentina a servizio dell’impianto di depurazione. E l’affitto per questo terreno viene determinato, come dicevamo, a 1000 euro al mese. Terminati i sei mesi, il comune di Turi smette di pagare l’affitto, ritenendo che a quel punto fosse responsabilità dell’Acquedotto, che gestisce tutto l’impianto: tra i due ne nasce un contenzioso che è ancora in corso. Nel frattempo passano otto anni e la proprietaria del terreno pretende che le vengano pagati tutti i mesi di affitto successivi ai sei già pagati dal Comune.

È con questa amara vicenda che il sindaco apre il consiglio comunale di lunedì scorso, informando i consiglieri che non sarebbe ancora possibile procedere all’esproprio, poiché ancora insufficiente la documentazione che si sarebbe dovuta ricevere da altri due Enti: l’Acquedotto Pugliese – per l’appunto – e l’Associazione Idrica Pugliese. Tutto questo – sempre secondo Coppi – “fa passare tempo prezioso” e quello che rimane possibile fare è, al momento, “sollecitare e coordinare”.

Nell’ultima riunione, che risale al 10 giugno scorso e cui hanno partecipato i due Enti insieme al sindaco, l’architetto Susca, il Segretario generale, l’ing. Di Bonaventura, i responsabili tecnici avrebbero garantito di far pervenire la documentazione a breve. Per questo, si attenderebbe nel giro di pochi giorni quanto necessario al nostro Comune per effettuare l’esproprio, “poi – precisa il sindaco – si tornerà in consiglio nel giro di pochi giorni”, perché “abbiamo tutto l’interesse a ridurre i tempi”.

Per questo, sempre nell’ultimo consiglio comunale, i consiglieri si sono ritrovati costretti a votare il riconoscimento di un corposo debito fuori bilancio: il 12 febbraio scorso, la proprietaria del terreno in questione, ha promosso un ricorso per decreto ingiuntivo e il Tribunale di Bari ha imposto al Comune di Turi di pagare entro 40 giorni dalla data di notifica dell’atto (23 marzo 2015), alla parte istante, la somma di 24 mila Euro, per il mancato pagamento dell’indennità di locazione relativa al periodo febbraio – gennaio 2015, oltre interessi, nonché le spese della medesima procedura, intorno ai 700 euro. Il totale da versare, alla fine, si aggira intorno ai 25 mila Euro.

Comune condannato a pagare 4500 Euro per una buca in via Giusti

Ma quanto ci costano queste strade! Le buche, quelle maledette buche, non solo cruccio di amministratori e cittadini, ma diventano anche, e troppo spesso, una gravosa fuoriuscita di denaro pubblico quando, come in questo caso, qualcuno cade, si fa male e chiede il risarcimento dei danni al Comune di Turi.

Sono le 10.30 del 17 aprile 2013. Una signora, percorrendo via Giusti, si imbatte in una “sconnessione del manto stradale” proprio a ridosso del marciapiede, una buca “impossibile da avvistare in tempo utile” e nemmeno segnalata, quindi impossibile da evitare, “anche perché colma d’acqua”. La donna cade, riportando “lesioni fisiche”. L’increscioso incidente spinge la signora a fare causa al Comune, che nella sentenza del Giudice di Pace di Putignano notificata il 12 febbraio scorso, condanna l’Ente al pagamento della cifra complessiva di 4.505,92 Euro, somma riconosciuta come debito fuori bilancio, portato in consiglio comunale proprio lunedì scorso.

E la buca che fine ha fatto? Pare sia ancora lì, pronta a stendere qualcun altro per terra. Lo conferma il consigliere Laera, che abita proprio su via Giusti e la cui abitazione si affaccia proprio su quella sconnessione: “Io vi garantisco che quella buca esiste ancora”, afferma, aggiungendo poi altri particolari: quando piove, la buca diventerebbe una pozza di acqua che finirebbe con l’allagare gli scantinati di alcune abitazioni di via Giusti. Lo stesso riferisce anche dell’ormai insofferenza di quei cittadini, che in un incontro avrebbero anche preso in considerazione l’idea di fare causa al Comune. “Li ho fatti desistere” – racconta Laera, che invita l’Amministrazione a recarsi sul posto per valutare la situazione e porre rimedio.

