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La buona scuola la fa il PD

pd la buona scuola

“La buona scuola. Facciamo crescere il paese”: è questo il tema che ha guidato l’incontro organizzato dal PD e dai Giovani Democratici, svoltosi lunedì scorso presso la sede del PD a Turi. Per l’occasione sono intervenuti esponenti della politica locale, tra cui il segretario regionale dei Giovani Democratici, Pierpaolo Treglia, e l’assessore all’Istruzione di Turi, Giusy Caldararo. È ora di cambiare. Questo è quanto si deduce sia dall’incontro, sia dal rapporto di dodici punti che riassume il piano di potenziamento presentato nelle scorse settimane dal premier Renzi e dal Ministro dell’Istruzione Giannini. Nel corso della discussione sono state sollevate diverse questioni, dai programmi scolastici all’edilizia scolastica, dalle assunzioni dei precari alla meritocrazia.

Ma cosa prevede questa riforma? Entriamo nel merito e spieghiamo di cosa si tratta. “Ci serve una buona scuola perché l’istruzione è l’unica soluzione strutturale alla disoccupazione, l’unica risposta alla nuova domanda di competenze espresse dai mutamenti economici e sociali – si legge. Basta guardare alla scuola in termini finanziari e di spending review, “perché dare al Paese una buona scuola significa dotarlo di un meccanismo permanente di innovazione, sviluppo e qualità democratica”, un meccanismo che deve alimentarsi delle nuove generazioni, cittadini istruiti e “pronti a rifare l’Italia, cambiare l’Europa, affrontare il mondo. Per questo bisogna tornare a vivere l’istruzione e la formazione non come un capitolo di spesa della Pubblica Amministrazione, ma come un investimento di tutto il Paese su se stesso. Come la leva più efficace per tornare a crescere. La scuola italiana ha le potenzialità per guidare questa rivoluzione. Per essere l’avanguardia, non la retrovia del Paese”. Per far sì che tutto questo possa realizzarsi, la scuola deve aprirsi al mondo e mettersi in discussione con ciò che la circonda, con le famiglie e le imprese, “le scuole devono diventare i centri delle nostre città”, “i luoghi dove si pensa, si sbaglia, si impara”. Per un simile progetto, non bastano più azioni mirate e interventi circoscritti, occorre intervenire in maniera radicale, uscire dal “si è sempre fatto così” “perché questo alibi non ci ha portato da nessuna parte”. Bisogna tornare a motivare insegnanti e alunni, avviliti da politiche ignobili e austere che hanno declassato e mortificato: “Ci serve il coraggio di ripensare come motivare e rendere orgogliosi coloro che, ogni giorno, dentro una scuola, aiutano i nostri ragazzi a crescere”, “eppure nei decenni riforme incomplete e scelte di corto respiro hanno svalutato l’alta responsabilità professionale e civile di chi fa nel nostro Paese il mestiere più bello: quello di aiutare a crescere le nuove generazioni”. Per questo, non si poteva non parlate del precariato, un problema a spirale, per cui si sta girando all’infinito in cerca di soluzioni e che infine stordisce: “Abbiamo alimentato un precariato enorme, disperso in liste d’attesa infinite dove si resta parcheggiati per anni in attesa di un posto di lavoro. E questa precarizzazione ha messo in contrapposizione generazioni di colleghi, che dovrebbero invece lavorare uniti nella missione più alta che esista: quella dell’istruzione”. Per questo “oggi ripartiamo da chi insegna”, compiendo “un’operazione mai vista prima nella storia della Repubblica”. Tutto questo a un patto: “che da domani ci aiutiate a trasformare la scuola con coraggio”. Dulcis in fundo, il tema delle assunzioni: “Per questo lanciamo un piano straordinario per assumere a settembre 2015 quasi 150 mila docenti: tutti i precari storici delle Graduatorie ad Esaurimento, così come tutti i vincitori e gli idonei dell’ultimo concorso. E per questo bandiamo, nello stesso tempo, un nuovo concorso per permettere ad altri 40 mila abilitati all’insegnamento di entrare in carriera, sostituendo via via, tra il 2016 e il 2019, i colleghi che andranno in pensione”. 

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