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Al Festival Gramsci, “Nino mi chiamo”

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Ci vien da dire, più sedie che turesi, nella serata di domenica 26 aprile. Rammarica aver ospitato Luca Paulesu, pronipote di Antonio Gramsci, in una piazza, quasi sorda alla memoria storica.
“Sono emozionato di essere qui a Turi – apre Luca Paulesu – perchè è uno dei centri della memoria della mia famiglia”. A fare da testimone alle sue parole, quel Carcere che ha rinchiuso Antonio Gramsci, suo zio, tra gli anni ’20 e ’30.
Intorno alle ore 20.00  ha avuto inizio un percorso nel ricordo della famiglia Gramsci, attraverso le pagine di “Nino mi chiamo. Fantabiografia di Antonio Gramsci” e le parole di Annamaria Minunno.
Ad accompagnare la presentazione, la lettura di alcune “Lettere dal Carcere”, lette dalla compagnia “Diversamente” di Gioia del Colle.
“Un mondo di affetti mi ha invaso” – ha commentato Paulesu, figlio di Teresina, sorella di Antonio, guardando Turi e il suo carcere. “Turi doveva essere il luogo in cui il pensiero e la memoria di Antonio dovevano trovare una fine; invece è il luogo in cui tutto ha avuto inizio”.
“Nino mi chiamo” è una biografia a vignette. Con un tratto delicato, quasi melanconico, Paulesu reinventa un Gramsci che ha i tratti di un bambino. “Il libro infatti nasce per accompagnare i bambini della scuola nel museo della memoria politica. Però poi diventa un libro per tutti” – ammette l’autore.
Capelli in disordine, occhiali, braccia lungo il corpo: sembra lo scolaro modello dei libri di lettura, sembra un personaggio che viene da lontano. “Sono sardo, sono gobbo, sono pure comunista. Dopo una lunga agonia in carcere, spirerò. Nino mi chiamo.” Così si presenta nella prima vignetta, e a quella seguono altre che di Gramsci ripercorrono le idee, le riflessioni, le lotte, gli amori.
“La solitudine fa da contorno al libro, perchè serve a raccontare l’aspetto emotivo di Antonio che dal carcere scrive le sue lettere”. Parole e pensieri che per anni lo hanno legato alla sua famiglia; sono stati i suoi unici momenti di vita familiare. “Non è stato facile, per un bambino, affezionarsi ad un padre che si conosce solo attraverso le sue lettere” – ha aggiunto Luca, rammentando occasioni e momenti della sua grande famiglia di cui “essere parente vuol dir poco, perchè Gramsci è un emblema per e di tutti”.
Antonio Gramsci sotto la penna di Luca Paulesu ritorna ad essere un bambino, ma con voce di adulto e ci racconta di lui, della sua vita, ma anche di quello che lui ha rappresentato all’interno della nostra storia nazionale ed estera. “Questo libro, infatti, non parla solo di Gramsci, ma ci presenta il mondo a lui contemporaneo” – ha quindi sottolineato la Minunno. “Antonio, attraverso suo nipote Luca, diventa Nino Non solo conosciamo anzi impariamo a conoscere l’uomo Antonio, quello che lui ha rappresentato, ha fatto, le sue lotte ed improvvisamente quelle “Lettere dal carcere” postume che sono per lo più e per la maggior parte dei compagni di allora e di oggi, uno strumento politico di analisi, quelle lettere diventano anche un epistolario attraverso il quale apprendiamo la storia del partito comunista, delle lotte antifasciste, ma anche il rapportarsi del partito comunista italiano alla Russia comunista di Lenin fino a quella del compagno Iosif Stalin. Sappiamo che dei sospetti su Antonio Gramsci circolavano negli ambienti del Comintern e che già nel 1926 Gramsci si era pronunciato apertamente contro i metodi troppo duri adottati nella lotta politica interna dalla direzione del Partito comunista e dello stesso Stalin. Impariamo un’altra cosa importantissima che Gramsci una volta letto il Principe di Machiavelli intravede il moderno Principe che non è come si può pensare lui stesso, bensi è il partito politico … il “moderno principe” quello che ha il potere di radunare e determinare il benessere di un popolo è la struttura nascente di un partito politico comunista che abbia a cuore tanto la questione meridionale ed i contadini, quanto la problematica del nord, la produzione industriale e quindi la dignità dell’operaio.
Nel 1928 il Tribunale Speciale condanna Antonio a venti anni, quattro mesi e cinque giorni di reclusione. Il pubblico ministero conclude così la sua requisitoria “per venti anni dobbiamo impedire a questo cervello di funzionare”. Antonio scrive dal carcere “Io sono un combattente che non ha avuto fortuna nella lotta politica” Il 21 aprile del 1937 Nino riacquista la piena libertà. Andare in Sardegna, prima di tornare a Mosca da sua moglie e dai suoi figli, quando il 25 aprile viene colpito da emorragia cerebrale. Nino muore da uomo libero il 27 aprile del 1937. Luca Paulesu ha saputo cogliere una grande eredità, ed ha saputo anche farci un grande dono, farci amare e sentire nostro quel bimbo sardo, gobbo e pure comunista.

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