Altri 2.300 Euro che il Comune sborserà a causa di una buca

2.376,04 sono gli Euro che l’Ente comunale è stato condannato a pagare dal Giudice di Pace di Putignano a seguito di un altro incidente, provocato da una buca del manto stradale presente su via Noci all’intersezione con via Tripoli, all’altezza della cabina Telecom. Lo apprendiamo durante il consiglio comunale, durante il quale tale cifra viene messa ai voti come debito fuori bilancio. La storia è quasi sempre la stessa: una signora, percorrendo questo tratto di strada, pare sia incappata in questo dissesto del manto stradale e sia caduta, riportando delle lesioni alla caviglia sinistra.

“Nel caso in esame – si legge sulla sentenza notificata al Comune di Turi il 19 dicembre 2014 – è indiscusso che per l’utente fosse normale camminare sul manto stradale, ove tutto era apparentemente in regola, non potendo vedere la sconnessione del marciapiede, né avvistarla in tempo utile, né prevedere assolutamente che vi potesse essere in quanto non segnalata”. “Relativamente alla responsabilità ed al conseguente obbligo di risarcire il danno – si legge ancora – non vi è dubbio che il Comune debba rispondere nei confronti dell’attrice (la signora ndr). Il Comune, quale proprietario della rete stradale, è tenuto non solo all’obbligo di manutenzione, ordinaria e straordinaria delle strade, ma anche a quello della custodia con conseguente operatività della presunzione di responsabilità ai sensi dell’art. 2051 c.c.; né il Comune non si è liberato della presunzione a suo carico, dimostrando che la causa immediata del danno sia derivata da un fenomeno eccezionale ed imprevedibile”. “Inoltre, deve ritenersi che nell’obbligo di vigilanza e controllo delle strade, il predetto Ente comunale incontra limiti al suo agire discrezionale, derivanti dalle norme di legge e di regolamento nonché dalle norme tecniche e da quelle di comune prudenza e diligenza e, in particolare, dalla norma primaria e fondamentale del neminem ledere, che impone all’Ente di usare le cautele necessarie a non mettere in pericolo l’incolumità e i beni dei cittadini ed in base alla quale esso è tenuto a far sì che una strada aperta al pubblico non integri per l’utente una situazione di pericolo occulto (insidia o trabocchetto). Ne consegue che il Comune ha l’obbligo della manutenzione delle strade nonché di prevenire e, se del caso, di segnalare e di eliminare le situazioni di pericolo o di insidia inerente alla sede stradale e di tenere i marciapiedi e le strade in condizioni tali da non costituire per l’utente, il quale confida ragionevolmente nello stato apparente di transitabilità, una insidia o trabocchetto”.

 

Perché i rimborsi degli oneri di urbanizzazione tardano ad arrivare?

Il 26 marzo di quest’anno il Comune si vede notificare da parte del Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia di Bari un’ingiunzione di pagamento, a favore di un’impresa costruttrice, pari alla somma di 26,133,90, quale rimborso per gli oneri di urbanizzazione versati nel lontano 2009. Nel maggio di quell’anno, infatti, la ditta costruttrice in questione riceve dal Comune il permesso di costruire un complesso residenziale da realizzarsi a Turi, in via Aviere Carenza, previo pagamento degli oneri relativi alle urbanizzazioni primarie e secondarie e come prima rata sul contributo relativo al costo di costruzione per un totale di 76.015,45 Euro. Nell’agosto del 2010, l’Amministrazione comunale rilascia il permesso di costruire, ma con la variante di “edilizia convenzionata”: per questo, esattamente un anno dopo, L’Ente comunale provvede al rimborso di 49.787,06 Euro, pari alla quota non più dovuta a titolo di contributo sul costo di costruzione. Tuttavia, i lavori non sono mai stati realizzati e questo ha portato il titolare dell’azienda costruttrice a pretendere il rimborso della somma versata, pari a 26,133,90 Euro. “Nonostante il notevole lasso di tempo trascorso – si legge sulla sentenza – e i numerosi solleciti di pagamento avanzati tanto dal ricorrente quanto dal sottoscritto procuratore, il Comune di Turi non ha provveduto alla restituzione degli oneri versati”. Alla cifra da restituire, si vanno ad aggiungere anche gli interessi legali dal dicembre 2014 e le spese legali, soldi pubblici per l’appunto.

La questione viene portata in consiglio comunale lunedì scorso, per essere approvata come debito fuori bilancio. Naturalmente alcuni consiglieri di opposizione si sono chiesti come mai questo rimborso non sia stato effettuato prima che arrivasse l’ingiunzione, visti i vari solleciti espressamente dichiarati dalla sentenza. A rispondere alle domande, il responsabile del procedimento, l’ing. Di Bonaventura, il quale ha dichiarato: “L’ufficio stava provvedendo a restituire gli oneri concessori in ordine cronologico”, sostenendo che avrebbe provveduto a questo rimborso proprio nella settimana appena conclusasi. Una “questione di precedenze”, avrebbe dunque impedito all’ufficio di effettuare il rimborso prima. “Le richieste di rimborso negli ultimi due anni sono state tantissime” – prosegue l’Ingegnere comunale. Dai controlli, emergerebbe una situazione in cui gli oneri da incassare sarebbero superiori a quelli da restituire e, su un’ottantina di pratiche che sarebbero già state studiate – conclude Di Bonaventura – solo per cinque o sei di queste la situazione sarebbe chiara.

“Su questo argomento bisogna essere più chiari” – rimprovera il consigliere di opposizione Fabio Topputi, che già nei mesi scorsi aveva avuto da ridire sulle cifre degli oneri concessori, secondo lui, spesso, non corrispondenti alla realtà dei fatti.

Fortunatamente, l’ing. Di Bonaventura potrà avvalersi in questi giorni della collaborazione di due geometri giunti a Turi, che il Comune ha “preso in prestito” dalla Provincia di Bari.

Arriva una nuova targa in comune: L’Italia ripudia la guerra…

“Sul muro del Municipio – leggiamo sulla proposta di deliberazione del Consiglio – verso via Dogali, insiste una lapide risalente all’epoca fascista, per la precisione al 1 marzo 1936, dedicata “Ai caduti di Adua finalmente vendicati”, a commemorazione del XIV anniversario della Marcia su Roma e del quarantesimo anniversario della Battaglia di Adua, combattuta in occasione della celebre Guerra di Abissinia, svoltasi nell’odierna Etiopia, tra il dicembre 1895 e l’ottobre 1896 e che ha visto contrapporsi il Regno d’Italia e l’Impero di Etiopia”. “La lapide in questione inneggia ad un passato caratterizzato da colonialismo, invasioni, stragi, violenze e razzismo, perpetuati a danno di popoli erroneamente considerati inferiori”.

“Numerose” – stando a quanto si apprende dal documento e da quanto viene riferito in aula consigliare – sarebbero state le “sollecitazioni giunte da cittadini singoli e associati, volte a rimuovere la targa o ad affiancarne un’altra che ribadisca l’orientamento plurale e pacifista proprio dello Stato italiano”.

Tra le varie richieste, apprendiamo che già nel periodico “Turi Chiesa Madre”, n. 35 del Natale 1984, don Vito Ingellis, in un articolo dedicato all’Arciprete Vincenzo Mongelli, sottolinea il forte contrasto insito nella realtà turese, che, “pur dopo venti secoli di cristianesimo, religione dell’amore, che ha sempre ripudiato la vendetta, incide su di una lapide apposta sulla Casa municipale la frase di cui si discorre”. Nella metà degli anni Ottanta, la lapide viene contestata anche attraverso una raccolta di firme indirizzate all’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini, fino ad arrivare ai nostri giorni, quanto il sig. Giuseppe Lagna, componente del direttivo ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia ndr) di Lecce, il 1 aprile di quest’anno, ha indirizzato una mail al Sindaco, chiedendo di provvedere alla rimozione della lapide in questione.

E alla sensibilità di questi cittadini, l’Amministrazione ha deciso di rispondere: “È intento dell’Amministrazione riaffermare con forza i valori fondanti dell’Italia repubblicana, incentrati su eguaglianza tra i popoli, cooperazione, rifiuto di ogni forma di razzismo e ripudio della guerra. È altresì intendo dell’amministrazione non distruggere segno e simboli del passato, per quanto discutibile e costituzionalmente condannato, in quanto fondamentale base di partenza per evitare di ripetere errori già commessi e con cui rapportare costantemente l’operato attuale”.

Per questi motivi, durante il consiglio comunale di lunedì scorso, è andata ai voti la proposta di apporre accanto alla lapide esistente sulla facciata del Palazzo Comunale in Piazza Silvio Orlandi, un’ulteriore targa con la scritta: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali …”, tratta dall’art. 11 della Costituzione italiana.

Prima del voto, una piccola polemica non si è fatta attendere: “Non dimentichiamoci chi ci governava allora”. “Stiamo enfatizzando un po’ questa storia” – afferma Birardi. Secondo Laera, invece, “la storia non si può modificare” e rimprovera il fatto che a lui, invece, sia stata negata la possibilità di apporre le gigantografie dei marò detenuti con gravi accuse in India. Secondo Tundo, invece, “tutti siamo contro la guerra”, ritenendo inutile un simile gesto: “A mio modo di vedere, è meglio lasciare le cose così come stanno”. Ai voti, la proposta non è passata all’unanimità.

Il consiglio comunale vota all’unanimità la “tumulazione privilegiata” di Mons. Don Giovanni Cipriani

Il 9 marzo scorso il Presidente pro-tempore dell’Associazione Musicale “Maria SS. Ausiliatrice, congiuntamente alla famiglia Cipriani, ai Parroci di Turi (l’Arciprete Don Giovanni Amodio, Don Francesco Aversa, Don Nicola D’Onghia), al Consiglio pastorale della Parrocchia “Maria SS. Ausiliatrice”, all’Associazione Scout Agesci di Turi e alla Comunità oratoriana, ha richiesto al Comune di Turi la traslazione dei resti mortali di Mons. Giovanni Cipriani, deceduto l’8 maggio 2011, dal Cimitero di Turi, e la conseguente tumulazione privilegiata al locale antistante la vecchia Chiesa Maria SS. Ausiliatrice dove è già realizzato il loculo con la foto ed il nome del compianto defunto.

Il consiglio comunale ha accolto la richiesta, supportata da motivi di speciali onoranze, “in quanto Don Giovanni Cipriani – si legge sulla proposta di deliberazione del Consiglio – è stato per la popolazione una guida oltre che spirituale, anche di grande umanità. Ha dedicato la sua vita ai ragazzi seguendo l’opera di Don Giovanni Bosco. A lui si deve la realizzazione dell’Oratorio, luogo di preghiera e di gioco e centro propulsore di attività culturali, sociali, e sportive importanti e la felice istituzione di Corsi popolari di orientamento musicale di tipo bandistico, con la successiva creazione della banda musicale “Maria SS. Ausiliatrice”. A lui si deve anche la costruzione dell’omonima chiesa”.

Il consiglio comunale ha accolto la richiesta lunedì scorso, fornendo così l’indirizzo politico-amministrativo al Sindaco per avviare il procedimento amministrativo diretto ad autorizzare sia la traslazione dei resti mortali, sia la tumulazione privilegiata nel locale antistante la vecchia Chiesa Maria SS. Ausiliatrice.

Il rilascio dell’autorizzazione è comunque subordinato al nulla osta dei famigliari di Mons. Giovanni Cipriani, il nulla osta della massima autorità religiosa alla tumulazione privilegiata, l’autorizzazione dell’Ufficio Cimiteriale del Comune alla sepoltura extracimiteriale e il parere igienico-sanitario della ASL territorialmente competente.

Presentato il nuovo servizio di refezione scolastica

È stata votata all’unanimità la proposta presentata dall’Assessore alla Pubblica Istruzione, Giusy Caldararo, in merito al servizio di refezione scolastica per gli anni 2015 – 2016, 2016 – 2017, 2017 – 2018. Nessuno ha avuto da eccepire, tanto che il consigliere di opposizione Berardi l’ha apostrofata come “la donna giusta al posto giusto”.

Il servizio verrà assicurato per una media di trecento pasti al giorno, destinati a tutti gli alunni della Scuola dell’Infanzia, a cinque classi della Scuola Primaria, ai relativi insegnanti, al personale A.T.A., nonché ad un massimo di due anziani o indigenti, segnalati dai Servizi Sociali in casi di emergenza.

Svariati sono i punti di forza del nuovo servizio mensa: innanzitutto la garanzia della qualità delle materie prime e della preparazione dei pasti. Per questo, grande attenzione sarà posta all’approvvigionamento delle derrate, con consegna delle stesse almeno due volte a settimana, garantendo invece quella giornaliera di latticini, pane, frutta e ortaggi. Si baderà al rispetto delle temperature degli alimenti cotti e alla preparazione di pasti speciali (dieta in bianco, dieta personalizzata per intolleranze alimentari, dieta religiosa, cestini da viaggio per viaggi di istruzione). Si dovranno utilizzare mezzi idonei per il trasporto dei pasti e indicare l’organigramma delle funzioni e dei ruoli attribuiti alle figure professionali impiegate. Si provvederà inoltre alla fornitura delle attrezzature e degli arredi presso il centro cottura, nonché alla manutenzione ordinaria dei locali, del piano di sanificazione della cucina e dei refettori. Si differenzieranno i rifiuti presso il centro cottura ed i refettori e sarà previsto il recupero delle eccedenze alimentari per evitare sprechi e per sostenere la lotta alla povertà e al disagio sociale. Naturalmente sarà garantito il possesso delle varie certificazioni di qualità.

Dovrà essere garantito anche il perseguimento dei seguenti standard qualitativi, in relazione ai progetti che saranno presentati: conferenze informative, che descrivano agli utenti le modalità di effettuazione del servizio e forniscano dettagli riguardo alla qualità delle materie prime ed al ciclo di conservazione e somministrazione dei pasti; iniziative aventi ad oggetto la promozione della salute alimentare, finalizzate al coinvolgimento degli utenti o dei loro famigliari; l’impegno a garantire gli standard pregressi del servizio, attraverso l’utilizzo dello stesso personale operante alle dipendenze della ditta uscente nell’anno scolastico precedente la scadenza dell’appalto; l’impegno ad erogare gratuitamente il servizio ad anziani e indigenti, segnalati dai Servizi Sociali; l’utilizzo di prodotti alimentari biologici di produzione locale, preferibilmente provenienti da filiera corta e la garanzia di assenza di O.G.M.; la presentazione di uno strumento di valutazione della qualità del servizio da parte degli utenti e di uno strumento di rendicontazione dei pasti erogati; iniziative varie per la formazione degli operatori e, infine, l’utilizzo di stoviglie monouso biodegradabili e non deformabili dal calore.

La spesa complessiva presunta annua è pari a 244.400,00.

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